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September 07 2018
Dai vaccini all’Ilva, il governo giallo verde si sta scontrando con la fragilità delle sue promesse.
Nelle ultime ore sull’obbligo vaccinale il governo ha cambiato più volte idea, prima cancellando il rinvio dell’obbligo e poi confermando l’impianto della circolare del Ministro della Salute, Giulia Grillo che consente ai bambini di poter iniziare l’anno scolastico grazie a una autocertificazione che varrà fino al 10 marzo 2019.
Un dietrofront quello sui vaccini, che in prima battuta aveva generato rabbia e delusione delle famiglie No Vax che avevano bollato la decisione come “una frattura insanabile con tutti coloro che hanno votato Lega o M5s alle scorse elezioni politiche”.
Tanto che il nuovo emendamento al decreto Milleproroghe presentato in commissione Affari Sociali appare come una corsa ai ripari verso un pezzo di elettorato che non riconosce più le promesse votate nelle azioni dell’esecutivo.
Perché quei 5 Stelle che apparivano tanto forti in piazza, oggi risultano estremamente impacciati al governo. Ma quello che è avvenuto con i vaccini rischia di ripetersi ancora su Ilva, Tap, Tav.Anche su Ilva, verrebbe da dire che la montagna ha partorito un topolino.
Dopo settimane di annunci, stop, pareri all’avvocatura, battute ad effetto speciale e atti secretati, si è finito per chiudere un po’ come si era iniziato.
Rispetto all’accordo del precedente governo con Ancelor Mittal, i sindacati sono riusciti a tenere dentro 300 lavoratori in più e un piano di esodi volontari con indennizzi fino a 100mila euro lordi. Senz’altro un buon risultato che ora passerà al vaglio dei referendum dei lavoratori, ma che è ben lontano dai vecchi slogan grillini che volevano una Taranto senza Ilva e pienamente bonificata dal punto di vista ambientale.
Così dopo un’estate in cui il Ministro Di Maio ha tenuto tutti con il fiato sospeso, arrivando a dire che il contratto con il colosso indiano dell’acciaio era da “delitto perfetto”, settembre inizia esattamente come era finito giugno. Il contratto con il colosso dell’acciaio Ancelor Mittal è salvo e l’ex Ministro Carlo Calenda è sempre più convinto nel definire quello su Ilva un “circo”.
Insomma, ai primi test utili per tradurre la fiera retorica politica in politiche pubbliche, il Movimento 5 stelle perde impietosamente tutte le occasioni, mostrandosi spesso come “improvvisato”.
Perché è facile cavalcare il consenso in un momento di disperazione accusando la famiglia Benetton del crollo del Ponte Morandi, ma poi sulle soluzioni successive il governo si è diviso tra chi vorrebbe tornare al controllo pubblico e chi continua a preferire un sistema misto, con la soluzione che oggi non c’è ancora soluzione e gran parte degli indagati sono dentro il Ministero delle Infrastrutture, anziché in Atlantia.
E mentre si discute sul da farsi, i genovesi attendono nuove case e risposte veloci sugli indennizzi. Veloci almeno quanto lo sono i nostri governanti a twittare su qualsiasi cosa si muova nel mondo.
Stessa musica da Melendugno a Susa. Delle promesse dei 5 stelle è seminata l’Italia, ma quello che mancano sono le azioni concrete per soddisfare le aspettative dei cittadini.
Perché si possono continuare a chiedere pareri all’avvocatura dello Stato, studi di fattibilità su cantieri che sono in piedi da decenni e sui quali si sono investiti ingenti somme di denaro pubblico, ma se hai promesso il cielo e poi offri una finestra la delusione sarà sempre dietro l’angolo. Perché governare è soprattutto scegliere
Governare è probabilmente la peggiore sciagura che possa capitare ad una forza anti sistema. Perché una volta entrati a palazzo Chigi, l’unico con cui prendersela resta l’Europa.
Ma intanto le persone chiedono risposte concrete e a questo punto l’interlocutore è diventato quello che per anni ha proposto soluzioni facili a problemi complessi. Ma le promesse sono fragili, i problemi no.