Grosso guaio per le fedi (e la fede)

Tra fede che vacilla e fedi nuziali che si spezzano (con tanto di dipendenti vaticani licenziati perché convolati a nozze), Jorge Mario Bergoglio ha scelto di abbandonare la tiara per cingersi il capo della corona del Papa Re. Pare intenzionato a usare il pugno di ferro e tant’è che potrebbe avere come risposta il primo sciopero dei dipendenti nella storia millenaria della Santa sede.

Per la verità una cinquantina di anni fa ci fu una protesta delle Guardie svizzere contro i turni massacranti, ma fu sopita come si fa tra i militari. E ora anche tra gli alfieri che vestono le divise che la leggenda vuole disegnate da Michelangelo, come per i parroci, c’è una crisi delle vocazioni: hanno giurato in 34 nel maggio scorso, ma sono sotto organico. Le cause? Le stesse che riguardano tutti i dipendenti del Papa: stipendi troppo bassi e regole troppo rigide; non ci si può sposare - per esempio - se non dopo cinque anni di servizio e se lo si fa non si viene guardati di buon occhio. La ragione è semplice: con le mogli aumentano i cittadini e dunque aumentano le spese. E i conti del Pontefice sono in «rosso cardinale» al punto che Francesco ha chiesto a tutti di fare economia.

Sbirciando la partita doppia di Sua santità si vede come le offerte all’Obolo San Pietro si sono dimezzate in 15 anni, passando dai 83 milioni di euro del 2008 ai 48 dello scorso anno. La spesa dei diversi dicasteri negli ultimi tre anni è cresciuta di 123,7 milioni: lo scorso anno è salita a 370, 4 milioni di cui 90 coperti dall’Obolo di San Pietro. Che s’indebita e ora l’Apsa - l’Amministrazione del patrimonio della Sede l’apostolica - che gestisce oltre cinquemila immobili che rendono 45,9 milioni comincia a pensare di vendere qualche pezzo pregiato per ripianare i debiti di Sua Santità. Le offerte dei fedeli non servono a fare la carità, ma a tenere in piedi il regno di Francesco. Si capisce così il nervosismo finanziario che si riflette sulle condizioni di lavoro.

Ormai in Vaticano si lavora in un clima assai teso, con stipendi sempre più ridotti e gli spioni alle calcagna che schedano i dipendenti, anche quelli di alto rango come il direttore dello Ior, la banca del Papa, Gianfranco Mammì. Lo ha ammesso il cardinale sostituto alla segreteria di Stato Edgar Pena Parra di aver disposto nel 2019 una stretta sorveglianza sull’alto funzionario. Dallo Ior è partito il nuovo caso che sta facendo clamore. Oddio, non che l’istituto ospitato nell’arcigno torrione di Niccolò V sia nuovo agli scandali. Anzi ha passato gli ultimi quaranta anni a rifarsi una verginità dopo che monsignor Marcinkus aveva portato le finanze vaticane a mescolarsi con il peggio del peggio. La banca ha cercato di ripulirsi e con l’avvento di Jean-Baptiste Douville de Franssu alla presidenza dieci anni fa il rigore è diventato regola e disciplina ferrea. E proprio una vicenda di disciplina ha riportato lo Ior alla ribalta della cronaca. Il primo ottobre sono stati licenziati in tronco due funzionari, colpevoli di essersi sposati. Riassumendo le circostanze: lui e lei, che hanno già dei figli da precedenti matrimoni annullati dalla Sacra Rota, lavorano gomito a gomito nell’Istituto, vanno a convivere, ma il more uxorio in Vaticano è sconveniente. Decidono allora di sposarsi violando il regolamento interno voluto dal severo duo de Franssu-Mammì. Impone che se due dipendenti del Vaticano, non importa se entrambi lavorano in banca o meno, si sposano, chi dei due lavora allo Ior deve entro 30 giorni dimettersi dalla banca.

E così - come spiega il loro avvocato Laura Sgrò - è accaduto alla coppia: «Il primo ottobre lo Ior ha notificato l’atto di recesso immediato del rapporto di lavoro, invitando entrambi a lasciare l’ufficio, a riconsegnare le loro tessere di accesso alla Città del Vaticano e quelle di loro eventuali familiari, le carte di credito e le tessere bancomat». Insomma se in Vaticano ti sposi vai incontro alla morte civile. Anche lo Ior ha detto la sua: «L’obiettivo dell’Istituto è esclusivamente quello di garantire condizioni di parità di trattamento fra tutto il personale dipendente». Nonostante un appello della coppia, il Pontefice tace e anche «monsignor-bolletta», quello che riattacca la corrente agli occupanti abusivi della case, il cardinale polacco Konrad Krajewski che è membro della commissione di vigilanza sullo Ior, non ha mosso un dito. La ragione? L’Associazione dei dipendenti laici del Vaticano - è di fatto il sindacato di Oltretevere che a fine settembre ha tenuto un’assemblea molto partecipata e altrettanto infuocata che ha rinnovato Alessandro Guarasci alla segreteria - un’idea precisa ce l’ha: si tratta di sfoltire il personale per risparmiare.

Scrive l’Associazione: «Ciò che più conta e che fa più male alla Chiesa e a tutti noi cattolici, che la serviamo con il nostro lavoro quotidiano, è l’amara constatazione che il sacramento del matrimonio, ormai svilito in ogni parte del mondo, anziché essere difeso e sostenuto, è diventato causa di licenziamento. Al pari di un atto gravemente illecito come il furto o la rivelazione di segreti d’ufficio. Come Adlv siamo pronti a prendere iniziative concrete di protesta a sostegno dei nostri due colleghi. Colpisce il silenzio assordante degli organi istituzionali e l’apparente carenza di umanità. Ai nostri iscritti e a tutti i dipendenti rivolgiamo il coraggioso invito di San Giovanni Paolo II: Non abbiate paura!».

Tradotto: siamo pronti allo sciopero, che avrebbe del clamoroso. Ma non è la prima volta che Francesco licenzia senza dire nulla. È successo alla farmacia, ai Musei Vaticani (che non rendono più come una volta) e soprattutto alla segreteria di Stato dove «regna» il cardinale Pietro Parolin che subisce i contraccolpi del malessere dei dipendenti. L’intento di Bergoglio è evidente: azzerare ciò che resta della chiesa di Wojtyla e di Ratzinger. Lo rende palese la nomina, fatta la settimana scorsa, dei nuovi 21 cardinali che portano a 141 il numero degli elettori. L’80 per cento è stato nominato da lui, che ha depotenziato l’Europa e vuole garantirsi una successione a sua immagine e somiglianza. Francesco lascia senza cardinale Milano e Venezia che sono degli diocesi decisive della Chiesa italiana. In queste nomine ha penalizzato l’Africa e Il Nord America e la ragione è semplice: dal sinodo in svolgimento in queste settimane, gli arcivescovi europei – tedeschi a parte –, quelli africani e americani stanno dicendo a Jorge Mario Bergoglio: la tua Chiesa non sta nel solco della tradizione e della dottrina. Insomma tra fede, fedi nuziali e fedine penali - di questo vanno in cerca gli spioni reclutati dai vertici della curia di Bergoglio - al di là dal Tevere sono giorni ad alta tensione.

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