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November 27 2017
Se, in previsione della prossima tornata elettorale, fino ad oggi tutti i partiti hanno pensato a tessere le coalizioni, ora il tema è quello delle liste. Dopo il varo della mappa dei collegi elettorali da parte del governo la partita è quella di assicurarsi un posto in lista che assicuri un altro giro in Parlamento.
Per disegnare i 232 collegi uninominali della Camera si è partiti dalla legge Mattarella del 1993 con delle modifiche apportate in base ai dati Istat relativi alla popolazione rilevata all’ultimo censimento del 2011. Il risultato è che, rispetto alla situazione del 1993, 8 circoscrizioni hanno cambiato il numero dei collegi, e sono soprattutto al nord: ce ne sono due in più in Lombardia, in Veneto e in Emilia Romagna, mentre saranno 3 in meno in Basilicata, 2 in meno in Umbria, 1 in meno in Sicilia. Altre 12 circoscrizioni sono rimaste identiche al 1993 mentre in alcune si è trattato solo di ampliarne la dimensione per riportare alla soglia minima la quantità di popolazione adeguata al singolo collegio.
Il decreto legislativo varato il 23 novembre dal governo adesso andrà al vaglio delle commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato che con un parere, non vincolante, potranno chiedere alcune modifiche.
Una cosa è certa. Fino ad ora il Partito Democratico sembrerebbe quello più penalizzato seppure il Rosatellum porti il nome del capogruppo Pd e alla composizione della mappa dei collegi abbia partecipato lo staff della Sottosegretaria Maria Elena Boschi. Un po’ perché il Giglio magico chiede insistentemente una modifica sui collegi toscani, un po' perché per come è concepito il sistema elettorale il partito di Renzi rischia il ko in molte zone.
Ma per capire meglio è necessario fare un passo indietro.
Il Rosatellum infatti prevede un sistema elettorale misto, per un terzo maggioritario e due terzi proporzionale. Questo vuole dire che per i collegi uninominali si elegge solo il candidato che raccoglie più voti, mentre per la quota proporzionale si può arrivare fino a otto eletti. In questo contesto chi non può aspirare ad un posto da capolista, sta sgomitando per un posto ben posizionato al proporzionale e la truppa dei peones in queste ore sta sgomitando. I presenti raccontano di un Matteo Renzi che alla Leopolda si è mostrato nervoso per la composizione dei collegi e di file di parlamentari che lo hanno raggiunto nel privé, forse proprio per cominciare ad affrontare la questione ricandidatura.
Un risiko di posizionamenti che in queste ore sta interessando tutte le segreterie dei partiti.
Ma se Lega e Forza Italia, in ascesa nei sondaggi, sono certi di fare il pienone al nord, il Pd rischia di perdere anche l’Emilia Romagna e la Puglia. Luoghi dove il nuovo soggetto formato da Mdp - Sinistra italiana e Possibile potrebbero calare pezzi da novanta come Pier Luigi Bersani, Vasco Errani, Nichi Vendola andando a spaccare i consensi del centrosinistra, a favore di Forza Italia.
Quindi in simile contesto diventa strategico anche il posizionamento dei big nelle liste uninominali. Così la Boschi potrebbe finire in Campania dove probabilmente si troverebbe come diretta competitor Mara Carfagna, Renzi è quasi per scontato in Toscana (ma per l’attuale composizione dei collegi potrebbe concorrere nella provincia di Livorno, anzichè a Firenze), Deborah Serracchiani dovrebbe essere scontata in Friuli Venezia Giulia dove la prossima primavera lascerà il posto di Presidente di Regione.
Insomma, una volta che il decreto avrà passato il vaglio del Parlamento e il governo darà il via libera definitivo, si entrerà nel vivo della campagna elettorale per le elezioni politiche del 2018. Giusto il tempo di allestire l’albero di Natale e dal 9 dicembre si cominceranno a stilare le liste. Il tempo stringe e marzo è più vicino di quello che sembra.