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Isis: anche il Marocco a rischio jihadismo

Di Marta Pranzetti per Lookout news

Secondo un copione che si richiama alle migliori scene della saga cinematografica di James Bond, il 22 maggio Younes Tsouli ha seminato il panico per le vie di Rabat per un’intera giornata prima che le autorità marocchine riuscissero a fermarlo. Dopo aver incendiato l’abitazione dove risiedeva la sua famiglia, Tsouli, terrorista piuttosto noto in Marocco del quale sono stati accertati trascorsi in Al Qaeda, si è dato alla fuga scappando sopra i tetti della città fino a raggiungere la terrazza dell’abitazione del console britannico a Rabat. Qui ha chiesto l’arrivo di un aereo che lo riportasse in Inghilterra.

Tsouli era stato condannato nel 2007 in Marocco con l’accusa di terrorismo cibernetico. Allora si trovava in Inghilterra. Nel Regno Unito aveva chiesto aiuto al governo britannico per evitare di essere rimpatriato, poiché, a suo dire, in Marocco avrebbe subito torture in carcere. Il 21 maggio Tsouli è stato però respinto dalle autorità britanniche. La mancanza di comunicazione tra Londra e Rabat ha permesso al terrorista di darsi alla fuga, che fortunatamente grazie all’intervento delle forze di sicurezza marocchine si è conclusa senza spargimenti di sangue.

La ramificazione di Al Qaeda e ISIS in Marocco
Per quanto il Regno marocchino possa apparire all’esterno un Paese blindato di fronte alla minaccia del terrorismo jihadista, negli ultimi mesi si sono registrati diversi casi di rilievo che hanno visto protagoniste cellule legate sia ad Al Qaeda che allo Stato Islamico. Nel febbraio scorso i servizi di Algeri hanno fermato a Beni Drar, vicino Oujda al confine con l’Algeria, il terrorista algerino Hocine Dahous, leader operativo di Jund al-Khilafa, che si era recato per la seconda volta in missione in Marocco per reclutare jihadisti da addestrare nel suo Paese.

  A marzo le autorità marocchine hanno smantellato una cellula terroristica collegata a ISIS che stava pianificando attacchi contro obiettivi politici, militari e civili nel Paese. L’operazione, condotta dal Bureau central des investigations judiciaires (BCIJ), organismo istituito dal Regno per prevenire possibili attacchi terroristici, ha permesso di fermare membri operativi in molte città del Marocco, tra cui Agadir e Taroudant (nel sud-ovest), Marrakech, Boujaad, Tifle, Tanger, Ain Harouda e Laayoune, la principale città del Sahara Occidentale.

Movimenti politici in vista delle elezioni del 2016
In parallelo a questi movimenti, qualcosa in Marocco si sta muovendo anche sul piano politico. Il 23 maggio Abdelkarim Chadli, un noto salafita ex membro del movimento terroristico Salafiya Jihadiya (attivo in Marocco negli anni Novanta), condannato per legami con il Gruppo Islamico Combattente Marocchino e per il suo coinvolgimento negli attentati del 2003 a Casablanca (poi scagionato diversi anni dopo per aver ricevuto la grazia reale), ha aderito al partito Movimento Democratico e Sociale (MDS), formazione di centro-destra fondata dall’ex commissario di polizia Mahmoud Archane.

Salafiti ed ex membri di organizzazioni islamiste clandestine

hanno aderito al Movimento Democratico e Sociale (Lookout)

La stessa scelta è stata fatta da Faouzi Abdelkarim, membro della Chabiba Islamiya (organizzazione islamista clandestina attiva in Marocco negli anni Settanta e Ottanta, a cui apparteneva tra i tanti l’attuale capo del governo, Abdelilah Benkirane), e dal teologo e capo spirituale della comunità sciita in Marocco, Driss Hani. Obiettivo dichiarato dal Movimento Democratico e Sociale è offrire un nuovo modello di cooperazione politica nel mondo arabo, “contro la violenza e che valorizzi il dialogo religioso”. In effetti, almeno sulla carta, il tentativo di aprire a una collaborazione interconfessionale rappresenterebbe una novità di assoluto rilievo nel contesto del conflitto in corso in Medio Oriente che sta contrapponendo le due anime dell’Islam, quella sunnita e quella sciita.

Secondo alcuni dirigenti del Movimento Democratico e Sociale, intervistati dal giornale marocchino Telquel, non è d escludere che l’MDS possa accogliere nelle sue fila altri elementi islamisti attualmente in prigione, a cui potrebbe essere garantita la grazia durante il prossimo Ramadan. La leadership dell’MDS intende così attingere a un potenziale ampio bacino di sostenitori tra coloro che non aderiscono al partito di governo PJD (Partito di Giustizia e Sviluppo) o al partito salafita Rinascita e Virtù (Annahda wa-l-Fadila). Con i loro voti punta ad avere un ruolo da protagonista alle prossime elezioni legislative previste nel 2016.

Queste dinamiche confermano che oltre alla corrente islamista attualmente al governo, esiste la possibilità che i partiti minoritari, per acquisire consensi, si leghino alle frange degli islamisti più radicali. Questo sarebbe potenzialmente destabilizzante in vista delle prossime elezioni.

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