Dal Mondo
October 16 2023
Mentre sale la tensione in Medio Oriente, Israele si trova davanti a un dilemma di difficile soluzione per rispondere al vile attacco perpetrato da Hamas. Il primo scenario è che ricorra a una reazione sproporzionata: questa opzione potrebbe garantire allo Stato ebraico il ripristino della deterrenza, ma al contempo avrebbe probabilmente come effetto quello di peggiorare i rapporti con quei Paesi sunniti che gli si erano diplomaticamente avvicinati negli ultimi anni, secondo la logica degli Accordi di Abramo. Un ulteriore rischio, in caso di massiccio dispiegamento di forze di terra a Gaza, potrebbe essere quello di un pantano. Il secondo scenario è quello di una reazione proporzionata: in questo caso, Israele riuscirebbe probabilmente a salvaguardare i rapporti con i Paesi sunniti, ma avrebbe maggiore difficoltà a ripristinare la deterrenza: il che si rivelerebbe un rischio di enorme portata, perché lo Stato ebraico dovrebbe convivere col timore che prima o poi possa replicarsi un attacco simile a quello subito lo scorso 7 ottobre.
Joe Biden, dal canto suo, sta cercando di dissuadere Benjamin Netanyahu dal ricorrere a una reazione sproporzionata. Nelle scorse ore, il presidente americano ha definito “un grande errore” l’eventuale occupazione di Gaza, sostenendo che Israele dovrebbe limitarsi a eliminare Hamas. “Penso che Israele debba rispondere. Devono attaccare Hamas”, ha dichiarato. “Hamas è un branco di codardi. Si nascondono dietro i civili”, ha proseguito. Comprensibilmente Biden sta cercando di evitare un allargamento del conflitto, anche alla luce del fatto che, a seguito della crisi in corso, l’Arabia Saudita ha congelato il processo di normalizzazione dei rapporti con Israele: un processo che, fino a pochi giorni fa, stava andando avanti con la mediazione della Casa Bianca. Il nodo della questione tuttavia resta. E’ possibile per Israele ripristinare la deterrenza senza necessariamente ricorrere a una reazione sproporzionata? In altre parole, esiste un punto di contatto tra la posizione di Biden e quella del governo israeliano? Forse sì. Ma, per arrivarci, è necessario fare un piccolo passo indietro.
Il punto da cui partire è che, sul piano causale, la crisi in corso presenta due livelli. Hamas ed Hezbollah ne costituiscono una sorta di epifenomeno, il lato chiaramente visibile. Esiste poi una causa profonda, strutturale: e quella causa è l’Iran. Non dimentichiamo infatti che Teheran spalleggia storicamente sia Hamas sia Hezbollah. E che, secondo il Wall Street Journal e il New York Times, il regime khomeinista sarebbe coinvolto nell’organizzazione del brutale attacco del 7 ottobre. Senza poi trascurare che l’Iran ha tutto l’interesse a perpetuare questa crisi. Innanzitutto, gli ayatollah puntano a far deragliare definitivamente la normalizzazione dei rapporti tra Riad e Gerusalemme. Sperano inoltre di indebolire Israele, compattando il più possibile i Paesi sunniti contro lo Stato ebraico (ricordiamo che a marzo la Cina aveva mediato un accordo diplomatico tra sauditi e iraniani). Ne consegue che, se si vuole affrontare strutturalmente questa crisi, bisogna indebolire innanzitutto l’Iran: un elemento che, a sua volta, indebolirebbe i vari gruppi che esso spalleggia, da Hamas a Hezbollah.
E qui veniamo alla possibile convergenza tra Biden e Netanyahu. Il presidente americano dovrebbe urgentemente ripristinare la politica di “massima pressione” che l’amministrazione Trump aveva attuato nei confronti di Teheran. Biden, in altre parole, dovrebbe archiviare definitivamente il proprio disastroso appeasement nei confronti dell’Iran, isolandolo e colpendo il suo pericoloso network regionale. Una simile prospettiva assesterebbe indirettamente un colpo ad Hamas. In tal modo, Biden avrebbe maggiore leva negoziale con Netanyahu per dissuaderlo dall’attuare una reazione sproporzionata. La “massima pressione” americana su Teheran aiuterebbe infatti lo Stato ebraico a ripristinare la deterrenza e permetterebbe al governo israeliano di concentrarsi specificamente sul contrasto ad Hamas.
Certo, non si tratta di una via semplice. L’arrendevolezza mostrata da Biden nei confronti dell’Iran in questi anni ha reso gli ayatollah più baldanzosi. Inoltre, il regime khomeinista ha rafforzato i rapporti con Mosca e Pechino, oltre a estendere la propria influenza sul Sahel e su parti dell’America Latina. Eppure il ritorno della “massima pressione” su Teheran potrebbe essere l’unico modo per convincere Netanyahu a una reazione proporzionata e per impedire un deragliamento dei rapporti tra Israele e i Paesi sunniti. E’ alla logica degli Accordi di Abramo che si deve urgentemente tornare. Ma, per farlo, bisogna mettere l’Iran nuovamente con le spalle al muro. E bisogna farlo adesso. Biden lo capirà finalmente?