Calcio
November 04 2020
Per i processi c'è tempo, ma l'avvio di stagione dell'Inter apre una serie di domande cui diventa urgente rispondere anche perché, partita dopo partita, le cose per Antonio Conte si stanno complicando. La sconfitta di Madrid rende il girone di rituro della Champions League una sorta di spareggio continuo in cui sarà vietato ogni errore. Non è impossibile prevedere per l'Inter la qualificazione agli ottavi di finale, vista la complessità degli equilibri che coinvolgono anche il sorprendente Borussia Moenchengladbach e lo Shakhtar Donetsk, ma il tempo per i regali è finito e già dalla gara di San Siro contro il Real servirà badare al sodo. Cioè a prendersi vittoria e tre punti provando a cancellare la sensazione di precarietà che ha accompagnato il primo mese e mezzo di lavori sul campo.
Anche in campionato è ora di accelerare. C'è più tempo per rimediare e tutte le big stanno facendo fatica, cosicché in testa alla classifica ci sono due outsider inattesi come Milan e Sassuolo, però di occasione persa in occasione persa l'Inter sta pericolosamente scivolando indietro. Gli occhi sono puntati su Antonio Conte e il nuovo corso, comunicativo e tattico. Cosa succede all'allenatore dell'Inter? Perché continua a professarsi sereno e addirittura contento del percorso intrapreso anche davanti agli evidenti problemi?
Il frutto più evidente della confusione del momento si trova nel numero di gol subiti. Con quelli incassati a Madrid l'Inter è salita a quota 15 in 9 partite giocate. Decisamente troppi per una difesa che un anno fa, allo stesso punto della stagione, era a quota 5 e alla fine ne ha presi in media uno a gara. Dentro quel numero ci sono errori individuali, di squadra e prodezze avversarie. C'è soprattutto l'evidenza di una fase difensiva che sconta la maggior aggressività imposta da Conte nel resto del rettangolo di gioco a cominciare dal profilo dei due esterni che sono spesso offensivi (Perisic e Hakimi) con poca propensione a coprire.
Non è solo questo, però. Kolarov sta facendo fatica ad adattarsi, così come in mezzo Vidal è incostante: sono i due uomini voluti dal tecnico nella finestra di mercato, quelli che avrebbero dovuto portare esperienza e carattere a un gruppo che un anno fa si è perso sul più bello dopo un ottimo inizio. L'operazione fin qui non è riuscita.
Il mercato ha lasciato in eredità anche un altro tema: l'Inter ha una rosa numericamente molto lunga e qualitativamente migliore rispetto alla scorsa stagione. Però Conte ha un settore almeno in sofferenza ed è l'attacco, dove di fatto Pinamonti ha sostituito Esposito senza dare al tecnico un vero vice Lukaku. E' comprensibile sia avvenuto in una sessione molto sofferta per i club, ma la criticità è emersa con l'infortunio dell'insostituibile Lukaku e i problemi ormai ciclici di Sanchez. In prospettiva rischia di essere un problema.
L'alibi per Conte è che Covid e guai fisici non hanno risparmiato il suo gruppo, mettendolo in difficoltà nel primo vero snodo della stagione. E' vero, ma è una cosa con cui tutti dovranno rassegnarsi a convivere fino a maggio e oltre in un'annata fortemente condizionata dalla pandemia e da un calendario ristretto e compresso.
Resta un'altra sensazione, quella di incompiutezza. L'Inter si sta abituando a uscire dal campo potendo dire di non aver subito, anzi spesso di aver guidato il gioco, ma senza la vittoria. Non è una situazione sostenibile a lungo. Questa per Conte è la stagione del consolidamento e, al di là della comunicazione soft nata dal vertice della tregua di Villa Bellini in agosto, l'obiettivo non può che essere tornare a vincere qualcosa. Investimenti e strategie del club portano a questo e l'idea che ci si possa accontentare del percorso di crescita è una suggestione. La seconda Inter di Conte sarà misurata sui risultati finali, non su altro.
Il dubbio è che, pur in presenza di una rosa ampia e forte, ai nerazzurri manchi un po' di qualità. Un limite sparso ovunque in campo, dalla difesa all'attacco. In alcuni casi serve che si completi il processo di maturazione (Lautaro Martinez molto incostante), in altri il rischio è che si tratti di giocatori cui manca qualcosa per fare l'ultimo salto. Se così fosse si tratta di un problema non aggirabile nell'immediato e, dunque, serve che il gap sia colmato dall'allenatore che è uno dei migliori in circolazione e il più pagato d'Italia.
E qui si innesta l'ultimo tema: cosa sta dando Conte all'Inter? Un anno fa la sua impronta era nitida, oggi si fa fatica a scorgere alcune caratteristiche del suo modo di far giocare un gruppo. Non è solo questione di gol incassati. E' come se il leccese stesse cercando di far vestire a forza ai suoi un abito nuovo e nemmeno tagliato su misura con in più la rigidità di un modulo quasi intoccabile se non nelle rare divagazioni. L'autunno non è il momento degli esperimenti ma quello delle risposte e della sintesi. Su questo Conte può e deve rispondere.