Lifestyle
September 20 2013
È il tema del giorno e non potrebbe essere altrimenti: Moratti passa la mano e si fa da parte. Arriva Erick Thohir e si prende il 70% del pacchetto azionario per un valore stimato in 250 milioni circa. Gli ultimi nodi dell'affare sono stati sciolti a Parigi e allora - mancano solo firme e annuncio - viene da chiedersi: l'uscita di Moratti è un bene o un male per il calcio italiano?
Nel venerdì di discussione in Lega sul tema diritti televisivi, campeggia inevitabilmente il quesito principe.
Parte Tommaso Ghirardi, presidente del Parma, che non nasconde il dispiacere per questa decisione: "Personalmente mi dispiace perché Moratti ha fatto tanto nel calcio. Però, d'altra parte, significa che in Italia si comincia ad essere interessati e sono interessate quelle che ormai sono le potenze del mondo, l'Oriente, l'Asia ecc... La famiglia Moratti ha fatto tanto per il calcio italiano, per lo sport e c'è tristezza. Però, da imprenditore, sono contento che si aprano altri scenari”.
"È un passo avanti per il calcio italiano? Assolutamente - continua Ghirardi -, se guardiamo alla premier League credo che di presidenti inglesi ce ne siano due o tre, quindi vuol dire che là c'è già un mercato più globalizzato e un'economia aperta a livello mondiale. E in Italia, se continuiamo a guardare solo all'economia interna, siamo messi male".
Dispiacere, tanto, per una pagina tutta italiana che si chiude, ma la consapevolezza, altrettanta, che la scelta sia quella giusta in un momento in cui gli introiti dei soli diritti televisivi - che rappresentano il 65% dell'intero fatturato della serie A - sembrano non bastare più.
Quindi scelta obbligata, ma giusta? "Non so se la parola costretto sia quella adatta - spiega Enrico Preziosi -, sicuramente dispiace per il passaggio di proprietà; però fa piacere vedere investimenti nel nostro calcio, in Inghilterra nessuno si fa domande di questo tipo quando portano i soldi. Sicuramente è un impulso in più: in Inghilterra investono gli sceicchi, qui investono gli indonesiani e forse un domani anche i cinesi; e saremmo contenti". Apertura, da parte dell'establishment del calcio italiano. Mancano le risorse e allora gli investitori stranieri sono la strada più rapida e logica da seguire, sulla falsa riga delle altre grandi leghe calcistiche europee.
Arriva Angelo Mario Moratti, uno dei protagonisti della vicenda, e c'è spazio solo per una battuta: "Come è andata? Tutto a posto", risponde apparentemente soddisfatto. Ha già parlato Moratti senior, tanto basta.
Arriva il presidente Spinelli, fresco di serie B e ora nuovamente in A col suo Livorno. "È brutto perché va via un presidente che mancherà al calcio italiano, però se guardiamo agli inglesi e ai tedeschi vediamo che il calcio è diventato, diciamo, oggetto del desiderio dei grandi gruppi mondiali. È giusto che la globalizzazione arrivi anche nel calcio”. Ma Spinelli avrebbe fatto lo stesso?
“Credo che abbia fatto la scelta giusta, forse lui ora era stanco dopo i grandi successi che ha avuto. Il calcio deve aprirsi ai grandi capitali stranieri perché ormai è diventato un business troppo grande".
Un business che senza stadi di proprietà e senza le risorse milionarie dei grandi investitori, difficilmente sembra in grado di continuare a camminare con le proprie gambe. Potrebbe anche riuscirci, ma la gara sembra persa in partenza quando gli altri volano sulle ali di Bale, Messi, Ronaldo, Cavani, Falcao e compagnia cantante, e tu hai le mani legate perché "prima si vende, poi si compra". Non può essere questa la strategia giusta nel lungo periodo e se ne sono accorti tutti.
Cosa ne pensa allora Adriano Galliani? Uno che di "sacrifici" ne ha fatti per non tenere a galla la baracca: da Kakà a Thiago Silva e Ibrahimovic. Allora questi investitori possono essere la risorsa che mancava al nostro calcio?
"Sì sì, questo sicuramente. Perché il mondo è molto cambiato, perché al mondo evidentemente ci sono certe risorse in alcuni paesi e non più in Italia. Anche il calcio é diventato un mercato globale come all’estero. Se non sbaglio, in Inghilterra sono 13 o 14 le squadre che hanno una proprietà non inglese. Ben vengano dunque gli investimenti in Italia, e non solo nel calcio ma anche negli altri settori".
Da un presidente all'altro, anche Claudio Lotito dice la sua. È un bene o un male?
"Mi auguro che Moratti rimanga presente nel sistema. Non conosco i dettagli né le problematiche dell'Inter. Certamente il problema economico del sistema paese Italia incide anche in questo. E uno cerca dei supporti dall'estero. Dal punto di vista del made in Italy è un male, perché perdiamo dei punti di riferimento. Si tratta di capire che taglio uno vuole dare alla gestione della sua azienda".
Romanticismo e passione a parte, la scelta di Massimo Moratti sembra essere stata quella giusta. Il mondo del calcio si è evoluto in fretta e allora è necessario cambiare mentalità, strategia, e aprirsi a chi ha più risorse degli altri. Moratti l'ha capito, forse prima di tutti...