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June 05 2018
Dopo l'Ungheria, anche la Slovenia sceglie le politiche anti-migranti. Alle elezioni di domenica ha vinto il partito Sds dell'ex premier Janez Jansa, che ha puntato la campagna elettorale sul contrasto all'immigrazione. L'esponente conservatore è alleato anche di Orban, al suo terzo mandato in Ungheria, dove è stata appena approvata una legge che punisce chi aiuta i migranti, in qualunque modo.
Le politiche migratorie sono diventate argomento principale nelle ultime ore anche in Italia, dove le dichiarazioni del neo ministro dell'Interno, Salvini, hanno avuto eco anche in Europa. L'ondata nazionalista preoccupa infatti Bruxelles e paesi come la Germania, dove l'estrema destra di Alternative fuer Deutchland (Afd) è la prima forza di opposizione al Parlamento tedesco e ha ottenuto la presidenze della Commissione Bilancio, che può ostacolare l'attività del Governo di Grande Coalizione.
Gli sloveni sembrano avere scelto il proprio futuro. Alle elezioni anticipate, convocate dopo che la Corte suprema aveva invalidato il referendum sul raddoppio di una tratta ferroviaria e la successiva crisi di Governo, il Partito democratico Sds ha avuto la meglio ai seggi. Si tratta di una formazione guidata dal 59enne conservatore Jenz Jansa, ex premier che ora torna a capo di un esecutivo dopo le dimissioni di Miro Cerar e quattro anni di governo di centro-sinistra.
Proprio la formazione di Cerar, Centro moderno, ha subito una brusca battuta d'arresto, collocandosi al terzo posto. Al di là dei numeri effettivi, dalle urne è uscito un messaggio chiaro: la Slovenia premia la campagna elettorale anti-migranti di Jansa, alleato di Orban. Il premier ungherese, al suo terzo mandato dopo le elezioni di aprile, lo avrebbe anche sostenuto nella raccolta fondi per presentarsi alle elezioni.
In comune i due politici hanno senz'altro una forte impronta sovranista, tesa a difendere gli interessi nazionali in aperto contrasto con l'Europa e soprattutto le politiche sulle quote dei migranti.
Già due volte primo Ministro (tra il 2004 e il 2013) il leader conservatore ha ricevuto anche il sostegno di Nova Sloveija (Nsi), che si colloca all'estrema destra e si è detta disponibile a entrare nel nuovo governo.
Rievocando lo slogan statunitense che ha portato Trump alla Casa Bianca, anche Jansa non ha esitato a far leva sui sentimenti (e risentimenti) nazionalisti del suo paese: il primo augurio, dopo aver votato lui stesso, è stato quello di "per mettere gli sloveni al primo posto, per dare priorità alla sicurezza e al benessere della Slovenia e dei suoi cittadini". "Non vediamo l'ora di iniziare" - ha dichiarato ancora Jansa - "Non abbiamo paura del domani, noi guardiamo avanti". Chiaro il riferimento alle politiche di accoglienza europea, contro le quali si è schierata buona parte dei paesi dell'Europa centro-orientale, a partire dall'Ungheria.
Proprio pochi giorni fa, Budapest ha approvato una legge, annunciata in campagna elettorale dal Premier Vicktor Orban, che punisce chiunque aiuti i migranti, che siano privati cittadini, sia che si tratti di organizzazioni senza scopo di lucro. Nel mirino le ong che fanno riferimento a Open Society Foundations, a cui fanno capo una serie di associazioni civili impegnate nel campo dell'istruzione, della giustizia, dell'informazione e del supporto umanitario anche dei migranti, creata da George Soros.
Non a caso la norma appena varata dal Parlamento magiaro porta il nome del finanziere, imprenditore e magnate ungherese, naturalizzato americano che, secondo Orban, è ideatore di un programma a sostegno di una "invasione islamica" in Europa. Obiettivo sarebbe la cancellazione dell'identità nazionale dei popoli da parte di masse di fede musulmana.
D'altro canto, il tema immigrazione è molto sentito in Slovenia dove, durante la crisi del 2015 che ha portato anche alla costruzione della barriera in Ungheria, si calcola siano transitati centinaia di migliaia di migranti provenienti da est e dai Balcani.
A imprimere una decisa svolta a destra, soprattutto sul tema dell'ingresso dei migranti e dei rifugiati extraeuropei, sono proprio i Paesi dell'est europeo, che si trovano sulle rotte dell'immigrazione, ovvero il cosiddetto quartetto Visegrad: Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia.
Si tratta di Stati con governi di destra, che originariamente si erano uniti in un'alleanza volta alla cooperazione soprattutto con l'obiettivo di entrare nell'Unione europea. Il nome deriva dalla cittadina ungherese di Visegrad, dove si incontrarono i capi di governo nel 1991. Nel tempo, però, e in particolare dal l'emergenza migranti di tre anni fa a unirli è la forte opposizione alle linee europee di accoglienza e redistribuzione dei richiedenti asilo, tramite quote.
A destare ulteriori timori è anche il recente riavvicinamento del fronte a est e alla Russia di Putin.
Anche l'Austria ha premiato le formazioni che si sono dichiarate a favore di una maggiore sicurezza dei confini nazionali in chiave anti-migranti e di maggior tutela del popolo austriaco. Il nuovo cancelliere austriaco, infatti, è dallo scorso ottobre Sebastian Kurz, 31enne, conservatore, definito da qualcuno il "Metternich del XXI secolo", nonché il più giovane cancelliere al mondo.
Al momento l'Austria non fa parte del Videsgrad e si distingue dai quattro paesi dello schieramento anche perché non fa parte come loro della Nato: da sempre difende la propria "neutralità". Ma a preoccupare alcuni osservatori è il fatto che dal 1° luglio Vienna assumerà la presidente del Consiglio Europeo.
L'orientamento del nuovo Governo, composto dal Partito Popolare (Ovp) e dai populisti di estrema destra del Partito della Libertà (Fpo), potrebbe voler esercitare un'influenza maggiore nell'ambito delle politiche migratorie comunitarie.
Non a caso Kurz ha applaudito alle dichiarazioni dell'attuale presidente del Consiglio Ue, Tusk, che qualche tempo fa ha sostenuto che occorre distogliere l'attenzione dalla redistribuzione dei profughi in Europa. "Ci impegniamo a cercare una stretta cooperazione con la Germania, la Francia e gli altri paesi. Ma allo stesso tempo, desideriamo anche coltivare buone relazioni con la parte orientale del continente" ha commentato il cancelliere tedesco.
Non è un caso, dunque, che nelle scorse ore sia giunto l'appello del Commissario europeo al Commercio, Moscovici, affinché a risolvere la questione migranti in modo "unitario" e "umano". Parole che sono state pronunciate proprio mentre il ministro dell'Interno, Salvini, da Pozzallo confermava che la "Sicilia non può essere il campo profughi d'Europa" e che occorrono "meno arrivi e più rimpatri".