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Economia

L'inflazione cala, ma potrebbe scendere più in fretta se non ci fosse chi se ne approfitta

L’inflazione sta andando nella giusta direzione. Per le famiglie italiane il sollievo economico è però ancora lontano. Secondo le stime pubblicate da Bankitalia l’inflazione è stimata al 6% nel 2023, per poi collocarsi in media sotto al 2% nel triennio 2024 -2026. La discesa rifletterebbe il netto ridimensionamento dei prezzi delle materie prime e dei prodotti intermedi, solo in parte compensato dall'accelerazione delle retribuzioni (previste in aumento di circa il 3,5% all'anno in media nel triennio 24-'26). Dati che se confrontati con le previsioni di ottobre di via Nazionale, risultano essere positivi visto che l'Inflazione al consumo viene rivista al ribasso in tutto il triennio 2023-2025 e in misura particolarmente marcata nel 2024, per 0,5 punti percentuale.

Focalizzandoci sul mese di novembre l’inflazione scende allo 0,7% , tornando a livelli prossimi a quelli del febbraio 2021 (+0,6%). L'ulteriore calo del tasso di Inflazione, commenta l'Istat, "risente ancora del favorevole andamento dei prezzi dei beni energetici, che a novembre evidenziano una netta flessione sul pianoforte congiunturale”. Un contributo al rallentamento dell'inflazione si deve inoltre alla dinamica dei prezzi di alcune tipologie di servizi (ricreativi, culturali e per la cura della persona e di trasporto) e alla nuova decelerazione dei prezzi degli alimentari (+5,8%), in particolare della componente lavorata, che esercita un freno alla crescita su base annua dei prezzi del "carrello della spesa" (+5,4%). Dato interessante è poi quello sull’inflazione di fondo, la più resiliente, che a novembre si attesta al 3,6%, in calo, rispetto al precedente 4,2%.

Sembrerebbe dunque tutto perfetto se non fosse che i prezzi, su molti beni, continuano a restare alti. Se si confronta l’indice generale dei prezzi al consumo, anno su anno, questo risulta essere in crescita visto che è passato da un +0,5 ad un + 0,7%. Rispetto ad ottobre 2023 la frena c’è stata (da un +1,7 ad un + 0,7%), ma osservando le varie sottocategorie di prodotto si può notare come questo calo sia legato all’ampliamento della flessione dei prezzi della divisione di spesa abitazione, acqua, elettricità e combustibili (da -17,5% a -19,9%) e alla decelerazione dei prezzi delle divisioni trasporti (da +5,2% a +3,4%), servizi ricettivi e di ristorazione (da +6,2% a +5,1%). Decelerano,poi, in misura molto più contenuta, invece i prezzi dei prodotti alimentari e bevande analcoliche (da +6,5% a +5,9%), di mobili, articoli e servizi per la casa (da +4,1% a +3,5 %) e di comunicazioni (da -0,8% a -1,3%). Secondo Coldiretti tra i beni alimentari si riscontra una contrazione di quelli lavorati, mentre per quelli non lavorati si registra un'accelerazione (+5,6%), su cui incide principalmente la spinta all'aumento dei prezzi dei vegetali del +7,6% e della frutta con +10,4%, mentre i produttori agricoli non coprono i costi di produzione. Questo significa che ancora una volta le imprese sono state molto reattive nell’aumentare i prezzi e poco, adesso, ad abbassarli. Nulla di così nuovo dato che questa tendenza era stata evidenziata a giugno anche dalla stessa Bce che in suo studio aveva trovato come i margini unitari delle imprese fossero in forte crescita, negli ultimi trimestri. In pratica, a fronte dei rincari dei costi, molte imprese invece di assorbire in parte questi aumenti, sfruttando i margini, hanno alzato i prezzi. Il risultato e che hanno costantemente aumentato i loro profitti,a discapito dei consumatori. Dinamica che adesso deve essere invertita, visto che le scuse dell’inflazione e del costo dei beni energetici stanno svanendo.

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