Economia
March 02 2023
L’inflazione scende in Italia (dal 10 al 9,2%) e in Eurozona frena all’8,5%. Un rallentamento dei prezzi al consumo dettato soprattutto dalla decelerazione di quelli dei beni energetici, dopo il boom degli ultimi mesi. E ora? Come si muoverà la Banca centrale Europea? A metà marzo è previsto un rialzo di mezzo punto dei tassi di interesse e la presidente della Bce Christine Lagarde aveva dichiarato “possibili ulteriori rialzi dopo marzo, a seconda dei dati macroenomici”. I dati di Eurostat (il più monitorato da Francoforte) e dell’Italia e degli altri Paesi europei come entreranno nel dilemma tra falchi e colombe della Bce, che ha l’obiettivo del 2% (ancora molto lontano)?
Partiamo dall’Italia, dove le stime preliminari dell’Istat ci dicono che a febbraio si consolida la fase di rapido rallentamento dell’inflazione. Dal +10% di gennaio scende a +9,2% a febbraio su base annua (+0,3% su base mensile). Il rallentamento è dovuto alla flessione dei prezzi dei beni energetici regolamentati (da -12,0% a -16,7%) e non (da +59,3% a +40,8%). Ma sono in accelerazione i prezzi degli alimentari: quelli lavorati (da +14,9% a +16,2%) e non lavorati (da +8,0% a +8,4%). Il carello della spesa registra un aumento di 1 punto percentuale: +13% per beni alimentari, per la cura della casa e della persona (era +12% a gennaio).
Un rallentamento si registra anche nell’area Euro. L’inflazione scende (stima Eurostat) all’8,5% in febbraio, rispetto all’8,6% di gennaio. Anche in questo caso (come in Italia) sono i prodotti alimentari quelli dove il segno più è maggiore (dal 14,1% di gennaio al 15% di febbraio). A seguire i prodotti energetici (13,7%, rispetto al 18,9% di gennaio), poi i beni industriali non energetici (6,8%, rispetto al 6,7% di gennaio) e i servizi (4,8%, rispetto al 4,4% di gennaio).
Nei giorni scorsi erano arrivati i dati sopra le attese dell’inflazione per Francia, Spagna e Germania. In Francia dopo due mesi di rallentamento si segnala +6,2% su base annua (lo 0,1% più del previsto) e in Spagna +6,1% (contro il 5,8% di gennaio). Beni alimentari sono i principali fattori in questi Paesi a rallentare il calo dell’inflazione, così come in Germania dove resta ferma a febbraio all’8,7%, ma il costo per i beni alimentari ha registrato (+21,8%).
Rallentamento, dunque, ma non disinflazione (spiegano gli analisti) e non sembra vicino quindi un allentamento della stretta monetaria della Bce. Joachim Nagel, presidente della Bundesbank tedesca (e uno dei membri più falchi della Bce) ha subito ribadito la sua convinzione sulla necessità di continuare ad alzare i tassi. Il capo di Banca d’Italia Ignazio Visco ha concordato sull’opportunità di continuare: “Non c’è dubbio che l’inasprimento dell’orientamento monetario dell’area dell’euro debba continuare per garantire che un aumento temporaneo dell’inflazione causato da uno shock dell’offerta non diventi un fenomeno più persistente sostenuto da fattori di domanda”, ha dichiarato il Governatore. La posizione della Banca centrale italiana è però più orientata a un bilanciamento tra il fare troppo poco e fare troppo (irrigidimento eccessivo) e sottolinea inoltre la necessità di lavorare sui rinnovi dei contratti per raggiungere la “stabilità dei prezzi”