Foto di Elisa Parrino Rensovich
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Il congedo di paternità

Jacopo ha occhi grandi, guance decisamente non regolamentari, un sorriso che conquista e due genitori coraggiosi che hanno saputo fare scelte contro corrente seguendo solo il cuore. 

Voi sapete bene quanto io creda nella necessità che la cura dei figli sia onere e onore tanto della madre quanto del padre ed è per questo che, qualche tempo fa, mi colpì come un piacevolissimo schiaffo quella frase che Marco, il papà di Jacopo, mi rivolse nei corridoi della radio per cui lavora e dove ogni tanto mi capita di andare.

"Ti saluto Andre", mi disse, "fra qualche giorno vado in paternità". Mentre parlava, lo ricordo ancora oggi, aveva un bel sorriso; di quelli che portano assieme la felicità, la speranza di vivere al meglio qualcosa di grande e, al contempo, quel pizzico di paura e sana incoscienza che servono per godersi le scelte importanti.

Uscendo dall'ufficio di Marco, anche io avevo sulle labbra un sorriso; ripensavo a quando i miei figli erano piccoli e a quanto avrei voluto fare anche io quella scelta. 

Non appena Marco tornerà, pensai, voglio che mi racconti tutto e oggi che Marco è tornato a lavoro, una tarda mattinata prenatalizia ci siamo seduti ad un tavolo, e lui mi ha raccontato.

Quando scoprono che Jacopo è in arrivo, Marco e sua moglie Caterina sono giovani, entrambi lavorano e condividono la convinzione che se i figli si fanno in due, sempre in due vanno cresciuti.

A differenza di Marco, peraltro, Caterina lavora in una piccola azienda e visto che avere due stipendi in casa fa comodo, durante le vacanze di Natale prendono la decisione; quando saranno in tre, Marco e Caterina si alterneranno nella gestione del piccolo Jacopo e anche Marco chiederà un congedo di paternità così da permettere a sua moglie di non assentarsi troppo a lungo dall'ufficio.

Da Natale a quando la notizia viene ufficializzata passa pochissimo tempo, e la prima cosa bella che da qui in poi caratterizza la loro storia è la reazione entusiasta dei capi di Marco.

Già, dei capi, perché paradossalmente gli unici ad essere scettici sono invece i colleghi maschi, soprattutto quelli che i figli già li hanno e che provano a minare le convizioni di Marco a colpi di "ma chi te lo fa fare?","ma ne sei davvero certo?" e via così. 

Non riescono però a scalfirlo e dopo mesi passati a lasciare le consegne a chi lo sostituirà mentre lui sarà 24 ore al giorno con il suo bimbo, arriva il giorno X e con quello...il panico.

Marco è molto onesto mentre al tavolo del bar cui siamo seduti mi guarda e mi spiega che, paradossalmente, l'unico passaggio di consegne che non avevano curato era proprio quello fra Caterina lui e ora, di punto in bianco, toccava a lui.

Anche Caterina, forse, si rende conto allora che quello di cui avevano parlato era diventato realtà e come capitò anche a mia moglie, che perse il latte il primo giorno in cui il nostro Marco andò al nido, reagisce somaticamente al cambiamento, con una grande febbre che la costringe a casa per un bel po'. 

Mentre Jacopo continua a vivere sereno, questa volta è Marco che sereno non è affatto e quasi si offende del fatto che la moglie abbia reagito così; lo percepisce come un segno di sfiducia nei suoi confronti e di non apprezzamento del ruolo che aveva scelto di assumere.

Come la febbre, però, anche la maretta in casa di Caterina, Marco e Jacopo passa. La mamma torna a lavoro e il papà comincia a fare...il papà a tempo pieno.

Già, perché proprio come avevo intuito quella mattina nei corridoi della radio, Marco ha proprio intenzione di fare il papà, né il mammo, nè il tato, semplicemente e bellissimamente il papà.

Le giornate che aveva immaginato per lui e Jacopo diventano molto diverse quando si torna alla realtà dei fatti e alla quotidianità di un bimbo di pochi mesi; meno gite in giro per il mondo, forse, e molti più pomeriggi del previsto al parchetto sotto casa; ma giorno dopo giorno Jacopo e Marco innaffiano una pianta che sorriso dopo sorriso, coccola dopo coccola diventa la spina dorsale del loro rapporto.

E di quello fra Marco e Caterina; "in quelle settimane e in quei mesi", mi racconta ancora, "io ho capito molto di mia moglie, di quanto fosse infinitamente faticoso stare a casa con un bimbo piccolo, di quanto fosse bello per me e per Jacopo sentirla tornare e gioire della quotidianità della nostra famiglia."

Marco, nelle sue giornate con Jacopo, incontra fra le persone molto stupore, tantissima approvazione e senza dubbio anche qualche occhiata storta di cui, forte della sua corazza di papà a tempo pieno, nemmeno si cura e oggi sorride.

Lo rifaresti? gli chiedo quando stiamo per andare via. Lui nemmeno prende fiato per rispodermi: Sì, mille volte.

Hai davvero ragione Marco, se tornassi indietro lo farei anche io perché l'acqua scorre tutti i giorni nel fiume e sembra sempre la stessa, ma in realtà quella che è andata via non torna più.


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