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February 25 2019
Milano ad aprire la strada, poi toccherà a Londra ad aprile. Ma le città diesel-free stile area B sono destinate a moltiplicarsi. Per motivi ecologici ma anche economici. I conti sono presto fatti: guidare in maniera più green costa di più. A sostituire la quota di auto a diesel saranno in futuro in gran parte i veicoli elettrici, su cui le aziende stanno investendo risorse e ricerche: ma davvero non faranno male alla salute?
A porsi queste domande è il team che ha studiato il dieselgate e che lavora a due passi da Varese, nel Centro di ricerche Europeo di Ispra. Se le auto elettriche, infatti, riducono i rischi connessi alle emissioni di particolato nell'aria (non le annullano perchè gran parte delle polveri sottili derivano ormai dal sistema frenante), è vero che, d'altro canto portano invece a generale campi magnetici. Pensiamo a quando un'auto elettrica è in ricarica: anche le colonnine veloci di nuova generazione impiegano almeno 15 minuti per una ricarica completa.
Cosa succede nel frattempo? Si genera un campo magnetico, non proprio un toccasana per il sistema nervoso. I test fatti fino ad ora ci dicono che le colonnine di ricarica sono ben schermate, tranne in alcuni punti a rischio. Basta in teoria non stare troppo vicini. Ma cosa succederà quando le colonnine di ricarica si moltiplicheranno a dismisura per coprire le esigenze di molti più veicoli? Per ora possiamo solo fare ipotesi.
“Nulla ci dice per ora che ci siano problemi – spiega Giorgio Martini, capo Unità Trasporti Sostenibili – ma la verità è che studi sul campo a larga scala non ce ne sono”. Niente di cui allarmarsi, ma tenere gli occhi aperti sì. “Il problema che dobbiamo porci è se i test che la legge oggi prevede sono quelli giusti da fare. O se servono norme nuove”.
Ecco perchè in questi laboratori si stanno facendo esami anche non previsti dalle normative, per capire se c'è e dove sta il problema. Lo stesso sistema che ha portato alla luce come i test fatti in laboratorio per i veicoli diesel nulla dicevano di come si comportano su strada, facendo venire a galla il vero problema.
Con i veicoli elettrici l'obbiettivo è non commettere lo stesso errore: sapere cosa cercare per capire se davvero sono così green. Un esempio? Una norma ad hoc per i test di veicoli elettrici non c'è, quindi la normativa oggi prevede gli esami di laboratorio per verificare i campi elettrici prima di mettere un'auto in strada si eseguano indirizzando i sensori verso la parte posteriore.
La legge è nata quando le parti elettriche delle auto a dare problemi erano spinterogeno e candele, le stesse che interferivano facendo gracchiare le vecchie autoradio. Peccato che oggi non tutti i veicoli elettrici sviluppino il picco di emissioni proprio nella parte posteriore dell'auto. Ma la norma per avere il via libera alla messa in commercio è ancora quella.
Così per altri casi, in cui ancora una volta si usano vecchie norme per testare nuovi prodotti. Anche per le colonnine di ricarica non esiste un test ad hoc. Si utilizzano quelli generici degli apparecchio ad emissione elettromagnetica che rilevano la media delle emissioni. Ma nel caso delle colonnine servirebbe rilevare piuttosto i punti di picco a cui non avvicinarsi o da schermare meglio.
In attesa della svolta e, si spera, di leggi che ne prendano atto, nel frattempo sul banco degli imputati finiscono le auto diesel. “Quelli di oggi non sono più quelli di quarant'anni fa”, spiega ancora Martini, che pure ha messo a punto con il suo team il meccanismo che ne ha svelato ogni pecca.
Oggi i diesel sono supercontrallati e testati. Ma forse proprio per questo sempre meno convenienti, tra analisi di laboratorio, scatole nere antiemissioni e, da settembre 2020, con l'obbligo di ritiri e controlli periodici a carico delle case automobilistiche. Secondo la norma europea nata dal Dieselgate, infatti, le auto diesel dovranno essere controllate periodicamente ad una ad una per verificare il comportamento su strada e quante polvere sottili realmente stanno producendo. Un enorme lavoro e un'enorme spesa che le rende, molto più delle polveri che emettono, poco convincenti e poco convenienti.
Anche perchè, come sta sempre più emergendo da tutti gli studi in corso, il nemico di un'aria più pulita sta diventando il sistema frenante, che di polveri ne emette parecchie.
In questo caso la prima soluzione sarebbe a portata di tutti: una guida più attenta e più fluida, anche a costo di costarci un po' di più al distributore. Ma questo è un prezzo che siamo disposti a pagare?