Irbm pronta a produrre in Italia il vaccino di AstraZeneca
Un vaccino più potente, sicuro, efficace anche sulla variante inglese e, addirittura, prodotto in Italia. Sono le buone notizie che arrivano da Piero Di Lorenzo, presidente e amministratore delegato di IRBM, gioiello della biotecnologia italiana il cui direttore scientifico è lo scienziato Carlo Toniatti, tornato due anni orsono da Houston -dove dirigeva la ricerca sul cancro nella grande clinica oncologica MD Anderson- proprio per dedicarsi agli studi sull'adenovirus: tecnologia alla base del vaccino Astrazeneca.
Il vaccino europeo Oxford, creato dallo Jenner Institute dell'Università inglese (con la preziosa collaborazione dell'IRBM di Pomezia) e prodotto dalla multinazionale anglo-svedese AstraZeneca è efficace contro la variante inglese del Covid-19. Non solo: nei nuovi studi pubblicati su Lancet viene dimostrata un'efficacia dell'82% nel prevenire la malattia e del 100% nell'evitare l'ospedalizzazione.
Lo afferma un più che soddisfatto Piero Di Lorenzo, presidente e amministratore delegato di IRBM, gioiello della biotecnologia italiana il cui direttore scientifico è lo scienziato Carlo Toniatti, tornato due anni orsono da Houston -dove dirigeva la ricerca sul cancro nella grande clinica oncologica MD Anderson- proprio per dedicarsi agli studi sull'adenovirus: tecnologia alla base del vaccino Astrazeneca.
«L'efficacia del 60% del vaccino, di cui si è molto parlato nelle scorse settimane» spiega Di Lorenzo «non corrisponde più a verità. Il nuovo studio pubblicato su Lancet, basato su un campione molto ampio di persone, 12.300 in Inghilterra e 12.300 in Brasile, dimostra un'efficacia pari all'82%. Non solo: tra i partecipanti al trial, ben il 38% del campione era costituito da anziani con altre patologie. Ebbene il nostro vaccino ha dimostrato di proteggere tutti, al 100%, dall'ospedalizzazione».
Al momento, IRBM si sta occupando di effettuare i test di validazione dei lotti che stanno producendo all'estero: ma se ci fosse la necessità potrebbero anche produrre direttamente, dato che già all'inizio della "grande avventura" hanno creato le dosi sperimentali: «Abbiamo promesso» prosegue Di Lorenzo «già diversi mesi fa al Ministero della Salute e al presidente di AstraZeneca che se ci fosse stata necessità avremmo potuto produrre dosi commerciali. Potremmo arrivare a 10 milioni di dosi».
L'importanza di questi dati è facile da intuire: anche perché, contrariamente ad altri vaccini, AstraZeneca ottiene una notevole protezione già dopo la prima dose: questo dà la possibilità di procrastinare la somministrazione della seconda dose per ben 12 settimane: « Con le nuove evidenze scaturite dai vari trials» continua il presidente di IRBM « si è capito che la protezione dalla malattia è al 73% già dopo la prima dose e consente di far passare, appunto, 3 mesi per arrivare alla seconda. In questo modo ci si avvantaggia notevolmente, nell'immunizzare più persone possibili nel minor tempo possibile. E' la strategia che sta seguendo Boris Johnson in Inghilterra, e i risultati si vedono: hanno già quasi 15 milioni di vaccinati, a dimostrazione che AstraZeneca fa davvero la differenza».
Percentuali che, in tempo di "guerra", non sono certo da sottovalutare. Eppure, il messaggio passato alla popolazione, soprattutto in Italia, è che AstraZeneca sia quasi un vaccino di serie B, rispetto agli americani Pfizer e Moderna, basati sulla tecnologia dell'Rna messaggero, invece che sull'adenovirus.
Su questo problema, Di Lorenzo ha una teoria: « Io mi sono quasi convinto che sia un problema di prezzo. I guai con la "percezione" del vaccino sono iniziati quando si è saputo che Oxford AstraZeneca costa solo 2,80 euro, contro i 12 di Pfizer e i 14 di Moderna.
Ma il prezzo è basso solo perché AstraZeneca ha deciso di cederlo a costo di produzione, senza voler speculare. Le persone invece l'hanno percepito come un vaccino quasi di serie B, arrivando persino a rifiutare l'inoculazione, rinunciando a una protezione altissima. Speriamo che adesso le cose possano cambiare».
Anche perché di fronte a un vaccino senza problemi di logistica (viene infatti conservato in frigo come l'antinfluenzale) con una efficacia ora certificata all'82%, che consente di vaccinare un numero molto maggiore di persone rispetto a Pfizer –appunto perché la seconda dose si può procrastinare- e che è efficace sulla variante inglese non è il caso di fare opposizione di qualsiasi sorta. E per le altre varianti? «Per quanto riguarda le varianti sudafricana e brasiliana, i trial per verificare l'efficacia del vaccino sono ancora in corso» conclude Di Lorenzo «Comunque è importante sapere che anche i vaccini basati sull'adenovirus (quindi il nostro Oxford-Astrazeneca, ma anche altri come il cinese Sinopharm o il russo Sputnik) possono essere "rimodulati" per contrastare le nuove varianti nel giro di 3 settimane».
Riguardo alla logistica degli arrivi, il presidente di IRBM è ottimista: «Un milione di dosi dovrebbero arrivare entro febbraio e altri 4 milioni entro marzo. Nel secondo trimestre le consegne dovrebbero procedere come da accordi».
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