Lifestyle
November 15 2012
La Guida Michelin dopo cinquantotto edizione non smette di far discutere. Presentata a Milano da Micheal Ellis, boss mondiale della Rossa gastronomica più temuta, anche quest’anno regala agli chef italiani tante gioie e qualche dispiacere. C’è chi conquista la prima stella, su tutti l’acclamatissima Paola Budel del Venissa dell’Isola di Mazzorbo, cuore della Venezia nativa. Chi a sorpresa ne perde una dopo quindi anni, vedi il Sorriso di Luisa Valazza. E chi invece, come da previsioni, entra nell’empireo delle tre stelle consacrandosi come top-chef a 42 anni: è il caso di Enrico Crippa, alla guida del Piazza Duomo di Alba, ennesimo allievo del geniale Gualtiero Marchesi. L’Italia sale così al secondo posto dietro la Francia con 307 ristoranti stellati, l’ 11% in più negli ultimi tre anni. Bilancio positivo. O quasi. Panorama.it vi svela tutti i segreti della bibbia dei buongustai.
I MAGNIFICI 7. Con l’ingresso di Enrico Crippa del Piazza Duomo, salgono a sette gli chef italiani premiati con le tre stelle. Ancora troppo pochi, secondo molti critici gastronomici. Confermati Heinz Beck della Pergola dell’Hilton di Roma, Massimo Bottura dell’Osteria Francesca di Modena, l’Enoteca Pinchiorri di Firenze, Da Vittorio a Brusaporto (vicino Bergamo), Dal Pescatore a Canneto sull’Oglio (Mantova), Le Calandre di Rubano (Padova). Dopo tre lustri perde invece una stella, scendendo a due, il Sorriso di Soriso, provincia di Novara. Una retrocessione che fa rumore, come quella della Taverna del Capitano di Massa Lubrense e del Trussardi alla Scala: entrambi restano a una. “Ma le tre stelle agli innovatori come Scabin, Cannavacciuolo, Cracco non arriveranno mai?” si domanda il critico Paolo Massobrio.
TENDENZA KM 0. Ormai è il territorio che comanda. In certi casi addirittura l’orto. Vale per Crippa, ma anche per Paola Budel. “Decido i piatti in base alle materie prime che il territorio locale offre, creando un menù che cambia praticamente tutti i giorni e che diventa un reale chilometro zero” ha spiegato la giovane chef. “Siamo stati tra i primi a puntare alla terra” dice a Panorama.it l’imprenditore Gianluca Bisol, ideatore con la Budel del progetto Venissa. “Sono i prodotti dell’orto a influenzare i piatti e a dare l’impronta. Nei tre mila metri di tenuta lavorano gli anziani di Burano che ci portano biete, piselli, carciofi e castraure, secondo la stagione”. E se la carne è scelta negli allevamenti dell’entroterra veneto, il pesce è rigorosamente quello del nord dell’Adriatico. “Non a caso uno dei piatti più buoni di Paola è il risotto con il go, un pesce della laguna: è solo uno dei cibi della tradizione reinventati col suo talento”. E la crisi in tutto questo che ruolo gioca? “Offrendo eccellenza, incontriamo i desideri di un target che ricerca l’esclusività. Abbiamo solo 28 coperti e offriamo un vino, quello prodotto dalla nostra vigna murata del ‘400, che arriva al massimo a 4 mila bottiglie. Comunque non ci sediamo sugli allori: pensiamo di migliorare e puntiamo alla seconda stella”.
TRADIZIONE BATTE CRISI. Tra le riconferme, anche una stella al Claudio di Bergeggi, di Claudio Pasquarelli, vera istituzione della ristorazione ligure da 45 anni in cucina. La formula vincente? Puntare sulla continuità. “La nostra è una cucina pulita. All’innovazione noi rispondiamo con la tradizione: è quello che i clienti si aspettano da noi” racconta lo chef a Panorama.it. Ma quanto è importante restare sulla Michelin? “E’ una questione di prestigio, certamente. In tempi di crisi ha una valenza ancora maggiore. Noi siamo lontani dai grandi centri urbani eppure sono tantissimi gli stranieri che vengono da noi perché ci hanno letto sulla guida”. La continuità è anche una questione di famiglia: Pasquarelli lavora infatti a stretto contatto con i figli, Lara al suo fianco in cucina e Christian che si occupa della sala e della gestione dell’hotel. Il re del menù stellato? E’ il pesce, ça va sans dire. “Cambiamo marcia secondo la stagione e quello che ci offre ogni mattina il mercato. Erbe dell’orto, olio e materie prime della terra ligure sono il nostro punto di forza. Così i crostacei, sempre freschissimi, che scegliamo e trattiamo con grande attenzione”. Come l’astice blu di Bretagna, amato dai gourmet di tutto il mondo.
LA GUIDA IN NUMERI. Sono 307 i ristoranti stellati in Italia: 7 tre stelle, 39 con due e 261 con una. Domina in assoluto la Lombardia, che conquista lo scettro di regione gourmand con 56 locali stellati di cui due ristò a tre stelle, quattro due stelle e 50 con una. Un record. Segue il Piemonte con 38 ristoranti, a partire dal tre stelle Piazza Duomo guidato da Crippa, nuovo re delle Langhe venerato da imprenditori e socialite. Seguono a ruota cinque locali piemontesi due stelle e trentadue con una stella. Per gli appassionati di numeri, da segnalare che il 50% dei nuovi cuochi stellati ha meno di 35 anni, quattro dei quali sta tra i 26 e i 30 anni. La gerontocrazia non è di moda in cucina. Poche, pochissime, le donne stellate. Da non perdere i 277 risto-low cost, locali di alta gamma con menù completo a meno di 30 euro, perfetti in tempi di crisi.
REGIONI A CONFRONTO. Che succede nel resto d’Italia? Ecco tutte le cifre stella per stella. La Campania è la regione più dinamica: porta a casa 26 ristoranti con una stella e 6 con due (cifra più alta d’Italia); l’Emilia Romagna 23 e 2, tallonata dal Trentino con 22 e 3. Pari merito con 19 ristò a una stella e 4 con due stelle Veneto e Toscana. Poco sotto il Lazio con 17 e 3. La Liguria conquista invece 11 locali con una stella, la Sicilia 8 ma tra le varie provincie se ne contano 6 a due stelle. Dal sud al nord, il Friuli ha 7 risto-monostella e uno con due stelle. Marche, Abruzzo e Puglia si godono 5 locali con una stella - ma i marchigiani possono scegliere anche tra due chef con doppia stella. Chiudono la classifica delle golosità Calabria e Sardegna con 3 ristoranti con una stella e San Marino con uno. La provincia più stellata? Bolzano, con 17 ristoranti, seguita da Roma e Napoli con 16 ristò di diversa caratura.