Io non mi arrendo: Beppe Fiorello eroe nella Terra dei fuochi

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Partendo da un'indagine su un caso di usura, il commissario Giordano scopre una serie di acquisti sospetti di terreni agricoli
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La malattia e la morte di Vincenzino danno ancora più slancio al coraggio di Marco, che decide di arrivare in fondo alle indagini per rendere onore al ragazzino che per primo lo ha aiutato
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Le complicatissime indagini durarono quasi vent'anni
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Una foto di scena della prima puntata
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Una foto scattata nel backstage, durante le riprese della fiction di Rai 1
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Quando il poliziotto si ammala, decide di accettare il trasferimento a Roma, ma nonostante la malattia collaborerà poi alle indagini
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Beppe Fiorello con Giulia Salerno ed Elena Tchpeleva
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Maddalena Crippa intepreta Giuliana Valente
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Nel cast della miniserie c'è anche Massimo Popolizio, nei panni di Gaetano Russo, un pericoloso avvocato affarista
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Paolo Briguglia è invece Giovanni Cattaneo, il giovane magistrato che riapre le indagini sulla Terra dei fuochi
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Il regista della fiction Enzo Monteleone

Una storia drammatica, potente e di grande attualità. Andrà in onda questa sera e domani Io non mi arrendo, la miniserie di Rai 1 ispirata (e dedicata) alla figura di Roberto Mancini, il poliziotto che per primo portò alla luce il dramma dello sversamento illegale di rifiuti tossici in Campania. Protagonista della fiction diretta da Enzo Monteleone, è Giuseppe Fiorello: l’attore torna così raccontare una storia dal grande valore civile, interpretando un uomo unico che si batté contro le mafie. Nel cast ci sono anche Massimo Popolizio, Elena Tchepeleva, Paolo Briguglia e Maddalena Crippa.

Chi era Roberto Mancini

Roberto Mancini è il funzionario di polizia che per primo investigò sui veleni della Terra dei Fuochi, scomparso per un tumore due anni. Nonostante le difficoltà e i ripetuti tentativi d’insabbiamento, Mancini fu determinato nello scoprire la verità sull’enorme traffico di rifiuti tossici sversati in Campania, gestito dalla criminalità: quello che i magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli hanno poi scoperto, si deve in buona parte a quest’uomo testardo, ucciso da un linfoma causato da quegli stessi veleni sprigionati dalla sua terra martoriata.

Io non mi arrendo con Beppe Fiorello

Rai Fiction punta su Beppe Fiorello – attore di razza, come ce ne sono pochi, ormai destinato ad interpretare uomini straordinari, come Marco De Luca de L’angelo di Sarajevo e Domenico Modugno – per raccontare la vicenda di Mancini. “Quando per la prima volta mi hanno raccontato la sua storia, d’istinto ho provato rabbia e commozione. Rabbia, perché la storia di Mancini è piena d’ingiustizie, silenzi, valutazioni volutamente sbagliate. La commozione, invece, mi è arrivata pensando alla figura di Roberto, un uomo con uno straordinario senso civile e una totale devozione nei confronti degli altri. Non un eroe, ma un servitore dello Stato”, racconta Fiorello.

La trama delle due puntate

Il vice commissario Marco Giordano (Giuseppe Fiorello) arriva in Campania dopo un’indagine per usura iniziata dai controlli su una banca locale. Così si imbatte in Gaetano Russo (Massimo Popolizio), avvocato di provincia che fa incetta di terreni di scarso valore agricolo: l’obiettivo è usarli come discariche per rifiuti tossici e Marco, grazie al suo fiuto investigativo e all’aiuto di un ragazzino del posto, tanto sfrontato quanto coraggioso, intuisce il business distruttivo. Le indagini si rivelano quasi subito estremamente complesse, tra appostamenti e intercettazioni, e nonostante le evidenze riscontrate l’inchiesta viene frettolosamente archiviata.

Quando Marco si ammala accetta il trasferimento a Roma, anche per il bene della moglie Maria (Elena Tchepeleva) e per stare vicino alla figlia. Dopo poco tempo, però, tutto cambia: il poliziotto capisce che con Russo i conti non sono chiusi quando legge un articolo sull’inaugurazione di una scuola, che sorgerà sopra una delle sue vecchie discariche. Un giovane magistrato della DDA di Napoli, Giovanni Cattaneo (Paolo Briguglia) ha deciso di riaprire l'inchiesta di Giordano e nonostante la malattia – dovuta ai veleni respirati negli anni - e i 70 faldoni spariti nel nulla, Marco decide di collaborare alla ricostruzione delle indagini assieme al suo vecchio gruppo operativo. Un ultimo straordinario atto di coraggio.

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