L’hacker batte dove il dente duole, cioè la questione gas ed Ucraina
Nei giorni scorsi si sono susseguite notizie di attacchi cyber che hanno colpito i giornalisti di News Corp nonché sull’avventura di un “lupo solitario” statunitense che avrebbe causato un black-out informatico in Corea del Nord. Rispetto a questi accadimenti, molto più rilevanti sono le aggressioni denunciate da Oiltanking in Germania, SEA-Invest in Belgio ed Evos in Olanda.
Quello che hanno in comune tali realtà è il settore di appartenenza alla movimentazione di idrocarburi, e il pensiero corre immediatamente alla crisi ucraina.
Si potrebbe ipotizzare un disegno geo-politico per mettere ulteriore pressione all’Occidente alle prese con la difficile gestione della crisi con il Cremlino; in alternativa, però, si potrebbe immaginare che le organizzazioni criminali puntino a colpire quei sistemi che, di volta in volta, si dimostrano più sensibili e quindi più disponibili a cedere a ricatti. Non possiamo trascurare che negli ultimi 24 mesi i target privilegiati degli attacchi siano stati gli operatori sanitari, al centro dell’attenzione globale per la crisi pandemica. Il focus dell’attenzione pubblica si sposta e allo stesso modo cambiano gli obiettivi dei criminali.
Non ci sarebbe nulla di stravagante nel momento in cui si accetta il dato di fatto che gli attacchi cyber sono il più delle volte perpetrati da organizzazioni criminali ben strutturate, attente all’andamento del loro mercato e pronte a cogliere le occasioni. Questo significa anche la possibilità di ricevere “aiuti” più o meno diretti dalle parti coinvolte che possono anche manifestarsi come l’assenza di azione. Dalla crisi sanitaria a quelle energetica il modus operandi non cambia e se domani il problema diventasse l’approvvigionamento ortofrutticolo non dovremmo stupirci se le vittime degli attacchi cyber diventassero i sistemi di irrigazione intelligenti.
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