Calcio
December 09 2020
Niente biscotto e niente miracolo. Niente di niente. L'Inter si schianta sulla difesa dello Shakhtar Donetsk e sulle proprie debolezze e per il terzo anno di fila chiude ai gironi l'avventura in Champions League con l'aggravante questa volta di averlo fatto da ultima nel gruppo (quindi senza la scappatoia dell'Europa Lague), contro avversarie non trascendentali compreso il Real Madrid e, soprattutto, facendosi scivolare via la situazione, partita dopo partita. L'Inter esce con pieno merito. Inutile che si ragioni intorno a pali, traverse, episodi arbitrali, infortuni e Covid: anche le altre hanno avuto i loro problemi e sono state capaci di affrontarli e superarli con coerenza. Conte no e il fallimento europeo nella stagione che doveva segnare la salita di un altro gradino nel progetto è prima di tutto un suo fallimento.
Lungo le settimane della Champions League il tecnico ha variamente giustificato sconfitte e pareggi. Ha detto che il Real Madrid è più forte quando i madrileni si sono presentati a San Siro in ginocchio per le assenze degli uomini chiave. Ha dipinto lo Shakhtar e il Borussia Moenchengladbach come realtà superiori a quello che sono, mentre nella realtà ha dovuto affrontare un girone molto equilibrato ma complessivamente al ribasso. Senza fuoriclasse e senza un dominatore. Niente a che vedere con l'accoppiata Barcellona-Tottenham fatale a Spalletti o anche con quella Barcellona-Borussia Dortmund dell'anno scorso. C'è un filo che lega le tre eliminazioni interiste: tutte sono arrivate all'ultima giornata, giocando in casa con la chance di andare avanti vincendo. In tutti i casi i nerazzurri hanno fallito l'obiettivo, ma questa volta a Conte erano stati dati gli uomini d'esperienza richiesti per navigare nel mare della Champions League.
Per spiegare il ko l'allenatore ha evocato la sfortuna ("Incredibile non aver segnato in 180 minuti con il portiere avversario migliore in campo"), gli arbitri ("L'Inter non è stata rispettata") e la mancanza di alternative nei momenti chiave, buttata lì tra le righe parlando delle sostituzioni. I numeri dicono che ha fatto 6 punti in 6 partite, non ha mai vinto a San Siro, non ha fatto mai gol contro lo Shakhtar Donetsk che dal Borussia Moenchengladbach ne ha incassati 10 e si è sciolta al cospetto di un Real Madrid senza Benzema, Sergio Ramos e altri protagonisti. Difficile difendersi con sfortuna e arbitri. Difficile sostenere di aver avuto da Suning una squadra non all'altezza di tedeschi e ucraini o dello stesso Real Madrid che nell'ultima estate ha speso zero euro (zero!) sul mercato perché impossibilitato causa crisi.
Dopo le baruffe estive Conte è rimasto per far crescere l'Inter. Certo, ha campionato e Coppa Italia dove potrà sfruttare l'assenza di altri impegni mentre le altre saranno obnubilate dalla fatica. Ma il fallimento europeo resta, non giustifica i 12 milioni di stipendio che la famiglia Zhang gli passa (stare fuori dall'Europa è un danno da almeno 15), allunga la serie delle sue delusioni in Champions League e sporca il suo curriculum di grande tecnico. Serve reazione subito. E comprendere anche che i processi sono legittimi vista la portata del default.