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April 30 2018
Siria Newsblog - 30 aprile 2018 -
La notte fra domenica e lunedì 30 aprile è stato lanciato un attacco con missili contro postazioni militari del governo siriano nel nord del paese, a Hama e Aleppo.
Secondo fonti citate l’Osservatorio siriano per i diritti umani (Syrian Observatory for Human Rights - Sohr) ci sarebbero 26 morti fra i militari delle basi, 22 dei quali iraniani.
Le agenzie iraniane Fars e Tasnim hanno però smentito la morte di iraniani.
-> Cfr. Tutti i perché della guerra in Siria
I missili potrebbero essere stati lanciati da basi americane e britanniche presenti nel nord della Giordania, secondo fonti citate dall’Ansa. Mentre Sohr sottolinea che, data la natura degli obiettivi, l’attacco è stato probabilmente opera di Israele.
Il governo israeliano dice di non essere al corrente dell’attacco. Il ministro dell’Intelligence del governo israeliano ha comunque aggiunto che tutta la violenza e l’instabilità in Siria sono il risultato dei tentativi iraniani di stabilire la propria presenza militare nel paese. “Israele - ha concluso parlando alla radio dell’esercito - non permetterà l’apertura di un fronte settentrionale in Siria”.
La situazione è molto confusa, anche perché gli Stati Uniti e la Gran Bretagna non hanno finora fornito informazioni sull’attacco né lo hanno confermato.
Nel pomeriggio l’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha diffuso un comunicato nel quali si annuncia per la serata informazioni significativi a proposito dell’accordo nucleare fra l’Iran gli Stati Uniti e le altre potenze occidentali.
Il 12 maggio Donald Trump dovrebbe decidere ufficialmente se reintrodurre una serie di sanzioni contro l’Iran legate allo sviluppo nucleare; una mossa che metterebbe in serio pericolo l’accordo.
L’agenzia di stampa Sana ha detto che gli attacchi di questa notte arrivano dopo che “organizzazioni terroristiche” hanno subito sconfitte nelle aree attorno alla capitale Damasco. Si tratta di un probabile riferimento alla conquista della Ghouta orientale da parte dei governativi.
Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani uno degli obiettivi dell’operazione erano le installazioni per il lancio di missili terra-terra nella base della 47esima Brigata dell’esercito siriano, a sud della città di Hama.
Secondo la stessa fonte il numero dei morti potrebbe aumentare perché ci sono almeno 60 feriti, alcuni dei quali seriamente.
Il "New York Times" riferisce che secondo una fonte dell'alleanza pro-Assad l'attacco alla 47esima Brigata ha distrutto 200 missili, e ucciso 16 persone, compresi 11 iraniani.
I luoghi degli attacchi del 30 aprile 2018 in Siria (Bbc)
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Lo avevamo già accennato ieri: la prossima catastrofe per i civili nella guerra in Siria sarà probabilmente a Idlib. Lo ha ricordato domenica anche il ministro dell’interno francese, Lean-Yves Le Drian.
A Idlib, regione nel nord est del paese, ci sono sia le milizie jihadiste, soprattutto Hayat Tahrir al Sham — eredi di al-Qaeda — sia i ribelli dell’“Esercito libero siriano” (Free Syrian Army, Fsa).
Secondo Le Drian a Idlib risiedono almeno due milioni di persone, fra le quali centinaia di migliaia evacuate precedentemente da aree occupate dall’esercito di Assad.
Le Drian, confermando l’attivismo politico della Francia nell’area, ha detto che va affrontata immediatamente la questione di Idlib, con un processo politico che comprenda il disarmo delle milizie che occupano la zona.
Secondo Reuters, nei giorni scorsi anche alcuni comandanti delle milizie iraniane che sostengono il regime di Assad, avevano indicato in Idlib il prossimo obiettivo della guerra civile del trio Assad-Putin-Iran.
