Inchieste
August 17 2020
Si parla sempre più spesso di idrogeno come fonte di energia del prossimo futuro, ed anche se ci pare qualcosa di ancora lontano è invece tempo di considerare questo gas, il più abbondante nell'universo, come qualcosa di utilizzabile già oggi, sebbene scienziati e tecnici siano impegnati per produrlo con energie rinnovabili, conservarlo apportando meno energia possibile e per ridurre i costi della distribuzione.
Se facciamo ancora fatica a pensare all'automobile elettrica nell'uso quotidiano, poiché si tratta di mezzi dall'autonomia limitata e per i quali serve una stazione di ricarica, bisogna invece sapere che produttori del calibro di Toyota, Honda e Hyundai stanno già sperimentando veicoli a idrogeno grazie, in primis, alla tecnologia che rende possibile la miniaturizzazione delle celle a combustibile, invenzione che dobbiamo a William Grove e Christian Schönbein, i quali nel 1839 (proprio mentre cavalli, carbone e vapore muovevano l'umanità), sviluppavano un prototipo di pila che "mangiava" idrogeno e aria producendo poca elettricità ma, come scarto, soltanto acqua.
Si sarebbe dovuto attendere il 1932 per vedere i progressi di Francis Bacon, e il 1959 per quelli di Harry Ihrig, l'ingegnere della Allis-Chalmers che costruì un trattore alimentato da pile a combustibile. Ma il vero salto in avanti arrivò con i programmi spaziali Gemini e Apollo, momenti dai quali la ricerca ha accelerato fino a oggi, permettendoci di acquistare questa tecnologia per alimentare il camper o la casa, come avviene nel quartiere Hammarby Sjöstad di Stoccolma.
Sempre riguardo l'autotrazione, assordati dalle (finte) spinte ecologiste per abbandonare motori diesel super efficienti per berlinette elettriche dall'autonomia scarsa, perdiamo di vista il fatto che le batterie non saranno il futuro, bensì una tecnologia transitoria verso mezzi che useranno combustibili come l'idrogeno e che già esistono, essendo progetti e prototipi di Toyota, Honda, Hyundai, Bmw, eccetera.
L'idrogeno, anche combinato con altri gas, potrà contribuire a ripulire le nostre fonti energetiche planetarie sostituendole fino al 20% grazie all'applicazione in ambiti del trasporto collettivo come le ferrovie, si veda l'esempio dei treni Coradia iLint in servizio in Germania e Giappone, oppure nella nautica come sta avvenendo in Norvegia, con la costruzione della prima nave da crociera a idrogeno liquido, il cui varo avverrà nel 2023.
Passi avanti sono in corso anche nel settore aeronautico, dove l'azzeramento delle emissioni di CO2 mediante propulsione elettrica a idrogeno resta un traguardo a lungo termine (difficile raggiungere il rapporto peso-potenza dei moderni motori a turboventole), ma oggi non esiste costruttore di aeroplani al mondo che non abbia dedicato risorse a questi sviluppi, da Boeing ad Airbus passando per aziende che realizzano piccoli velivoli, ideali per contenere i costi degli esperimenti. Oggi il trasporto aereo è responsabile del 3,6% delle emissioni di gas serra dell'Unione europea.
Sono in corso test per dimostrare l'efficacia dell'idrogeno i cui risultati teorici dicono che i nuovi velivoli potranno essere veloci come quelli tradizionali. Ma se le automobili a idrogeno potranno apparire già in questo decennio, per gli aeroplani ne serviranno almeno altri due o tre. "Entro il 2045 dovrebbe essere disponibile un aereo di volo a corto raggio" afferma Bart Biebuyck, direttore esecutivo della Fuel Cells and Hydrogen, una società pubblico-privata per accelerare l'introduzione sul mercato di queste tecnologie, "ciò significa che sul suolo europeo sarà possibile collegare tutte le grandi città. "Sappiamo però che per raggiungere questi obiettivi occorre migliorare la tecnologia di stoccaggio dell'idrogeno e il suo trasporto fino agli aeroporti, ma anche riprogettare gli interni degli aerei per integrare i nuovi sistemi di propulsione.
Per questo dobbiamo ancora definire, scrivere e approvare molti standard e regolamenti tecnici. Fino a oggi sono stati compiuti piccoli progressi: nel 2008 Boeing fece volare il primo aereo al mondo alimentato a idrogeno da un aeroporto vicino a Madrid, un monoposto che ha dimostrato che la tecnologia era adatta allo scopo. Nel 2016 è decollato dall'aeroporto di Stoccarda il primo aereo a idrogeno a quattro posti, costruito in Germania dall'agenzia di ricerca aeronautica Dlr, dall'Università di Ulm e dalla società H2fly. L'idea attuale è fondere insieme le componenti che permettono l'uso dell'idrogeno in volo, ovvero il serbatoio del gas, la cella a combustibile, il motore elettrico e l'elica o il compressore. Così facendo un aereo da 45 posti sarà in grado di raggiungere i 600 chilometri all'ora, rispetto agli 850 chilometri all'ora di un liner attuale, ma di volare per 2.500 km senza emettere CO2.
