Tecnologia
February 05 2020
Lo stesso quesito è sorto un po' nella mente di tutti al momento del lancio del Mate 30 Pro di Huawei: può farcela, può funzionare sul mercato senza i servizi di Google di serie? A qualche mese di distanza, dopo una prova durata numerose settimane, la conclusione è che la domanda è stata mal posta. I servizi di Google ci sono. O è come se ci fossero. E non stiamo parlando di installazioni illegali di Play Store o di trucchetti scovati sul web la cui affidabilità e sicurezza è tutta da verificare. Ma dell'uso quotidiano, dell'accessibilità effettiva dei soliti noti della galassia di Mountain View. O, all'occorrenza, della possibilità di ricorrere a loro validi sostituti.
Segnatevi questo nome: ApkPure. È gratis, ha una reputazione valida, non vi farà sentire la mancanza del Play Store. Vi permetterà di scaricare molte delle applicazioni che usate quotidianamente, incluse le ultime arrivate o rilasciate molto di recente. Potete fare un giro qui per farvi un'idea, ovviamente non considerate quelle di Google perché non saranno prelevabili. Ma sì a tutti i più comuni programmini di shopping, dating, streaming, gaming e ampi dintorni, pure senza il suffisso «ing».
È vero che l'ecosistema proprietario di Huawei sta crescendo, che gli utenti italiani stanno prendendo confidenza con lo store AppGallery al punto da eseguire 16 milioni di download in un mese, ma non c'è ancora tanto, specie per un utente tricolore. Quello che manca, in buona parte, lo si trova dunque su ApkPure, in maniera veloce e dopo che il sistema esegue in automatico un doppio livello di controllo di sicurezza, che non si sa mai.
Insomma, la casa cinese gioca su due fronti. Da una parte stringe con accordi con partner come TomTom e invoglia gli sviluppatori a migrare le loro app nel suo ecosistema, dall'altra, dopo un po' di comprensibile ritardo, ha deciso di portare il suo prodotto flagship sul nostro mercato perché ha capito che metterlo nelle mani degli utenti non sarebbe stata un'esperienza monca. Come l'esperienza diretta di Panorama.it può confermare.
Facendo in pochi minuti la «clonazione» da un altro telefono Huawei, nel nostro caso il P30 Pro (ma lo stesso avviene da un altro Android, oppure da un iPhone), si possono succhiare via tutti i dati principali e spedirli sul Mate 30 Pro. A cominciare dai contatti, pure esportabili ricorrendo al servizio cloud di Huawei che li sincronizza in tempo reale con tutti gli account collegati.
Al trasferimento di contenuti concorrono le foto, i video, la musica presente sulla memoria interna e le app, a eccezione di quelle di Google che scompaiono. Niente icona di Gmail, né Calendar, né YouTube o Maps. Ma zero traumi, nessun panico: per la posta elettronica si usa l'editor interno, che tra gli account selezionabili ha in bella vista proprio Gmail. La bustina bianca e rossa esce dalla porta, rientra dalla finestra. Il telefono ha il suo calendario per gli appuntamenti e un browser proprietario. Se non vi convince, scaricate il nuovo Edge di Microsoft. Vi sorprenderà. E ci troverete molti punti in comune con il vecchio Chrome.
Non c'è YouTube, giusto, ma se fate un giro un filo più approfondito su APKPure troverete modi semplici per vedere comunque i video attraverso una app, non dal browser. Non ci sono le mappe, vero, ma Waze funziona. E fa parte della galassia Google, quindi non ci allontaniamo troppo dal seminato, dal già battuto. Inoltre, Waze ha un'interfaccia molto giocosa e, almeno a Milano dove l'abbiamo utilizzata, è straricca di segnalazioni in tempo reale di altri utenti circa incidenti, deviazioni e simili. E, per la navigazione, dà modo di indicare che mezzo si sta utilizzando: auto, sia privata che taxi, oppure una moto. Potrebbe sorprendervi. Diciamo invece che per i mezzi pubblici e in servizi in sharing non è l'ideale, ma abbiamo trovato in Moovit un valido alleato.
Quanto ai servizi di archiviazione, non c'è Google Drive, però tra Dropbox e OneDrive la condivisione dei file non ha conosciuto intoppi. Come l'utilizzo dei principali social network, da Facebook a Instagram, da Twitter a LinkedIn. E lo stesso per le chat, a cominciare dalla regina WhatsApp. D'altronde il telefono è basato su una versione open source di Android, dunque non ci sarebbe nemmeno ragione di aspettarsi che vada diversamente.
Ci siamo immersi in pieno nella galassia Huawei, usando sia le cuffie senza fili FreeBuds 3 che hanno bassi davvero potenti e sia lo smartwatch Watch GT2, tutto è integrato con intelligenza. Ma il protagonista assoluto è il Mate 30 Pro. Che, dopo queste lunghe premesse e qualche cautela, si merita la nostra sviolinata sul piano dell'hardware, peraltro non siamo affatto originali: è condivisa dai principali blog e siti di settore, da chiunque ci abbia messo le mani per un po'. Lo schermo, che continua lungo i bordi, sembra non finire mai. Ed è nitidissimo, ha una luminosità che a volte lascia senza parole, al punto da non soffrire troppo sotto la luce diretta. La mancanza dei tasti del volume sul lato, attivabili con un gesto, richiede un po' di pratica, non sempre si palesano, ma è un prezzo accettabile per l'immersione visiva che si fa nel display. Se proprio gli si deve trovare un difetto, il notch è pronunciato, ma di nuovo è tutto educare l'occhio.
La batteria ha una durata persino superiore al P30 Pro, quanto incida la mancanza dei servizi Google in background non è dato sapere. La fotocamera è il principale punto di forza, a prescindere dal numero di sensori che la equipaggiano: si comporta bene in ogni condizione di luce, sebbene i risultati dell'intelligenza artificiale siano a volte sorprendenti, altre solo stucchevoli. Capita che carichi troppo i colori, sfiorando la caricatura oppure – vedi la pianta della gallery sopra – succede che isoli il soggetto con perizia e faccia fare un salto di qualità notevole a un'immagine banale.
Tirando le somme, la prova è più che superata. Sul fronte delle specifiche tecniche, del design, della fluidità del processore, della reattività della memoria, non si possono che spendere encomi. Su quello dell'esperienza d'uso, non è che bisogna scendere a compromessi, però di sicuro adeguarsi. Forzare un po' le proprie abitudini per godersi un prodotto che avrebbe meritato di giocarsela alla pari con gli altri. E, probabilmente, li avrebbe lasciati indietro.