«Imago Lux». Questa volta Angelini Sut ci sorprende con un nuovo thriller

Adriano Angelini Sut ci sorprende un'altra volta dopo tre prove tutte diverse tra loro: prima la vita di Jackie Kennedy raccontata in un'immaginaria autobiografia; poi la storia romanzata di Mary Shelley, la creatrice di Frankenstein; da ultimo (con candidatura allo Strega) un romanzo («L'ultimo singolo di Lucio Battisti») che accompagna le vicende di tre famiglie nell'Italia del secondo Novecento.

Stavolta la sfida («Imago Lux!, edizioni Ensemble) è quella di un thriller misterico centrato sulla figura di Eva Roscioli, psichiatra, la cui vita lungo almeno cinque decenni è tormentata da presenze e eventi - soprannaturali, ostili, cupi - che si manifestano dapprima devastando la vita di sua sorella e poi quella di sua nipote, e travolgendo, attraverso alterne vicende, le traiettorie esistenziali di molte persone innocenti e inconsapevoli.

Ci sono almeno tre piani per leggere e apprezzare in modo speciale questo lavoro. Il primo è quello puramente narrativo: la storia (che per evidenti ragioni non sveliamo) tiene avvinto il lettore, chiamato a districarsi tra personaggi positivi e figure assolutamente negative, oggetto – gli uni e le altre – di un trattamento non banale, sempre sfaccettato e complesso, ricco di nuances e sfumature, con il ricorso elegante a un grande classico, a un topos, e cioè ai bambini, ai ragazzi, e ancora di più a creature sensibili e apparentemente più delicate e fragili, come depositarie di una positività speciale, capaci di cogliere, intuire, illuminare, anche quando gli altri brancolano nel buio esistenziale.

Il secondo piano – direi filosofico – ha a che fare con la presenza del male accanto a noi. Inutile esorcizzare, anestetizzare, rimuovere, starei per dire "sanificare": la sfera umana è il campo di un'eterna battaglia tra bene e male, con un Dio, se non spettatore, quanto meno giudice distante e insondabile, e un'umanità condannata, per i più consapevoli, a una sfida costante, a una dimensione agonistica, a un confronto spesso impari con forze in grado di schiacciarci, e che possiamo solo avere l'illusione di allontanare o silenziare. Anche le guarigioni sono apparenti: «Loro sono sempre qui fuori», si legge in una delle pagine più illuminanti sul senso del romanzo. E dove siamo noi, come esseri umani? «Siamo in una colonia penale dominata dalla sofferenza».

Il terzo piano – storico – ha a che fare con il nostro tempo. È un romanzo scritto in questo anno di pandemia, e in mezzo a risposte delle autorità governative di buona parte del mondo che – si intuisce – ad Angelini non piacciono affatto, tanto quanto dissente dal coro uniforme e conformista della cultura «ufficiale». Anche per un uomo dell'Occidente, per un razionale, dunque - sembra suggerire l'autore -, l'attenzione alla tradizione e pure alla religione, custodire valori antichi, evitare che siano travolti e sradicati, significa preservare la forma e la sostanza di una civiltà sotto attacco, trasmettendo alle generazioni che verranno dopo di noi, nella staffetta del tempo e della storia, un testimone prezioso e fragile. Siamo in pericolo, grida Angelini Sut: specie se continuiamo a negare a noi stessi questa terribile evidenza.

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