Inter, viaggio nelle difficoltà di una stagione nata male

Il campanello d’allarme era già suonato in tre situazioni. A Marassi l’Inter aveva lasciato due punti al Genoa riempiendo la partita d’esordio di errori, individuali e di squadra, con un approccio da gruppo ancora in vacanza. Contro il Lecce – match vinto quasi per inerzia – la prestazione era stata di molto sotto il livello di intensità abituale e a Monza i nerazzurri avevano replicato la partita “piatta” salvandosi solo nell’assalto finale grazie ai cambi. Alcuni, a dire il vero, discutibili così come discussi sono quelli del derby che Inzaghi ha fotografato alla perfezione dopo (“Siamo tati troppo molli, non una squadra”) dopo non essere stato capace a leggere prima i segnali preoccupanti. E’ vero che contro Atalanta e Manchester City l’Inter è stata sontuosa, ma proprio questa alternanza di rendimento deve essere al centro del ragionamento aperto dalla sconfitta in un derby che sembrava segnato, contro un avversario in crisi e teoricamente pronto a crollare implodendo su se stesso e su una stagione in salita.

Ha vinto il Milan, Fonseca ha battuto nettamente Inzaghi nel confronto tra panchine e lo ha affiancato in una classifica che resta l’ultimo dei problemi per i campioni d’Italia. Nessuno corre, tutti vanno al passo pur non potendo far finta di sapere che le altre big hanno l’alibi solido di dover mettere insieme progetti nuovi mentre l’Inter non ha cambiato quasi nulla e semmai ha aggiunto qualità e profondità alla rosa dello scudetto della seconda stella.

Qual è il male che affligge i nerazzurri in questo avvio di campionato? Messi insieme tutti i sintomi si può stilare una diagnosi in cinque punti. Inzaghi ha tempo per intervenire e rimane il faro della corsa scudetto, ma ha anche l’urgenza di invertire in fretta alcune tendenze che si stanno consolidando:

1 – L’Inter manca di intensità e ferocia agonistica quando l’impegno è considerato routinario, come se la vittoria dovesse arrivare per diritto divino. E’ il rischio che corre chi ha dominato la stagione prima e pensa di potersi ripetere senza faticare ogni singola partita. Costa punti pesanti in classifica ed è una questione mentale: l’obiettivo numero uno non può essere la Champions League;

2 – Contro squadre che si chiudono facendo densità l’Inter fa più fatica a imporre il proprio gioco. Ci sta che i tecnici avversari, soprattutto in Italia, abbiano imparato a riconoscere alcune linee di calcio di Inzaghi e non si facciano sorprendere mentre in Europa o contro le big che ti attaccano tutto sia più semplice. E se manca l’intensità…

3 – Alcuni giocatori sono sottotono. Il caso più eclatante è quello di Mkhitaryan, l’equilibratore cui Inzaghi rinuncia il minimo indispensabile ma che in questa stagione è ancora lontano dal rendimento abituale. Anche in difesa qualche scricchiolio di troppo s’è registrato. Attenzione: i nerazzurri hanno un’età media elevata e spesso il crollo delle prestazioni nei più esperti è verticale e non progressivo;

4 – Lautaro Martinez non è lui. Non è solo un problema di gol che manca (ancora a secco), ma anche e soprattutto di condizione fisica. Lento, pesante, si sorregge sull’enorme carattere e sulla capacità di leggere i movimenti della partita – come dimostra l’assist a Dimarco nel derby -, ma avrebbe bisogno di un periodo di preparazione dedicato per tirarsi a lucido. E in panchina c’è Taremi che potrebbe aiutare se…

5 – Inzaghi ha a disposizione praticamente due squadre da alternare. E’ un vantaggio, ma si porta in dote anche il rischio di sbagliare a miscelare gli ingredienti. Non tutte le alternative sono a livello dei titolari, però, e va considerato ad esempio se sia il caso di rinunciare contemporaneamente a Barella e Calhanoglu o se non convenga gestire il turn over tenendo dei punti fermi e facendo ruotare il resto intorno.

Il ko nel derby potrà essere digerito nell’ultima settimana senza impegni per molto tempo. Il calendario non è amico: a Udine l’Inter deve svoltare su un campo tradizionalmente durissimo, poi Stella Rossa e Torino prima di una sosta che porterà al trittico Roma-Young Boys-Juventus. Il bilancio è negativo: 8 punti in 5 giornate è troppo poco per chi partiva da una base solida. Tradotto: il tempo per accendere la scintilla è poco e non va più perso.

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