Le «belle inchieste» giornalistiche guardano sempre e solo a destra

Si parla tanto dell’inchiesta di Fanpage e dei suoi giornalisti che si sono infiltrati in alcuni gruppi giovanili legati a Fratelli d’Italia, filmando e registrando di nascosto riunioni, incontri, frasi, cori, parole. C’è chi sostiene che i mezzi scelti dai cronisti della testata non siano corretti, che si sia andati oltre alcune regole non scritte, e chi invece difende l’operato, anzi, lo loda, in nome della libertà di informazione.

Mi viene difficile stabilire se esista un limite e se in questo caso sia stato superato. Ma di sicuro da oggi abbiamo un precedente, che in realtà non è nemmeno il primo. Da oggi quindi è lecito infiltrarsi ovunque e registrare chiunque alla caccia in ore ed ore di registrazione della frase giusta per «fare notizia».

Quindi oggi attenti in ogni riunione di partito, ma anche in quelle di redazione. Cosa succederebbe se da oggi si registrassero tutte le quotidiane riunioni per la scaletta di un telegiornale o per il timone di un quotidiano. Occhi aperti anche nei consigli di amministrazione delle grandi aziende, come negli spogliatoi delle squadre di calcio, nei dietro le quinte di attori ed attrici del cinema come delle soubrette della tv. Ma attenti anche alla vita privata, a quella persona che magari un amico porta ad un tavolo al ristorante; che ne sappiamo se dietro non ci sia non uno qualunque ma un microfonato cronista alla caccia di una notizia e di un po’ di visibilità e gloria.

Da oggi chiunque abbia un briciolo di notorietà taccia, non parli, non proferisca verbo se non su questioni marginali: la nazionale di calcio, la scuola dei bambini, il meteo, senza ovviamente lasciarsi andare a giudizi troppo diretti e decisi; si resti sul vago, per evitare guai, anzi, per evitare di essere «rovinati».

C’è però un’altra cosa che non possiamo negare di queste «inchieste»: sono sempre e solo contro la destra. Prima contro Berlusconi, poi all’epoca d’oro di Salvini contro la Lega, ed oggi contro Fratelli d’Italia. Mai una volta, una, che il cronista abbia deciso di addentrarsi in un centro sociale, o in una riunione di un gruppo di anarchici o black block prima di una manifestazione. Mai che si sia colpito qualcuno dentro al Nazareno dove correnti e spifferi non mancano di certo. Mai che si sia colpito qualche fine intellettuale o industriale vicino alla sinistra. No; il marcio si cerca sempre e solo a destra, come se fosse solo lì.

Eppure sarebbe facile scoprire cose poco corrette anche da quella parte, basta andare sui social ma non solo dove in tanti si augurano una nuova Piazzale Loreto per la premier (ultima, l’on grillina Susanna Cerchi), dove c’è chi dice che picchiare un fascista non è un reato (Christian Raimo, scrittore ed insegnante, in tv, poche settimane fa), per non parlare dei cori in alcune manifestazioni antifasciste (ad esempio, Firenze, Novembre 2023) in cui si cantava allegramente «uccidere un fascista non è reato». Ma su questo si tace, si guarda dall’altra parte credo in fondo perché «chi tace, acconsente»

Le inchieste sono una delle sfaccettature del lavoro di un giornalista. Una parte importante, come l’imparzialità. Che fa rima con credibilità.

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