A Idlib, Assad e i suoi volenterosi carnefici faranno probabilmente a meno delle armi chimiche, parzialmente distrutte dal raid di sabato.
La mappa della Siria con Idlib evidenziata, aprile 2018 (ScribbleMaps/GoogleMaps)
La mappa (del "New York Times") con gli schieramenti di forze armate in Siria da parte di Stati Uniti, Russia e Iran, aprile 2018.
Il giorno dopo l’attacco americano con il supporto di Francia e Gran Bretagna, in Siria, ci si interroga soprattutto sull’effettiva efficacia del raid.
Oltre 100 missili sparati su bersagli definiti e mirati:
A parte Trump che ha impiegato l'infelice espressione di "Missione compiuta" che usò nel 2003 George W. Bush a proposito della "fine" delle ostilità in Iraq e si è infuriato molto con i media che glielo hanno fatto notare, tutti gli altri attori sono assai cauti.
In generale, si dovrebbe dire che se il raid delle tre potenze occidentali e Nato ha scongiurato anche un solo attacco con armi chimiche sui civili da parte dei Assad, ebbene è stato un raid condivisibile e auspicabile.
Come il portavoce del Pentagono ha spiegato e ammesso sabato nel press briefing seguito al raid, l’intervento di Usa, Francia e Uk non ha eliminato l’intero stock di armi chimiche del governo siriano. Il programma chimico di Assad è “ben più ampio e ricco delle installazioni che abbiamo colpito”, ha detto il generale Kenneth McKenzie.
Il problema, se mai, è capire fino a che punto l'attacco mirato ha ridotto la disponibilità e l'uso di altre armi chimiche da parte del regime. Sicuramente il raid non ha in alcun modo minacciato il potere di Assad, non ne ha indebolito la posizione. È forse una linea rossa quella tracciata da Trump, ma Assad continua ad avere notevoi spazi di movimento. Dunque:
Mappa della Siria a cura della Bbc con i luoghi colpiti dal raid di Usa, Uk e Francia, 14 aprile 2018
Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna hanno attaccato la Siria. Donald Trump ha ordinato la rappresaglia in stretto coordinamento con Londra e Parigi. Lo ha fatto in diretta tv in un drammatico discorso alla nazione, in cui ha insistito sulla necessità di agire contro i crimini e la barbarie perpetrati dal regime di Bashar al Assad, definito "un mostro" che massacra il proprio popolo.
Mentre parlava i primi missili Tomahawk cadevano su Damasco e Homs intorno alle 22 ora di Washington, le tre del mattino in Italia.
Per ora si è trattato di una 'one night operation', un'operazione unica durata poco piu' di un'ora, nel corso della quale sono stati colpiti principalmente tre obiettivi: un centro di ricerca scientifica a Damasco, un sito di stoccaggioper armi chimiche a ovest della città di Homs e un importante posto di comando.
I missili sono partiti sia da alcuni bombardieri sia da almeno una delle navi militari americane posizionate nelle acque del Mar Rosso. "Questo è un chiaro messaggio per Assad", ha spiegato il segretario americano alla Difesa, l'ex generale James Mattis, assicurando come al momento non si registrino perdite tra le forze Usa e come sia stato compiuto ogni sforzo per evitare vittime civili.
Del resto, ha sottolineato ancora il numero uno del Pentagono, si è trattato di un attacco mirato. "Abbiamo colpito in maniera più dura insieme ai nostri alleati. E se Assad e i suoi generali assassini dovessero perpetrare un altro attacco con armi chimiche, dovranno rispondere ancora di più alle loro responsabilita'".
La prima risposta di Mosca, stretta alleata di Damasco, è arrivata dopo l'annuncio della fine della prima ondata di raid e di bombardamenti: "Le azioni degli Usa e dei loro alleati non resteranno senza conseguenze", ha detto l'ambasciatore russo a Washington Anatoly Antonov.
