Musica
November 15 2024
Il concept del disco è evidente già dal titolo. nelle due settimane che hanno preceduto l'uscita dell'album, Halsey ha condiviso via social una serie di scatti che rappresentano un'impersonificazione diversa, dedicata ciascuna ad un artista che è stato fonte di ispirazione per le diciotto tracce che compongono The Great Impersonator. Britney Spears, Fiona Apple, Joni Mitchell, Bruce Springsteen, Cher, Björk, Stevie Nicks, David Bowie e molti altri...
Un modo efficace per comunicare che The Great Impersonator è un viaggio tra i generi musicali che hanno caratterizzato i decenni passati, dalla fine degli anni Sessanta al Duemila. Il risultato è un album che non è stato pensato per essere easy listening e che alterna un lato divertente ad uno più dolente legato in buona parte ai problemi di salute che affliggono Halsey.
È un affresco di colori e sfumature cangianti The Great Impersonator, che in Darwin oscilla tra il tributo a David Bowie e quello a Thom Yorke. Sicuramente una delle vette dell'album. L'eco di Pj Harvey risuona invece forte in Dog Years, mentre Panic Attack richiama le atmosfere a tinte pop dei Fleetwood Mac di Stevie Nicks.
Halsey non imita, ma si muove su un sentiero stretto, ovvero far suonare i brani "alla maniera di" senza cadere nella trappola di proporre dei pezzi che sembrano cover. Il viaggio nel tempo prosegue con Lucky evidentemente ispirata al pop leggero dei primi anni del nuovo Millennio. Fa un certo effetto, soprattutto se comparata al mood alternative rock di Lonely Is The Muse o alle atmosfere country alla Dolly Parton di Hometown. E quando Halsey si trasforma in una sorta di Joni Mitchell in The End e poi omaggia Bjork nella title track e Fiona Apple in Arsonist, appare chiaro che la sfida di realizzare un album così complesso sia stata superata brillantemente.