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May 19 2017
L'Iran vota venerdì per il nuovo presidente.
Alle urne sono chiamati 56,4 milioni di cittadini, fra i quali 1,3 milioni di giovani, al voto per la prima volta. Secondo i sondaggi l'affluenza dovrebbe superare il 72%.
Si contendono la presidenza, con possibilità di vittoria, due candidati:
Sono elezioni che suonano come un referendum sull'operato di Rohani in questi quattro anni, soprattutto per quanto riguarda l'accordo sul nucleare dei 5+1 del 2015, voluto fortemente dall'ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama, che ha portato alla fine delle sanzioni e dell'isolamento internazionale del paese.
Sul voto a favore di Rohani, pesa però la situazione economica. La fine delle sanzioni non ha ancora fatto sentire effetti positivi sull'economia e la disoccupazione è attorno al 12%, addirittura aumentata nei quattro anni di presidenza Rohani. Che ha però dovuto rimettere in sesto un'economia stagnante e afflitta da un'inflazione molto alta che in questi quattro anni si è invece stabilizzata.
Raisi, oltre che dimostrarsi conservatore duro e puro nei costumi, ha usato un messaggio vagamente sociale nella campagna elettorale, con generici riferimenti alle "difficoltà economiche del popolo". Ha così costruito una minacciosa coalizione che tiene insieme i religiosi, le forze più ostili all'occidente e più isolazioniste e alcuni gruppi sociali più sensibili al suo vago populismo.
Anche se si tratta indubbiamente di un regime complesso dalle marcate caratteristiche autoritarie e confessionali, le elezioni presidenziali in Iran sono considerate libere e solitamente prive di brogli e comportamenti scorretti in grado di falsarle.
Il presidente dell'Iran non ha un controllo vero e completo della direzione politica del paese, che spetta invece alla guida suprema. Il presidente però ha una considerevole influenza e concorre all'indirizzo generale. Una vittoria di Raisi, per esempio, comporterebbe probabilmente la fine del dialogo dell'Iran con l'occidente, e metterebbe in discussione l'accordo nucleare. Avrebbe inoltre un impatto di notevole freno al processo lento di liberalizzazione dei costumi all'interno del paese.
L'Iran ha un ruolo strategico decisivo nella regione, è il principale sostegno e alleato di Assad nello scacchiere siriano, è il burattinaio dietro a Hezbollah, che usa come minaccia costante contro Israele, ed è il portabandiera della mezzaluna sciita che contende l'egemonia medio orientale all'Arabia Saudita sunnita.
Proprio in queste ore Donald Trump è andato in Arabia Saudita per confermare e rinsaldare l'alleanza fra Washington e Riad.