Tecnologia
February 25 2020
Una versione evoluta del suo smartphone pieghevole, un tablet per la produttività e il tempo libero, un computer potente con uno schermo dai bordi quasi invisibili. Tre tasselli per rafforzare ancora quello che è già un ecosistema compiuto. In una versione al limite dello spettrale del suo evento per il Mobile World Congress, trasmesso in differita e in streaming da Barcellona, Huawei ha mostrato le sue ultime novità (riassunte nella galleria fotografica qui sotto) e dato appuntamento al 26 marzo, a Parigi, per alzare il sipario sulla serie P40. La famiglia dei top di gamma che promettono meraviglie nel comparto fotografico, connettività ultrarapida in 5G e specifiche da primi della classe.
Nell'evento durato un'ora abbondante, al di là dei singoli lanci, sono da annotare le parole del padrone di casa, il Ceo del Consumer Business Group Richard Yu, che dopo averlo nominato giusto di striscio o per sottintesi nei recenti appuntamenti con la stampa, da Monaco a Berlino, ha fatto un riferimento preciso e prolungato a Google: «Negli ultimi 10 anni» ha detto Yu «Huawei ha lavorato da vicino con una grande compagnia, Google, per portare la migliore esperienza possibile ai consumatori globali e costruire un migliore ecosistema Android. Rimaniamo legati all'ecosistema Android e alla partnership strategica, di lungo termine, con Google e molte altre aziende statunitensi. Negli ultimi anni abbiamo portato un enorme valore ai nostri partner globali, in particolare alle compagnie americane».
Si tratta di una dichiarazione ricca di significati che, nonostante le ridondanze del discorso diretto, meritava di essere riportata per intero. Contiene un invito a ricordare il passato, evidenzia il proprio peso specifico negli Usa, dove Huawei fa fatica a essere benvenuta (almeno a livello politico), mantiene una porta aperta, o meglio spalancata, per il futuro.
Per il domani, insomma, la multinazionale di Shenzhen sembra non volere escludere nulla, mentre nel presente deve convivere con un bizzarro paradosso: se i pc della possono montare Windows, tablet e telefoni usciti dopo il ban di Trump hanno accesso a una versione open source di Android, non ad app come Maps, Gmail e YouTube, seppure utilizzabili via browser, client di posta o alternative lecite. Tuttavia, non è un trauma, come ha dimostrato anche la nostra prova approfondita del Mate 30 Pro. Merito di AppGallery, lo store parallelo di app targato Huawei, presente in più di 170 Paesi con oltre 400 milioni di utenti mensili attivi. Che trovano a loro disposizione i software più comuni per giocare, lavorare, comunicare. Filo rosso del keynote da Barcellona, peraltro, è stato rilevare come sarà sempre più facile per gli sviluppatori trasferire sui prodotti Huawei contenuti pensati in origine per le altre piattaforme, sia Google che Apple. Il catalogo si allargherà.
Cosa significa tutto questo? «La nostra partnership con Google non è mai stata messa in discussione. È duratura e speriamo possa continuare in futuro. Allo stesso tempo, non possiamo prescindere da quello che è successo nell'ultimo anno, in cui Huawei ha dimostrato di saper mantenere il suo ruolo di leader nell'innovazione tecnologica» spiega a Panorama.it Pier Giorgio Furcas, Deputy General Manager Huawei CBG Italia. «AppGallery» aggiunge «sta conoscendo una crescita esponenziale e siamo sicuri che proseguirà a rafforzarsi. Il nostro è oramai un ecosistema, in grado di competere non soltanto con la forza dei suoi device, ma con la qualità dei servizi e con la vastità dei contenuti che mette a disposizione di chi li sceglie».
Per Furcas, sono due gli elementi chiave di questo scenario: l'interconnessione (parole non sue, però rendono l'idea) e la sicurezza. «I nostri dispositivi sono stati pensati per scambiarsi facilmente contenuti tra di loro. Quello che è sullo smartphone può essere trasferito con un tocco sul pc e viceversa. E lo stesso sul tabet. Inoltre, non solo AppGallery è in continua evoluzione, ma è un luogo sicuro: le applicazioni presenti al suo interno hanno superato quattro livelli di controllo».
Quanto ai numeri del 2019, Furcas si dice «notevolmente soddisfatto»: «Abbiamo tenuto il passo con i trend e con il mercato» sottolinea. «C'è stato qualche contraccolpo dopo la notizia del ban, ma lo abbiamo assorbito e recuperato in fretta. Abbiamo fatto un ottimo lavoro sul brand, sulla percezione che di esso hanno i consumatori, i quali hanno continuato a darci fiducia».
All'orizzonte si staglia l'incognita Coronavirus, che sta già colpendo l'economia mondiale e potrebbe rallentare un gigante dai piedi (e tutto il tronco) ben piantati in Asia come Huawei: «Per ora» assicura Furcas «non c'è stato alcun impatto. Non sappiamo quanto durerà questa situazione, ma la Cina è quel Paese che è riuscito a costruire un ospedale in una settimana. Direi che se per questioni produttive diventerà necessario, sarà in grado di trovare in fretta una soluzione alternativa efficace».