Economia
September 25 2017
Un corto circuito burocratico-normativo tra Bruxelles e Roma blocca come un'ancora l'avvio concreto di una norma di incentivi all'innovazione nei trasporti potenzialmente preziosa. Si tratta degli incentivi Marebonus e Ferrobonus, teoricamente in vigore da gennaio, in concreto mai nati, previsti dal governo Gentiloni nella Legge di Stabilità 2017, con portata triennale e uno stanziamento da 180 milioni già su quest'anno, che avrebbero tutte le potenzialità di rilanciare il trasporto merci e sostenere la ripresa restituendo competitività (cioè: migliore efficienza a prezzi inferiori) alla nostra logistica.
Ma i regolamenti attuativi non sono ancora disponibili.
Contro questa impasse si sono schierati, in tandem, sia Confitarma – l'associazione degli armatori che aderisce a Confindustria e rappresenta il 95% del settore – sia soprattutto Alis, l'associazione trasversale tra tutti gli operatori della logistica (armatori ma anche autotrasportatori, spedizionieri, operatori di scalo eccetera) che in neanche un anno ha raccolto 1200 iscritti ed è presieduta da Guido Grimaldi.
Cos'è successo? In poche parole: il 19 dicembre del 2016 la Commissione europea diede il via libera agli incentivi proposti dall'Italia nella neonata legge di stabilità, condizionandoli, però, ad una condizione incomprensibile. Secondo Bruxelles, infatti gli incentivi devono essere pagati dal governo agli armatori, che poi però ne devono trasferire “almeno il 70% agli autotrasportatori”, e fin qui si capisce; poi l'Europa aggiunge che questo “aiuto” non può superare l’importo degli investimenti sostenuti dall’armatore per poter far accedere gli autotrasportatori all’incentivo. E qui non ci si capisce più niente.
Infatti, secondo le imprese italiane e gli armatori, siccome il “marebonus” è prevalentemente destinato agli autotrasportatori per incentivarli a imbarcare i loro camion sulle navi (risparmiando emissioni di Co2) e poichè gli armatori non ne devono beneficiare se non nella misura necessaria a compensare gli investimenti loro comportati dalla necessità di agevolare il maggior afflusso di camion, sarebbe logico dedurne che le compagnie di navigazione devono poter recuperare solo il costo degli investimenti effettuati per poter far accedere al Marebonus gli autotrasportatori.
Scendendo nel venale, questo ragionamento porta a numeri molto precisi: se i soldi stanziati ammontano a 100 euro, gli armatori dovrebbero investire non più di 30 per attivare l'incentivo di 70 milioni di euro a favore degli autotrasportatori, recuperando poi i 30 milioni spesi (al massimo) per gli investimenti. I rigoristi invece potrebbero dire che tutti e 100 i milioni sono un aiuto, ma che poi gli armatori recuperano solo 70 (i soldi trasferiti agli autotrasportatori) e devono autofinanziare i 30 spesi per rendere possibile ai trasportatori l'accesso all'incentivo.
C'è, evidentemente, una grande differenza. Che né il governo italiano né la Commissione europea chiariscono.
“Questo rinvio sta causando un danno incalcolabile all'economia del Paese”, ha denunciato Guido Grimaldi, presidente dell'Alis: “Gli operatori dell'autotrasporto hanno creduto fortemente al nuovo incentivo delineato dal governo”, continua, “al punto da indirizzare i propri investimenti verso un trasporto sempre più intermodale, come da direttiva del governo. A tutt'oggi è però impossibile comprendere le ragioni del ritardo e del permanere dell'incertezza sull'ammontare degli investimenti richiesti all Compagne di navigazione per poter accedere agli incentivi da trasferire successivamente in larga parte agli Autotrasportatori”.
Secondo l'Alis, è mancata “la giusta determinazione del Governo e la necessaria chiarezza. Bisogna liberare risorse e superare il nodo creato sul concetto di aiuto. Il buonsenso e la logica suggeriscono di insistere con la Comissione europea per far avere i finanziamenti direttamente agli Autotrasportatori, come previsto dal vecchio Ecobonus”.
Sempre secondo Alis e il suo presidente, le imprese dell'autotrasporto – se finanziate direttamente – utilizzerebbero il contributo in maniera neutrale, equa e intelligente. “Così la misura rappresenterebbe un ottimo incentivo per tutta la catena logistica e consentirebbe alle aziende dell'autotrasporto di scegliere, nel rispetto dei principi del mercato europeo, l'operatore marittimo con cui imbarcare”, osserva ancora Grimaldi. “Ad oggi si stanno invece vanificando tutte le buone intenzioni e il lavoro fin qui svolto. Si stanno creando evidenti disparità. Da una parte si danneggia la maggior parte degli operatori, dall'altra si avvantaggiano pochi privilegiati, finanziandoli con oltre 70 milioni di euro (il riferimento è all’incessante sovvenzione del turnaround di una Tirrenia che è stata privatizzata ma continua ad assorbire soldi pubblici, ndr). C'è chi garantisce e poi effettivamente fornisce prestazioni di qualità e chi si limita a ricevere senza poi onorare gli impegni. Si alterano così il mercato e la leale concorrenza, e si fanno crescere disparità quando si creano rendite di posizione, spesso inspiegate e ingiustificabili, e non chi ha investito”.