L'impressione di molti osservatori però è che gli obiettivi da colpire siano stati condivisi con Mosca, non fosse altro che per evitare incidenti e non colpire personale o postazioni russe in Siria. Intanto la prima reazione di Damasco è tesa a sminuire i risultati dell'operazione degli Usa e dei suoi alleati: se i raid sono finiti qui, hanno affermato fonti del governo di Damasco, i danni sono limitati.
La Russia ha avviato venerdì una vera e propria controffensiva diplomatica per contrastare la versione Usa-Uk-Francia della crisi.
Il ministro degli esteri Sergei Lavrov ha detto che il suo paese ha le prove che l’attacco chimico è stata una messa in scena organizzata da un servizio segreto straniero. Alexander Yakovenko, l’ambasciatore nel regno Unito, si è azzardato anche ad accusare i White Helmets (un gruppo di volontari ritenuti dal regime di Assad vicini ai gruppi di opposizione), “finanziati da Londra” di aver diffuso le false informazioni sul bombardamento.
Le poche chance di Donald Trump. L’acuirsi della crisi internazionale attorno alla Siria è stata in primo luogo frutto del bombardamento chimico (cloro probabilmente) del 7 aprile a Douma; ma Trump ha contribuito a rendere la situazione più confusa e pericolosa con il tweet, rivolto ai russi, che preannunciava i missili per le truppe di Assad.
Come abbiamo visto l’altro ieri, però, le possibili azioni degli Stati Uniti rischiano di essere o inutili o troppo pericolose. Inutili, e solo propagandistiche, se dovessero lasciare intatte le capacità militare del regime siriano, come avvenne lo scorso anno con l'attacco alla base di Shayrat dopo i gas lanciati dall'esercito di Damasco su Khan Sheikhun. Pericolosoe se minacciassero Assad, la sua capacità militare, o addirittura la sopravvivenza del regime. Perché ci sarebbe il rischio di confronto diretto militare fra gli Stati Uniti (e gli alleati Nato) da una parte e la Russia e l'Iran, dall'altra. Con il possibile coinvolgimento di Arabia Saudita, Israele (con gli Usa) e gli Hezbollah libanesi, con Teheran.
Il rischio di escalation militare è ben presente al Pentagono.
Giovedì (riporta il “New York Times”) il Segretario alla difesa Jim Mattis, in una riunione ristretta alla Casa Bianca ha detto che servono altri indizi e prove della responsabilità di Assad nel bombardamento e ha ricordato (secondo “Axios”) che il ruolo degli Stati Uniti in Siria è combattere e sconfiggere l’Isis, non di immischiarsi in una guerra civile fra il presidente Assad e gli oppositori.
Soprattutto, Mattis ha invitato a valutare ogni opzione nel quadro strategico più ampio. All’Armed Services Committee della Camera dei Rappresentanti Mattis ha spiegato che la riposta a Assad deve essere preparata in modo da evitare il rischio di un allargamento del conflitto.
La Russia ha comuncato nelle scorse ore che l'Esercito di Assad in Siria ha preso il controllo completo di Douma, la città a nord est di Damasco che era nelle mani del gruppo di ribelli Jaysh al-Islam.
Ora, secondo Mosca, l'intera Ghuta orientale è controllata dalle truppe dell'esercito siriano.
Douma è la città dove sabato 7 aprile c'è stato un bombardamento con i gas che ha alzato la tensione fra Stati Uniti e Russia e che ha generato in queste ore la concreta possibilità di un attacco americano contro Assad e il suo esercito, accusati di essere i responsabili.
Il presidente francese Emmanuel Macron sostiene di avere le prove che attribuiscono al governo siriano di Assad la responsabilità dell’attacco chimico, di sabato, non ha però detto quale la sia la fonte di queste informazioni. Macron ha anche aggiunto che insieme agli alleati deciderà in modo conseguente “se rispondere con degli attacchi militari”.
La Russia continua a ribadire che l'attacco chimico di sabato è una provocazione per giustificare un intervento occidentale nel paese.
Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha anche detto che l’attacco è stato preparato dai ribelli anti-Assad. I russi hanno più volte ribadito che qualsiasi missile minacciasse le forze russe in Siria verrà abbattuto e le basi di partenza diventerebbero bersaglio delle forze di Mosca. Insomma, parole grosse.
Putin però gioca a fare il “poliziotto buono” e si premura di invocare il buon senso che possa stabilizzare la situazione.
Guerra in Siria la chiamiamo, per intenderci. Ma il quadro è assai complicato e meglio sarebbe dire che siamo davanti a varie guerre intrecciate, mescolate, come dimostrato bene dall'attacco israeliano (presunto?) di lunedì 9 aprile a una base siriana, nel quale sono rimasti uccisi miliziani iraniani.
Con il rischio di un ulteriore allargamento degli eserciti, come il neoprotagonismo francese di Macron sembrerebbe suggerire.
L’11 aprile 2018 è un giorno esemplare di questo groviglio.
La notizia che più ha fatto scalpore in Europa e negli Stati Uniti è stato il tweet di Donald Trump che ha avvertito la Russia: presto arriveranno i missili — ha scritto — a colpire le basi e le truppe di Assad, cui viene attribuito l’attacco coi gas a Douma, a nord est di Damasco di sabato 7 aprile. Non dovreste accompagnarvi a un "animale" che uccide con i gas, dice il presidente degli Stati Uniti.
I russi hanno risposto attraverso la portavoce del ministro degli Esteri, Maria Zakharova, che su Facebook ha scritto che i missili dovrebbero colpire i terroristi e non i legittimi governi. Un attacco di questo tipo rischierebbe inoltre di cancellare le eventuali prove di armi chimiche.
Trump più tardi ha - come gli capita spesso - cambiato idea e tono in un altro tweet, nel quale auspica migliori relazioni con la Russia.
Ancora non è chiaro se e come (e dove esattamente) gli Stati Uniti colpiranno. Intanto però le autorità aerospaziali europee hanno avvertito le compagnie aeree di fare attenzione nei prossimi giorni nei voli vicini alla Siria perché potrebbero esserci azioni di guerra.
Il New York Times martedì ha comunque messo in file le opzioni a disposizione di Trump per colpire Assad e tutte rischiano di essere inefficaci o potenzialmente efficaci ma molto, molto rischiose. L’autore del pezzo, Max Fischer, cita anche il punto di vista di Emma Ashford, del Cato Institute. Ashford dice che Trump ordinerà una serie di attacchi punitivi che però non avranno conseguenze pratiche nell’indebolire Assad. Gli daranno solo un po’ di consenso interno.
Secondo Fischer la prima opzione del Pentagono comprende attacchi limitati, come quelli citati prima, e già provati da Obama e anche da Trump un anno fa. E non funzionano. Non bastano come deterrente per Assad dall'uso di armi chimiche e i russi e gli iraniani sono in grado di aiutare il presidente siriano ad assorbire questi colpi limitati ad alcune strutture militari.
La seconda categoria di possibili provvedimenti comprende azioni che rendano davvero la guerra molto costosaper Assad. Per esempio fornendo armi pesanti ai ribelli, come fece Obama con i missili anti tank Tow. Il rischio in questo caso è che iraniani e russi alzino a loro volta la posta con armi e truppe capaci di bilanciare l’aiuto americano ai nemici di Assad.
La terza categoria è colpire così duro da rendere inutile l’aiuto di russi e iraniani e assestare un colpo mortale al governo di Damasco. In questo caso il rischio è peggiorare ulteriormente la condizione della popolazione civile, aumentando a dismisura i morti, i rifugiati. Inoltre potrebbe portare a un confronto militare diretto con Mosca e Teheran.
Oggi l'Organizzazione mondiale della Sanità (World Health Organization (WHO), ha stimato che almeno 500 persone sono state colpite dall'attacco con i gas del 7 aprile.