Dalle discussioni nei talk-show fino ai dibattiti sui social network, quando si parla di cambiamento climatico e di misure per contrastarlo ci sentiamo spesso disorientati. Per capire quale potrebbe davvero essere la soluzione, l'economia generata e quali le tecnologie e i meccanismi che permetteranno di favorire il cambiamento, Marco Alverà ha scritto per Mondadori (i ricavi vanno in beneficienza, il costo è 18,90 euro), il libro Rivoluzione Idrogeno, la piccola molecola che può salvare il mondo.
Alverà, nato a New York nel 1975, ha lavorato in Eni, Enel e, dal 2016, è Ad di Snam, tra le prime aziende a livello globale a sperimentare l'immissione di una miscela di idrogeno e gas naturale nella propria rete. È vice presidente di Fondazione Snam, che mette a disposizione le capacità di Snam per promuovere lo sviluppo sociale dei territori italiani. Con il fratello Giorgio ha fondato a Milano la Fondazione Kenta, no profit che promuove l'arte, la scienza e la lotta alla povertà educativa. Si è laureato in economia e filosofia alla London school of economics e, sempre a Londra, ha iniziato la sua carriera in Goldman Sachs.
"Con questo libro voglio contribuire al dibattito sulla lotta ai cambiamenti climatici" dichiara "la sfida più importante per la nostra generazione, con una prospettiva costruttiva e ottimista, sottolineando il ruolo dell'idrogeno per il futuro del pianeta".Niente sogni né illusioni, il libro è una mini guida semplice da comprendere nella quale viene spiegato "dove, come e quanto" l'idrogeno potrà aiutarci a migliorare il nostro ambiente naturale e di conseguenza la nostra vita.
Il cambiamento climatico e l'inquinamento atmosferico sono i grandi problemi, ma le misure di mitigazione adottate fino a oggi non hanno portato i risultati sperati. Per scongiurare il rischio di catastrofi naturali serve una decarbonizzazione planetaria, un approccio sovranazionale sui vari comparti energetici, in grado di promuovere il lavoro, le attività economiche e migliorare gli standard di vita.
Senza usare parole difficili né formule chimiche, Alverà ci fa riflettere sul fatto che l'idrogeno è l'elemento più abbondante dell'universo, dunque che può essere la soluzione da affiancare all'elettricità rinnovabile perché consente di trasformare l'energia solare ed eolica in un combustibile efficiente, facile da trasportare, stoccare, distribuire e utilizzare, con il grande vantaggio di essere illimitato e pulito. Ed è possibile fare molto di questo lavoro usando le infrastrutture esistenti.
L'idrogeno in altre parole, può portare energie rinnovabili in settori complessi da "pulire" come l'industria, il riscaldamento e il trasporto pesante, dove l'impiego dell'energia elettrica risulta difficoltoso. Può promuovere uno sviluppo più equo: molti paesi produrranno energia a basso costo dal sole o dal vento, utilizzandola per alimentare il loro sviluppo e per esportarla. Ma soprattutto può contribuire a soddisfare in modo pulito il fabbisogno energetico di una popolazione in continua crescita, favorendo prosperità, produttività e sicurezza.
L'idea di fondo di Alverà - scrive Ferruccio De Bortoli nella prefazione - rilanciata anche dal vice presidente della Commissione europea Frans Timmermans, è quella di una partnership con l'Africa. Se soltanto si impiegasse lo 0,8% della superficie del Sahara con parchi solari, per trasformare l'energia prodotta in idrogeno e trasportarla, si potrebbe soddisfare l'intero fabbisogno energetico europeo. "Le decisioni di oggi – scrive Alverà – condizioneranno i prossimi cinquant'anni. Chissà se ci sveglieremo anche in Italia, dal nostro eterno presente". O almeno, se impareremo dalla storia tornando indietro di mezzo secolo e pensando agli anni Settanta, quando si ritenevano impossibili alcune cose che poi si sono avverate.
Era l'8 giugno 2009 e l'astronauta italiano Maurizio Cheli volò a bordo dello SkySpark, un aeroplano ultraleggero costruito a Pordenone dalla Alpi Aviation e trasformato con un serbatoio di idrogeno, una cella a combustibile e il motore elettrico dalla società DigiSky e dal Politecnico di Torino. Un volo che segnò anche il primato di velocità per aeroplani con propulsione non convenzionale.