L'intelligenza Artificiale sul riconoscimento dei sosia può sbagliare

Spesso si è parlato di sosia, anche in ambito politico, come nel caso del Presidente russo Vladimir Putin. Con Alessandro Bessi, esperto in Intelligenza Artificiale, abbiamo analizzato i motivi per cui l’AI non ha effettiva affidabilità nel riconoscimento di fantomatici sosia, a differenza della maggiore attendibilità dell’Analisi Scientifica del Linguaggio Non Verbale.

L'intelligenza artificiale (IA), pur avendo aperto nuove visioni in diversi ambiti, ha al contempo introdotto complessità, incertezze e problemi di diversa natura. Questo sia per quanto concerne l’Intelligenza Artificiale Generativa di ChatGPT, sia per gli algoritmi utilizzati nel campo della verifica dell'identità attraverso il riconoscimento facciale. L'idea di utilizzare l'IA per identificare i sosia di personaggi noti, sebbene affascinante, è caratterizzata da problemi che sollevano interrogativi sull’affidabilità e l'etica di tali pratiche.

Nonostante i significativi progressi degli ultimi anni, principalmente guidati dall'evoluzione del deep learning, cioè l'insieme di tecniche che utilizzano le reti neurali per apprendere dai dati, la tecnologia di verifica facciale deve ancora affrontare una serie di sfide tecniche. Infatti, la precisione delle reti neurali convoluzionali, ovvero una specifica classe di reti che ha dato ottimi risultati nel campo della computer vision, può essere facilmente influenzata dalle diverse pose che un soggetto può assumere e dalle condizioni di illuminazione. La tecnologia può eccellere in condizioni controllate, ma le situazioni del mondo reale raramente sono così favorevoli. Inoltre, i cambiamenti naturali dovuti all'invecchiamento, alle variazioni di peso e alle modifiche causate dalle condizioni di salute possono alterare tratti del viso e aggiungere un ulteriore livello di difficoltà. Infine, la qualità dell'immagine è cruciale: immagini a bassa risoluzione potrebbero facilmente portare a errori di identificazione.

Consapevoli di tutte queste problematiche va ricordato l'adagio dell’astronomo e divulgatore Carl Sagan: “affermazioni straordinarie richiedono prove straordinarie”. Per cui, quando un algoritmo di IA indica solo un 53% di corrispondenza tra due foto della stessa persona, la deduzione più logica suggerirebbe una scarsa accuratezza dell'algoritmo piuttosto che l'esistenza di un sosia.

Il confirmation bias, cioè la tendenza umana a privilegiare informazioni che confermino credenze o ipotesi preesistenti, complica ulteriormente questo scenario. Le persone rischiano di porre una ingiustificata fiducia sui risultati prodotti dall’Intelligenza Artificiale, semplicemente perché questi avvalorerebbero i propri sospetti, andando ad alimentare teorie infondate. In un'epoca caratterizzata dalla diffusione di fake news, certe affermazioni possono essere strumentalizzate a fini propagandistici, per minare la credibilità di un personaggio pubblico o aumentare le ostilità tra fazioni in una società estremamente polarizzata.

Rispetto al riconoscimento facciale ad opera dell’AI, risulterebbe maggiormente attendibile l’Analisi Scientifica del Linguaggio Non Verbale. Questa metodologia si basa sulla codifica e decodifica delle microespressioni, della durata massima di 24 millisecondi, prodotte nel momento in cui il messaggio proveniente dall’organo di senso giunge al cervello, nella fattispecie all’amigdala. L’amigdala risponde con un’emozione a qualsiasi stimolazione proveniente sia dall’esterno che dall’interno, inviando successivamente alla corteccia un messaggio a cui seguirà una risposta di ordine comportamentale. Questo sta a significare che, dinanzi a qualsiasi stimolazione, la prima risposta sarà di ordine emotivo e la corrispondente microespressione non potrà essere controllata. Inoltre, il fatto che la risposta comportamentale giunga solo successivamente a quella emotiva ci fornisce misura di quanto l'emozione provata e, conseguentemente, la corrispondente microespressione, non possa essere né controllata né simulata. Ogni persona, reagendo in maniera univoca alle stimolazioni, rende impossibile la simulazione della microespressione altrui, fornendo così un criterio di attendibilità rispetto all’unicità della risposta emotiva del soggetto.

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