Musica
July 02 2015
Il progressive, caratterizzato da raffinati virtuosismi, lunghi brani strumentali, continui cambi di tempo, arrangiamenti ridondanti e toni epici, è un genere amatissimo dagli intenditori, che si ascolta seduti in religioso silenzio.
Atmosfere agli antipodi rispetto all’heavy metal, nel quale ritmi aggressivi e potenti riff di chitarra, rigorosamente amplificate e distorte, trovano la loro dimensione ideale in live dove il pubblico è coinvolto fisicamente dalla musica.
I Dream Theater, alfieri del progressive metal, sono riusciti a coniugare in modo sorprendente la tecnica sopraffina del progressive con l’energia dell’heavy metal, senza rinunciare a sapienti spruzzate di melodia. Questa peculiarità è il motivo per cui la band americana è amatissima dai fan o detestata dai suoi detrattori, anche se i primi sono in maggioranza schiacciante rispetto ai secondi.
Di sicuro nessuno può contestare l'incredibile perizia tecnica dei componenti, una vera e propria all star del virtuosismo rock formata da John Petrucci alla chitarra, John Myung al basso, Jordan Rudess alle tastiere e Mike Mangini alla batteria, guidata dal frontman James LaBrie.
I Dream Theater, il cui celebre logo è ispirato allo stemma dell'anello di Maria Stuart di Scozia, sono molto legati all’Italia. In uno dei loro brani più famosi, Take the time, è inserita una frase di Alfredo, protagonista di Nuovo Cinema Paradiso: «Ora che ho perso la vista, ci vedo di più».
Anche ieri sera il pubblico italiano ha confermato il suo affetto nei confronti del gruppo con una Cavea dell'Auditorium Parco della Musica piena in ogni ordine di posto e un grande calore per tutta la durata del concerto.
La Prog Night è inizata alle 19 con le esibizioni dei Virtual Simmetery e degli Evergrey, che hanno scaldato il pubblico con il loro rock muscolare, facendo incetta di applausi.
Bisogna aspettare le 21.45 per l'ingresso dei Dream Theater, introdotti dalla note della loro False Awakening Suite.
La band parte in quarta con la trascinante Afterlife, estratta dall'album d'esordio When Dream and Day Unite del 1989, mentre appartiene al loro disco di maggior successo, Images and Words del 1992, il capolavoro Metropolis Pt.1: The Miracle and the Sleeper, per la gioia del loro affezionato pubblico.
Ciò che colpisce immediatamente è la capacità della band di suonare i brani con la stessa pulizia sonora del cd, senza una minima sbavatura. Una qualità, per molti, un difetto per chi vuole dal live un po più di "pancia", anche magari a discapito dell'esecuzione perfetta.
James LaBrie saluta il pubblico: "E' bello tornare qui, dove ogni volta siamo accolti con grande affetto. Questo è il tour per celebrare i 30 anni dei Dream Theater,così eseguiremo un brano per ogni album".
Gli alferi del prog metal mostrano il loro lato più romantico nella power ballad Burning my soul, che regala grandi emozioni per il refrain cantato a pieni polmoni dagli oltre 3.000 spettatori e per l'assolo ricco di pathos di Petrucci.
The spirit carries on è introdotta dal piano basculante di Jordan Rudess, fino all'ingresso all'unisono di tutti gli strumenti.
Nelle potentissime As I am e Panick attack i Dream Theater tirano fuori l'artiglieria pesante, grazie anche alla ritmica indiavolata di Mike Mangini, che picchia le pelli della batteria come un ossesso.
LaBrie, che ha mostrato una voce in grande spolvero, ha scherzato con gli spettatori: "Sono 23 anni che veniamo a suonare in Italia, ma ancora non siamo riusciti a vedere il Colosseo. Forse dobbiamo tornare più spesso e con più tempo libero".
In Constant Motion assistiamo a una gara di bravura tra il basso al fulmicotone di John Myung e la chitarra di Petrucci, che stupisce per i continui cambi di tempo e per le scale eseguite alla velocità della luce.
Il frontman dà una buona notizia agli spettatori, ormai in visibilio: "Oltre al tour dei 30 anni, stiamo lavorando anche al nuovo album, che uscirà all'inzio del 2016. Dopo la pubblicazione intraprenderemo un nuovo tour mondiale e torneremo a trovare ciascuno di voi".
La power ballad Wither viene accompagnata dal coro dell'Auditorium, mentre Bridges in the sky chiude il concerto con una sferzata di energia metal.
C'è ancora il tempo per un bis, con il riff contagioso di Behind the veil, che chiude nel migliore dei modi la serata.
I 3.000 della Cavea tributano una meritata standing ovation ai Dream Theater, mentre i più intraprendenti corrono sotto al palco per dare un "cinque" ai componenti della band, che si prestano per qualche secondo.
Dopo un'ora e quaranta di concerto impeccabile, che conferma l’incredibile perizia tecnica dei Dream Theater, si esce dall'Auditorium appagati e con la voglia di portare un po’ della loro eccellenza nel nostro mondo.