Economia
September 10 2020
Conviene dirottare parte dello stipendio nei fondi pensione di categoria? La risposta è sì non solo per i vantaggi fiscali, ma anche perché i rendimenti dei fondi stanno decisamente migliorando: nel 2019 hanno messo a segno una performance media del 7,2%, contro un'inflazione dell'1%. Bene sono andanti anche i fondi aperti, cioè quelli a cui può aderire chiunque, con un rialzo dell'8,3%.
Questi risultati sono contenuti nel Report annuale "Investitori istituzionali italiani: iscritti risorse e gestori per l'anno 2019" realizzato dal Centro studi e ricerche di Itinerari previdenziali presieduto da Alberto Brambilla. Uno studio di 90 pagine che effettua un'approfondita radiografia sugli investitori istituzionali che operano nel welfare contrattuale (fondi pensione negoziali, preesistenti e forme di assistenza sanitaria integrativa), delle casse privatizzate e delle fondazioni di origine bancaria.
Lo studio mette sotto la lente i fondi pensione negoziali (come Cometa dei metalmeccanici), i fondi pensione preesistenti (avviati in passato da alcune grandi aziende e banche, come Ibm o Banca Intesa), le casse e i fondi di assistenza sanitaria integrativa; i sistemi privatistici con i fondi pensione aperti, i Pip (piani individuali pensionistici, offerti da società private) e le assicurazioni; le casse di previdenza professionali che svolgono la funzione previdenziale di primo pilastro e le fondazioni di origine Bancaria, che operano nel welfare territoriale e di prossimità. In tutto si tratta di 374 investitori istituzionali.
Il patrimonio di questi investitori istituzionali è aumentato dai 142,85 miliardi di euro del 2007 ai 260,68 miliardi di euro del 2019, con un incremento dell'82,5%. Per quanto riguarda in particolare la previdenza complementare, cioè il sistema dei fondi pensioni chiusi (di categoria) e aperti, il nostro Paese si classifica secondo gli ultimi dati Ocse al 14° posto su 36 Paesi per patrimonio gestito, molto vicino a Israele, subito dopo la Germania e prima del Cile. In testa nella classifica ci sono gli Stati Uniti (27.549 miliardi di dollari), il regno Unito (2.809) e il Canada (2.524).
"Nel 2019" si legge nel rapporto "tutti gli investitori istituzionali hanno ottenuto ottimi rendimenti recuperando ampiamente i risultati negativi dell'annus horribilis 2018 ascrivibili al generalizzato ribasso dei mercati finanziari". I migliori risultati sono stati ottenuti dai Pip investiti in unit linked con un +12,2%; seguono i fondi aperti con un +8,3%; i fondi negoziali segnano un +7,2%, seguiti dalle fondazioni bancarie con un ottimo +6,5% e dai fondi preesistenti con il 5,6%. I parametri inflazione, Tfr (trattamento di fine rapporto) e media quinquennale del Pil, aumentati rispettivamente del 1%, 1,5% e 1,9%, sono stati ampiamente superati. Va inoltre tenuto presente un dato importante: negli ultimi dieci anni, il rendimento medio annuo dei fondi pensione negoziali è stato del 3,6% mentre il Tfr ha reso il 2 per cento annuo.
Quest'anno ottenere gli stessi risultati sono sarà facile, come ammette lo stesso Brambilla: «Il 2020 era iniziato sulla stessa scia dell'anno precedente, almeno dal punto di vista delle performance dei mercati finanziari per incappare poi nella battuta d'arresto causata dal Covid-19, che ha penalizzato in modo generalizzato tutte le asset class». Una situazione per nulla semplice che renderà difficile battere i rendimenti obiettivo: «Proprio per questi motivi è in corso un lento processo di variazione dell'asset allocation e delle tipologie di gestione, sempre più ad alto valore aggiunto, spesso non legate a benchmark ma a obiettivi di rendimento. In questo contesto, si inserisce ad esempio il progressivo aumento degli investimenti in fondi d'investimento alternativi e real asset». Pur rimanendo in alcuni casi preponderante, diminuisce invece l'investimento in titoli di Stato e, in linea generale, nel reddito fisso, mentre aumenta per l'appunto l'affidamento delle risorse a gestori sempre più specializzati e con strategie innovative e diversificate.
In una tabella dello studio sono elencati indica i primi 10 gestori dei fondi negoziali, classificati per ammontare delle risorse gestite. Eurizon si mantiene in prima posizione, mentre Amundi con circa 200 milioni in meno, scende al terzo posto; Blackrock sale al secondo e Candriam al quarto, seguita da Credit Suisse e UnipolSai. Dal punto di vista della quota, questi primi 6 gestori detengono quasi il 50% del mercato dei Fondi Negoziali.
Nel rapporto è contenuta una critica ai fondi pensione, che dovrebbero, secondo Brambilla, investire di più nell'economia reale: "A impressionare non positivamente è sicuramente l'esiguità degli investimenti dei fondi di natura contrattuale, in gran parte alimentati dal Tfr 'circolante interno' alle aziende e che, quindi, è e dovrebbe essere la prima e principale forma di sostegno all'economia reale. Dal 2007 alla fine del 2019 ai fondi pensione e al fondo gestito dall'Inps sono confluiti circa 140 miliardi di Tfr sottratti alle imprese italiane, alle quali ne sono tornati mediamente poco più del 3% l'anno, che possiamo stimare in circa 33 miliardi di euro: si tratta ovviamente di dati su cui riflettere, anche per le loro ripercussioni sia sull'occupazione sia sulla produttività e, quindi, sullo sviluppo del nostro Paese".
Da un sondaggio condotto dal Centro studi e ricerche di Itinerari Previdenziali in occasione della redazione del Settimo report, emerge che circa la metà degli investitori che hanno partecipato alla ricerca (63 tra fondi pensione negoziali e preesistenti, fondazioni di origine bancaria e casse professionali) adotta già oggi una politica di investimento sostenibile e l'88% di tutti i rispondenti intende includere o incrementare in futuro una strategia che tenga conto dei cosiddetti fattori Esg (Environmental, Social and Governance), in aumento rispetto all'80% dello scorso anno. Di particolare interesse le motivazioni alla base di questa scelta: "fornire un contributo allo sviluppo sostenibile (ambientale e sociale)" resta il principio generale indicato dalla stragrande maggioranza degli investitori istituzionali (88%) seguito dal sorprendente "ottenere rendimenti finanziari migliori" (35%).