Calcio
September 14 2023
Inter e Milan non sono mai state così distanti tra loro. Nemmeno nelle notti in cui in palio c'era l'accesso a una finale di Champions League, non nel maggio 2003 e nemmeno pochi mesi quando pure il gelo era già calato. Rivali, non nemiche. Divise, però, su tutto dopo aver camminato a braccetto per anni anche a costo di scontentare la pancia dei tifosi più oltranzisti che avrebbero preferito già da subito l'avvio delle pratiche di divorzio rispetto al club rivale. Inter e Milan arrivano così a un derby per certi versi storico. Non è mai successo che si incontrassero da prime della classe da sole - pur scontando il fatto che siamo appena a inizio settembre - e non è mai accaduto che in uno stesso anno solare si disputassero ben 5 stracittadine.
Con altri 102 punti a disposizione al fischio finale del signor Sozza (nato a Milano e anche questa è una prima volta, quella di un arbitro milanese per il derby della Madonnina), è impossibile definire la sfida come decisiva nella corsa scudetto. Mai come questa volta, però, l'esito peserà nella testa delle squadre e sull'orgoglio delle proprietà. Zhang e Cardinale sono divisi su tutto. Il filo dell'alleanza sul nuovo San Siro, che aveva resistito al logorio del tempo per tre lunghi anni, si è spezzato in un attimo quando i destini delle due società si sono divisi.
E' stato Gerry Cardinale a staccare la spina, anche prima che il nodo del vincolo in arrivo a firma della Soprintendenza sul vecchio San Siro rendesse tutto più complicato. Nella sua visione non c'era spazio per un impianto condiviso con l'Inter e così ha iniziato a lavorare per mettersi in proprio. Il luogo del destino è San Donato Milanese, fuori dalle mura della città dove andrà anche l'Inter che ha scelto Rozzano e avviato l'iter burocratico. Il Meazza così come lo conosciamo ha i mesi contati, pasticcio di politica e burocrazia all'italiana di cui qualcuno dovrà rispondere una volta che lo stadio che ha visto 4 finali di Coppa dei Campioni o Champions League (la quinta è in arrivo) diventerà una cattedrale nel deserto.
Steven Zhang sta vivendo un paradosso. Sul campo la sua Inter è dominante rispetto ai cugini e nel 2023 ha fatto finora filotto nei derby, portandosi a casa una Supercoppa italiana e il biglietto per Istanbul. Nei conti, invece, insegue perché le scadenze all'orizzonte gettano più di un'ombra sulla proprietà cinese: nella prossima primavera scadrà il prestito con Oaktree che va rifinanziato, non a prezzo di favore. Le voci sulla volontà di cedere il club si rincorrono, nonostante le puntuali smentite. I dirigenti sono ormai da anni impegnati nella difficile opera di tagliare i costi, auto finanziare gli investimenti e garantire competitività. Un dato? Nell'ultima sessione estiva il Milan è stata la società che più ha speso rispetto a quanto incassato (35 milioni di euro). L'Inter ha dovuto rimanere in equilibrio.
Negli ultimi incroci a San Siro i due protagonisti, Cardinale e Zhang, non si sono degnati di uno sguardo. Cancellati anche tutti gli appuntamenti veri o potenziali in agenda. Il gelo è calato sui rapporti a livello istituzionale non coinvolgendo, per ora, i due staff tecnici. La verità è che Milano calcistica sta attraversando un momento di discreta grazia e questo campionato promette di trasformarsi in una lunga volata rosso-nerazzurra per il titolo. Entrambe puntano alla seconda stella e a garantirsi la supremazia cittadina, altro pepe su questo e sui prossimi derby.
E poi? Le strade sono divise irrimediabilmente. A Rozzano l'Inter progetta un impianto da 70mila posti immerso nel verde, con intorno una cittadella dello sport, negozi e servizi. A San Donato Milanese il Milan sogna uno stadio su due anelli, capienza simile all'attuale San Siro, Museo e un polo attrattivo 365 giorni all'anno. La scommessa per tutti è che ci sia spazio. In Europa succede, in Italia chissà. Ora, però, le milanesi marciano divise con sul calendario cerchiata in rosso la data del 2028, scadenza scelta per rendere definitivo il divorzio e aprirsi al futuro.