Il mercato della Juve piace a tutti. Tranne che a Conte
Da dove cominciamo? Da lui naturalmente, da Antonio Conte, che come spesso gli capita monopolizza nel bene e nel male gli argomenti e le argomentazioni de rerum Juventus.
Il mercato si è chiuso senza il gran botto finale come da tradizione Marottiana. E forse è meglio così, perchè di un Bendtner o di un Anelka proprio non ne sentivamo il bisogno.
Gilardino ci avrebbe fatto comodo, per carità. È juventino fino al midollo, ha un pedigree di tutto rispetto e soprattutto ha caratteristiche che nella nostra rosa non ha nessuno. È il centravanti che fa gol punto e basta, forse non sarà un fenomeno, forse non sarà un top player, non sarà tante cose, ma è uno che sa fare gol: 160 gol in serie A, più di Filippo Inzaghi e Gigi Riva, roba che Quagliarella neanche in due carriere di fila li fa… E poi avrebbe fatto comodo anche in Champions: è uno abituato a giocare ai massimi livelli (già Campione del Mondo per Club e Nazionali e Campione d’Europa col Milan).
Detto questo, la campagna acquisti della Juventus è tutto fuorchè fallimentare. Gli undici titolari sono tutti i più forti (o tra i più forti) per ruolo del campionato italiano. Le prime riserve per ogni reparto si chiamano: Ogbonna, Pogba (o Marchisio), Llorente, tutta gente che giocherebbe titolare quasi ovunque.
A questo va aggiunto che Marotta e Paratici hanno anche preso la metà di Zaza, Berardi e Gabbiadini: i tre migliori giovani attaccanti del calcio nostrano. E a chi obietta che è tutto lavoro di Paratici ci tocca ricordare che Paratici a Torino ce l’ha portato proprio Marotta, rischiando per lui anche l’incidente diplomatico con RiccardoGarrone.
Ora, le lametele di Conte sono strumentali, il problema non è il mercato: Giaccherini e Matri l’anno scorso hanno giocato pochissimo. Marrone in due anni con Conte alla Juve ha totalizzato 13 presenze di cui solo 9 da titolare, è comprensibile che il ragazzo voglia giocare di più. Ma le parole di Conte su Marrone sono forse ancora più sintomatiche di quelle su Matri e SuperJack.
“Marrone? Sì, parte perché mi ha salutato. Se tutti quelli che lasciano la Juve mi salutano vuol dire che c’è stato affetto nei miei confronti, anche se per me è sempre un dolore. Non mi ha detto dove andrà”
Dietro il “parte perché mi ha salutato” e nel “non mi ha detto dove andrà” si nasconde il vero nocciolo della questione. Conte non parla con Marotta o se ci parla non lo capisce o più probabilmente non ne riconosce il ruolo e l’autorità. Ma come, Conte non sapeva che Marrone stava per essere ceduto? E non sapeva che stava per essere ceduto al Sassuolo facendo rientrare nell’operazione la metà di Berardi? Un tale scollamento tra guida tecnica e dirigenza sarebbe inaccettabile se vero.
Anche la polemica a distanza con Benitez è frutto dello stesso atteggiamento pretestuoso: non è vero che il Napoli spende di più.
A Napoli in due anni hanno smembrato l’attacco titolare (Cavani e Lavezzi) oltre ad aver perso, a parametro zero, il nazionale argentino Campagnaro, uno dei pilastri della difesa partenopea che è finito all’Inter. Con i soldi delle cessioni sono arrivati giocatori validi, qualche ragazzo di buone speranze, ma un solo vero campione: Higuain. Cosa avrebbe detto Conte se gli avessero ceduto un Cavani, un Lavezzi, un Campagaro? Apriti cielo.
Allora torniamo al punto di partenza. Al peccato originale. Conte, l’abbiamo scritto più volte è un valore aggiunto per la Juventus, ma va gestito (come chiunque). Non può pensare di fare il padrone del vapore a Torino. Questo non è mai stato permesso a nessuno: neppure a Marcello Lippi e a Fabio Capello, solo per restare ai tempi recenti.
Ci è capitato di sollevare questo punto in una chiacchierata di qualche mese fa con Luciano Moggi il quale, oltre che concordare con noi, disse che gli allenatori bisogna “abituarli bene fin dall’inizio”. Fargli capire, insomma, dov’è il bastone del comando, e di come lui dovette farlo addirittura con un certo Fabio Capello…
Ma Marotta non è Moggi. Non per meriti, demeriti o statura: non è questo il punto. Marotta non lo è per investitura. Il peccato originale, per così dire, l’ha commesso Andrea Agnelli scegliendo personalmente Antonio Conte (e non gliene saremo mai abbastanza grati), ma scavalcando così Marotta. Fin da allora, Conte si è sentito legittimato dall’investitura presidenziale nel non riconoscere totalmente l’autorevolezza del DG bianconero. Solo questo è il punto. E solo Andrea può risolverlo.
Quando Conte dice: «Beh, mi piacerebbe trovarmi una volta dalla parte opposta e poter investire 100 milioni per un giocatore” o “Ma per il futuro spero che quanto prima mi dicano: mister, abbiamo 50 milioni, ora si diverta” non sa, o finge di non sapere cos’è la Juventus. Negli anni in cui è stato il capitano, anzi Il Capitano, alla Juventus i giocatori si vendevano per milionate di euro e non viceversa. A parte rare eccezioni le uniche Juve recenti che si ricordino spendere e spandere sono state quella di Montezemolo e di Cobolli Gigli. Delle non-Juventus appunto. Questo Conte lo sa benissimo. Come sa benissimo che certe sue uscite non sarebbero state ammesse ai tempi della triade (vedi trattamento riservato a Marcello Lippi).
Ma ribadiamo, il bersaglio non è il portafoglio bianconero, non è il mercato, non è la società è solo Giuseppe Marotta. Ma Marotta è il DG della Juventus e destituire lui significherebbe destituire la società stessa. Una cosa che non si può fare, una cosa alla Cobolli per intenderci. O alla Moratti.
Ora la parola passa ad Andrea Agnelli, l’unico che può risolvere la questione una volta per tutte. C’è insomma un peccato originale da sanare, non in pubblico, non davanti alle telecamere. Siamo certi che Andrea Agnelli saprà come farlo, anche se temiamo che la soluzione finale non sarà pacifica…
OUR NEWSLETTER