Musica
June 29 2020
Il 2 settembre del 1980 i Kiss suonarono a Milano al Vigorelli. Allora non erano molte le band ad esibirsi in Italia e un concerto era un evento. Figurarsi Il magico carrozzone dei mascherati Kiss carico di effetti speciali. Non c'erano smartphone a documentare ogni singola nota come oggi e la memoria, le sensazioni, i racconti, l'immaginazione erano gli unici video disponibili. Sono passati quarant'anni. Spesso ci si dimentica delle band di supporto, ma non in quella storica occasione. Perché allora ad aprire il concerto dei Kiss salirono sul palco cinque giovani inglesi, con un solo omonimo album alle spalle. Erano gli Iron Maiden. Solo chi era presente può dire di aver assistito alla nascita del mito.
Non c'è nessun'altra band nel mondo dell'heavy metal che rappresenti alla perfezione l'heavy metal stesso come gli Iron Maiden. Nell'immaginario collettivo gli Iron Maiden SONO l'heavy metal. Perché hanno tutto per esserlo: la musica in primis, l'immagine, la loro icona, loro stessi con lo spirito di abnegazione che li ha portati fino ai giorni nostri, sempre fedeli a loro stessi e alla loro idea di musica.
È per merito di Steve Harris (bassista e fondatore) se oggi esistono gli Iron Maiden. Sua l'idea, e praticamente sua la band soprattutto agli inizi. Steve poteva avere una carriera da calciatore professionista, ma decide di abbandonare i pesanti allenamenti perché ha un sogno, quello di fare una musica dura, potente e ben suonata, che si distacchi dalle note un po' distorte del punk di allora. E ci crede così tanto da avere la forza di dire di no a contratti che non lo soddisfano, di imporre di suonare dal vivo e non in playback a Top of the Pops, di allontanare le persone che non ritiene in linea con il progetto (come Dennis Stratton, uno dei primi chitarristi o Clive Burr, batterista, poco più avanti). Perché gli Iron Maiden sono come una falange, sono una truppa d'assalto, e o si vince tutti assieme o niente. Non c'è per le voci fuori dal coro.
Sono diversi gli elementi che rendono unica e longeva la band. Ne era certo già nel 1979 il loro lungimirante manager Rod Smallwood: «Sapevo che sarebbero sopravvissuti a tutte le mode, la loro carriera sarebbe andata oltre quella di tutte le altre meteore pop (Mick Wall – Le origini del Mito – Ed. BD 2010)». Perché pur senza esserne pienamente consapevoli gli Iron Maiden hanno creato un brand, un'entità in grado di vivere al di là delle persone che la compongono.
Partiamo da Eddie, Eddie The Head come veniva chiamato all'inizio. Eddie è il personaggio/mostro/totem che rappresenta la band. Inizialmente era solo una testa esibita sul palco, poi nel tempo si è evoluta nell'immagine che tutti conosciamo, creata dal disegnatore Derek Riggs. Eddie veste in ogni album panni diversi: quelli di un pericoloso assassino in Killers, un cyborg in Somewhere In Time, di una sfinge in Powerslave. Eddie nel corso del tempo non solo vive sulle copertine dei vinili (prima) e dei cd (dopo), ma sale sul palco, lo popola, disturba i musicisti mentre suonano, interagisce con loro e rende lo spettacolo unico.
Un altro elemento che li ha resi universali è la capacità di restare uniti. Dopo i primi anni e le prime defezioni, la line up con l'arrivo di Bruce Dickinson alla voce, si stabilizza. Ognuno ha il suo ruolo, ognuno gioca bene la sua parte, senza "rubare" la scena agli altri. Ma i problemi sono alle porte, nel 1989 Adrian Smith (chitarrista) lascia la band per la carriera solista sostituito da Janick Gers e nel 1993 alla conclusione del Real Live Tour anche Dickinson lascia. Cominciano gli anni più difficili e più bui della loro storia. Mentre il metal approda a nuovi orizzonti e trova nuove strade di divulgazione (il Sudamerica, il Medioriente ad esempio), in realtà nel mondo occidentale viene oscurato dal fenomeno nascente del grunge. Gli Iron Maiden integrano nella loro formazione un nuovo cantante, Blaze Bayley. Non ci sono più i grandi palchi, tutto è più in sordina (qualcuno ancora si ricorda un loro concerto al PalaGeorge di Montichiari il 19 gennaio del 1996), ma non si danno per vinti e continuano a picchiare duro. Ci vogliono anni prima che Dickinson rientri al posto di Bayley. E anche Smith ritorna, ma Gers non viene allontanato e il quintetto diventa un sestetto.
Sono gli anni della rinascita. Sono gli anni di Brave New World (2000), del Rock in Rio con un pubblico di 250.000 persone. E nel 2009 l'incredibile documentario Flight 666, dove Bruce Dickinson non solo canta, ma pilota anche l'aereo. Sì, pilota, Dickinson è istrionico: canta, recita, tira di scherma, è pilota di linea, tiene corsi di marketing e oggi è anche commentatore sportivo in TV (scherma). Niente male per un ragazzino bullizzato in collegio con una laurea in storia.
La storia e la letteratura sono altri elementi fondamentali per comprendere gli Iron Maiden. Tanti, ad esami, i riferimenti alla letteratura inglese : Rime of the Ancient Mariner, ispirata all'omonimo poema di S.T. Coleridge del 1798, Lord of the Flies, dal romanzo di William Golding del 1952, Brave New World, il romanzo distopico di Aldous Huxley del 1932, Isle of Avalon, luogo leggendario noto per il ciclo dei racconti di Re Artù, ripresi poi nei romanzi fantasy di Marion Zimmer Bradley (il più celebre Le Nebbie di Avalon del 1983). Riferimenti a episodi storici, soprattutto bellici alla prima e alla seconda guerra mondiale, e Run to the Hills brano che narra il conflitto tra il popolo pellerossa e i colonizzatori. Insomma, c'è anche qualcosa da imparare nel leggere le lyrics degli Iron Maiden... Michela Vecchia