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August 30 2017
Quella del 2017 verrà ricordata come l'estate degli incendi. Complice la siccità, ma molto più spesso a causa dell’intervento doloso dell’uomo, se ne sono andati in fumo in tutta Italia migliaia di ettari di superficie boschiva.
Secondo Legambiente sono bruciati 24.677 ettari di Zone di Protezione Speciale per tutelare l'avifauna, 22.399 dei Siti di importanza comunitaria e ben 21.204 ettari di parchi e aree protette, per un totale di 35.000 ettari.
Dal 19 agosto bruciano anche le montagne del Morrone, nel parco nazionale della Majella, in Abruzzo. Una nebbia densa e tossica ha invaso la valle Peligna, alle pendici del gruppo, fino alle strade di accesso delle zone di Sulmona e Pacentro.
A soffrirne di più sono le numerose aree di riserva naturale integrale, che ospitano specie protette sia animali che vegetali (queste ben 2.000), frutto di decine e decine di anni di protezione e di ripopolamento.
Le cifre sono devastanti come il fuoco che ha mangiato letteralmente gran parte della pineta e delle praterie sommitali, ovvero quelle che si trovano a una quota superiore a 1.500 metri e che ospitano gran parte della ricchezza biologica dell’area.
Si parla, finora, di oltre tremila ettari andati in fumo, il 5% dell’intera superficie del Parco. Ma oltre ai danni materiali, quelli che ci hanno rimesso di più sono le migliaia gli animali arsi vivi, selvatici e non, dai lupi, alle lucertole, alle mucche nei pascoli.
Considerato tra i più violenti incendi che nell’ultimo decennio ha devastato il Parco, negli anni ‘80 il Monte Morrone, oggi epicentro del rogo, si era trasformato in un vero inferno. Paragonabile a ciò che sta accadendo nel 2017.
Oltre ad essere un prezioso serbatoio di biodiversità che ospita numerose specie rare ed endemiche, il Monte Morrone è ricordato quale il luogo dove il frate divenuto poi papa Celestino V andava a pregare. Noto “come colui / che fece per viltade il gran rifiuto”, come lo indica Dante, che nella Divina Commedia lo colloca nell’Antinferno tra gli Ignavi, il papa fu eletto nel 1294 dimettendosi dopo pochi mesi, il 13 dicembre, non sopportando le pressioni di Carlo d’Angiò e dei faccendieri intenti ad approfittare della sua buona fede.
Adesso questa zona è chiusa a tutti e a tutto. Arde l'area protetta tra il moltiplicarsi delle accuse di ritardi e inadempienze. La montagna è interdetta perfino ai droni che, come ha raccontato il presidente della Regione - non posso intervenire a causa dell’intensità dei roghi.