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September 02 2015
Solo ieri la Corte europea dei diritti dell'Uomo di Strasburgo aveva condannato l'Italia per la detenzione "illegale" di tre migranti tunisini nel Centro di prima accoglienza di Lampedusa. E oggi la Corte di Giustizia Ue boccia la legge italiana che impone a cittadini extracomunitari richiedenti il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno, di pagare un contributo tra 80 e 200 euro. Secondo i giudici il costo è "sproporzionato rispetto alla finalità dalla normativa Ue, e può creare ostacoli all'esercizio dei diritti".
Costi sproporzionati
La Cgil e l'Inca (il patronato della Cgil) hanno chiesto al Tar del Lazio l'annullamento del decreto sul contributo per il rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno per cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo, facendo valere la natura sproporzionata del contributo. Il costo per il rilascio della carta d'identità in Italia ammonta a circa 10 euro. Poiché per il permesso di soggiorno l'importo più basso fissato è di 80 euro, l'onere economico imposto al cittadino dello Stato terzo per ottenere il rilascio del titolo è circa otto volte più alto. Il Tar del Lazio ha ritenuto che fosse necessario esaminare la compatibilità delle norme italiane con le disposizioni del diritto dell'Unione. La Corte di giustizia Ue, oltre a dichiarare che la legge Ue sullo status dei cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo "non ammette la normativa italiana" poiché "richiede un contributo sproporzionato", ricorda che "l'obiettivo principale della direttiva è l'integrazione". Inoltre, sebbene gli Stati membri abbiano un "margine discrezionale" per fissare l'importo dei contributi, "tale potere discrezionale non e' illimitato". D'altra parte, si aggiunge, l'incidenza economica del contributo italiano può essere considerevole, dato che il rinnovo dei permessi deve essere pagato di frequente.
La condanna per detenzione illegale
Ieri invece la Corte europea dei diritti dell'Uomo di Strasburgo ha condannato l'Italia per la detenzione "illegale" di tre migranti tunisini nel Centro di prima accoglienza di Lampedusa. Il ricorso si riferiva a fatti avvenuti nel settembre 2011, quando i tre erano stati prima trattenuti nel Centro di prima accoglienza dell'isola e poi caricati su navi-prigione a Palermo, in attesa del rimpatrio. I tre, si legge nella sentenza, "non furono informati dei motivi della loro detenzione" che risulta quindi "illegale".
Condizioni non umane
Inoltre "le condizioni di detenzione dei ricorrenti avevano ridotto la loro dignità umana". I tunisini erano stati rinchiusi nel Cpsa di Lampedusa fino agli scontri che ne avevano provocato la semidistruzione e anche sulla nave ormeggiata nel porto di Palermo avevano denunciato di esser stati trattati in modo umiliante, stipati in un salone e costretti a dormire per terra e con solo pochi minuti d'aria al giorno su un ponte dell'imbarcazione.
Espulsioni collettive
La Corte di Strasburgo rimprovera all'Italia anche la linea adottata dal governo Berlusconi in carica all'epoca dell'espulsione collettiva dei migranti. "Una procedura di identificazione non è sufficiente per negare che si operino espulsioni collettive", si legge nella sentenza. La sentenza condanna le autorità italiane pure per aver impedito ai tre tunisini (Saber Khlaifia, Fakhreddine Tabal e Mohamed Sfar) di beneficiare di alcuna possibilità di presentare ricorso contro la loro detenzione fino al rimpatrio, avvenuto alla fine del settembre 2011.
Per la Corte l'Italia ha violato l'articolo 5 della Convenzione europea per i Diritti dell'Uomo (diritto di libertà e sicurezza e diritto a diritto a chiara informazione), l'articolo 3 (divieto di trattamento disumano e degradante), dell'articolo 4 del IV protocollo (divieto di espulsioni collettive).
10mila euro di danni morali
La Corte ha quindi condannato l'Italia a risarcire per i danni morali con 10 mila euro a testa i tre tunisini, che furono salvati in mare e poi espulsi sulla base dell'accordo bilaterale con la Tunisia.
La sentenza diventerà definitiva fra tre mesi se le parti non richiederanno e otterranno un riesame.
Nel mirino dei togati sono finiti quindi
- il trattamento degradante subito nel centro di soccorso e prima accoglienza di Contrada Imbriacola, a Lampedusa;
- la violazione del loro diritto alla libertà e alla sicurezza per una detenzione non prevista da alcuna legge,
- per non essere stati informati dei motivi per cui erano trattenuti
- e per non essere potuti ricorrere davanti a un tribunale italiano.