Economia
May 31 2021
Tutti vogliono le rinnovabili, ma nessuno le vuole a casa propria. C'è un paradosso tutto italiano dietro il flop che stanno vivendo le fonti rinnovabili di energia (eolico, solare, idroelettrico, biometano, etc) nella (mancata) transizione ecologica made in Italy.
Quello che è accaduto durante l'ultima bando del Gse (Gestore dei servizi energetici) per assegnare incentivi a centrali elettriche pulite per 2.461 megawatt di potenza ne è segno e sintomo. Dei quasi 2.500 megawatt a disposizione ne sono stati attribuiti solo 297,7, ovvero il 12% delle richieste.
Questo avviene non perché ci sia qualcosa che non va nel meccanismo delle aste del gestore degli energetici, ma perché investire in rinnovabili significa salire su un treno destinato a fermarsi a mille stazioni prima di giungere (se si giunge) a destinazione.
La stazione numero uno è rappresentata dall'autorizzazione stessa a installare gli impianti. Bisogna inoltrare montagne di carta e avviare un iter lentissimo che spesso decade prima di arrivare a compimento. Per rientrare nei severissimi parametri europei è necessario avviare investimenti faraonici con il rischio che sfumino in un nulla di fatto. Perché alla stazione successiva si incontrano le agguerrite associazioni ambientaliste pronte ad alzare le barricate per difendere l'impatto ambientale delle costruzioni e la tutela dell'habitat naturale.
Se anche si superasse l'ostilità dei comitati no profit ci si scontrerebbe con l'opinione pubblica ostile strutturalmente a tutto ciò che modifica lo status quo. Su questa linea, infine, si inseriscono i sindaci che, pur consapevoli del paletto fissato nel 2050 con la data limite per la decarbonizzazione dell'Europa (per rientrare nei parametri l'Italia dovrebbe installare circa 70 nuovi GW di capacità) temono la rivolta popolare (e quindi elettorale) e quindi scasano l'investimento nel settore.
Nella totale mancanza di certezze e garanzie investire diventa troppo pericoloso e i bandi finiscono in fumo. Se si guarda, infatti, all'andamento delle aste per i grandi impianti nel nostro Paese, ed in particolare ai nuovi impianti eolici e fotovoltaici, si assiste ad un calo "drammatico" nel coefficiente di saturazione del contingente messo a disposizione, dal 100% del primo bando (del 30 ottobre 2019) al 24% del quarto bando, fino al 12% del quinto.
Le associazioni di settore più volte hanno denunciato questo "mobbing" burocratico e sociale nei confronti delle rinnovabili che sono in bocca di tutti, ma nelle mani di nessuno. Per lo meno a livello pubblico.
Vanno infatti bene i contratti di fornitura diretta fra produttori e grandi consumatori. I contratti di Ppa ( Power Purchase Agreement, ovvero un accordo di fornitura di energia elettrica a lungo termine tra due parti, di solito tra un produttore di energia elettrica – seller- e un consumatore o distributore di energia elettrica – buyer- ) sono in crescita, ma le aziende italiane comprano energia da sellers stranieri perché in Italia, per i motivi citati, non 'è mercato.
Il decreto di semplificazione delle procedure è infatti in alto mare e ancora non esiste un piano regolatore che determini per legge dove è lecito costruire e dove no. Il Ministro per la transizione ecologica, Roberto Cingolani assicura che tale piano regolatore sarà messo a punto entro i 30 settembre, ma per il momento fanno in fumo migliaia di megawatt puliti che non vengono assegnati a nessuno.
Anev, (Associazione nazionale energia del vento) ha messo a punto un manifesto per lo sviluppo dell'eolico dove si parla di quelli che vengono considerati i punti chiave per procedere. Si parla di "Semplificazione dell'iter autorizzativo, necessità di rivedere le Linee guida nazionali per gli impianti eolici, istituire una cabina di regia presso la presidenza del Consiglio, prevedere dei meccanismi di sostegno al comparto, istituire strumenti specifici per lo sviluppo del Ppa Power purchase agreement con l'obiettivo di rendere il settore eolico una potente risposta economica, industriale e culturale alla crisi pandemica e al necessario processo di decarbonizzazione dell'economia".
A fronte di tutte queste dichiarazioni d'intenti la verità è che l'Italia non tiene il passo sostenuto dell'Europa. A dirlo è il Renewable Energy Report 2021 redatto dall'Energy&Strategy Group della School of Management Politecnico di Milano.
Nel 2020 la potenza installata nel nostro Paese è diminuita del 35% mentre a livello globale il mercato delle rinnovabili è in grandissima espansione e l'Europa ha "festeggiato" l'anno scorso lo sfondamento di quota 650 GW di potenza complessivamente installata.
Tendenza del tutto opposta è quella dell'Italia dove lo scorso anno si è assistito a un drammatico calo dei nuovi impianti eolici, precipitati del 79% dai 413 MW del 2019 agli appena 85 MW del 2020.
Nel 2020 è stato il fotovoltaico a guidare la classifica delle installazioni con 625 MW, mentre l'idroelettrico si è fermato a 66 MW e le biomasse a 8 MW.
In Europa invece, spiega il rapporto, il fotovoltaico e l'eolico hanno superato la soglia rispettivamente dei 160 e 200 GW in poco più di un decennio in un percorso verso la decarbonizzazione al 2050 sta catalizzando l'interesse del mondo industriale e finanziario.