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(Ansa)
Difesa e Aerospazio

Guerra in Ucraina ed esercito unico, le prime sfide della nuova Europa

All’indomani delle elezioni europee c’è una domanda che domina le analisi sulla Difesa dell’Unione: oltre a essere più prudente sul “green”, la prossima Commissione quale atteggiamento avrà nei confronti della guerra russo-ucraina? Se una prima parte della risposta verrà dai nomi che formeranno la prossima Commissione, un’altra parte significativa potrebbe arrivare dopo le elezioni legislative francesi previste il 30 giugno e il 7 luglio. Il motivo è semplice: da una parte, storicamente, in fatto di Difesa la Francia ha sempre agito per conto suo, dall’altra, l’Eliseo non ha mai mascherato più di tanto l’idea che nella creazione di una Difesa comune europea ne vorrebbe la guida, anche soltanto per il fatto che la Francia è l’unica nazione dell’Unione europea a disporre di un arsenale nucleare. Infine, il territorio francese è la sede degli stabilimenti Airbus e Dassault, e delle sedi nazionali di diversi altri attori del comparto, a cominciare dalla preziosissima Mbda che produce missili. In Francia più che in Italia le elezioni europee, con il loro sistema di voto certamente non ben compreso dall’elettorato, vengono spesso dirottate in un contesto politico interno in cui leader e rappresentanti politici nazionali cercano di guadagnare punti a vicenda, tuttavia, utilizzare le elezioni europee per regolare i conti nazionali non fornisce mezzi politicamente efficaci per influenzare le decisioni prese a livello europeo – decisioni che, come sappiamo, guideranno in larga misura le politiche nazionali nei settori della ecologia, agricoltura, energia, tecnologia, eccetera. E in un contesto geopolitico reso particolarmente teso dal conflitto Russia-Ucraina, con questioni cruciali di autonomia strategica che incombono sia a livello economico, sia ecologico, i nuovi eurodeputati dovranno lavorare parecchio per far prevalere gli interessi di chi li ha eletti.

E maggiormente in fatto di armi ogni nazione agisce per conto proprio, come ha fatto notare il segretario della Nato Jens Stoltenberg la scorsa settimana, e su quali limiti porre a Zelensky nel loro utilizzo la decisione spetta ai singoli stati. In questo contesto se l’Italia a trazione Giorgia è stata chiara sull’appoggio “condizionato” a Kiev, Marine Le Pen soltanto qualche giorno prima delle elezioni europee aveva affermato che le recenti osservazioni di Macron sull’invio di addestratori Nato in Ucraina e sul permesso a Kiev di utilizzare armi fornite dall’Occidente per colpire determinati obiettivi in Russia rischiano di trasformare l’attuale conflitto nella prossima guerra mondiale, confermando una linea “estremamente e fermamente contraria a posizioni che potrebbero creare un pericolo per la Francia”. Le Pen si è costantemente opposta ai piani di ammettere l’Ucraina nella Nato e nell’Ue, di imporre sanzioni economiche alla Russia e di fornire armi pesanti a Kiev.

Fortunatamente finora ai proclami bellicosi dei vertici politici europei non sembrano corrispondere capacità concrete di sostenerli. Sarà che qualche giorno fa la società inglese Bain & Company, ha reso noto che la produzione di proiettili d’artiglieria in Russia nel 2024 dovrebbe raggiungerà i 4,5 milioni di pezzi al costo equivalente di circa mille euro l’uno contro gli 1,3 milioni prodotti in totale da Europa e Stati Uniti che costano però quattro volte tanto.

Una considerazione importante come ammettere che colpire la Russia in profondità nel suo territorio significa comprometterne la sicurezza nazionale e questo è uno dei motivi che porterebbero a giustificare l’uso di armi nucleari tattiche da parte di Mosca. Ma in guerra è impossibile tracciare l’uso di armi, se per esempio l’esercito ucraino colpisse un obiettivo russo con un missile prodotto da Mbda, sarebbe complesso capire se a fornirlo sia stata la Francia, il Regno Unito oppure l’Italia. Meno influente, ma comunque importante riguardo il conflitto russo-ucraino, è la posizione del Belgio, dove si è dimesso il primo ministro De Croo. Il motivo è legato al fatto che l’esecutivo in carica aveva concesso ma limitato l’uso dei velivoli F-16 che l’aviazione di Kiev sta per ricevere. Ma pensare che gli ufficiali ucraini, presi dal dovere di attaccare i russi, possano agire badando a quale sia la nazionalità del missile che monteranno sui caccia è un monumento all’ipocrisia, così resta il pericolo che tali eventi espongano altre nazioni dell’Unione e della Nato alle, a quel punto sacrosante, ritorsioni russe. La nuova Commissione, una volta insediata, dovrebbe dare quindi almeno una risposta univoca la cui assenza sta causando perdita di credibilità in seno all’Unione europea come nella Nato. Anche perché non regge la scusa di difendersi da un’invasione russa che non esiste, ma esiste invece l’idea che dietro questa menzogna si nasconda l’interesse a prolungare la resistenza dell’Ucraina, nazione che non fa parte né dell’Alleanza, né tantomeno dell’Eu. Sul fronte opposto, le paure degli stati più a Est dell’Unione sono comprensibili e sarebbe una sconfitta della politica europea una vittoria di Putin. Così l’Ue continuerà a favorire la guerra anche con la nuova Commissione e, imprevisti a parte, la speranza che gli equilibri cambino resta in altre elezioni, quelle americane del prossimo novembre.

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