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Israele e lo stop ad Al Jazeera tra questione politica e sicurezza

La decisione di Israele di chiudere la sede di Al Jazeera nel Paese con un intervento delle truppe Idf compiuto la scorsa settimana è stata considerata un fatto grave e preoccupante per il futuro della libera espressione. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha tuttavia dichiarato che il suo governo ha votato il provvedimento all'unanimità per motivi di sicurezza nazionale e ha annunciato il fatto con un post sul social network X. La chiusura, secondo la legge israeliana, potrà durare fino a 45 giorni con la possibilità di essere rinnovata, ma intanto la testata multimediale, di proprietà del Qatar, non è più in grado di diffondere da e su Israele e Gaza notizie via etere e neppure attraverso i suoi portali web. Le attrezzature degli studi di Gerusalemme sono state confiscate mentre il provider di servizi satellitari israeliani Yes ha diffuso il messaggio: “In conformità con la decisione del governo, le trasmissioni della stazione Al Jazeera sono state interrotte in Israele.” E a nulla sono valse le proteste del direttore editoriale di Al Jazeera, Mohamed Moawad, che dalla sede di Doha ha definito l'azione come oppressiva. “Questo è un modo per delegittimare la nostra copertura”, ha detto Moawad al Voice Of America, “è oppressivo e davvero devastante.” Le azioni contro il numero uno di Ezbollah Hassan Nasrallah e quelle precedenti contro i militanti del “Partito di dio” non sono però direttamente correlate alla decisione di Israele; infatti, tra l’emittente qatarina e il governo di Netanyahu è in corso da lungo tempo, qualche anno per intenderci, una disputa che ha visto Israele minacciare più volte la chiusura delle trasmissioni. E la situazione è peggiorata dopo l'attacco terroristico del 7 ottobre 2023 compiuto da Hamas nel sud di Israele, in cui sono state uccise circa 1.200 persone. Al tempo però non esisteva una legge che consentisse al governo di spegnere media ritenuti pericolosi, così all'inizio di aprile il parlamento israeliano aveva approvato una norma “temporanea”. Precedentemente, nel novembre 2023, le Idf avevano chiuso l'emittente libanese Al Mayadeen proprio sulla base di temporanee misure d’emergenza. Le accuse di partigianeria pro Hamas da parte di Al Jazeera non sono mai mancate: anche prima della strage del 7 ottobre il ministro delle comunicazioni israeliano Shlomo Karhi aveva definito l’emittente “portavoce della propaganda di Hamas” accusandola di esporre i soldati israeliani a potenziali attacchi rivelando notizie sui loro movimenti, la loro dislocazione e il tipo di equipaggiamento di cui sono dotati. Intanto, l'azione contro l'emittente internazionale è stata condannata dalle Nazioni Unite e dai rappresentanti dei media internazionali, preoccupati che questo precedente possa gettare le basi per chiudere altri organi di informazione. Di fatto in Medioriente Al Jazeera è un punto di riferimento ineguagliabile per facilità di fruizione – satellite e web – ma anche per la forza con la quale affronta tematiche di ogni tipo, dalla politica alla tecnologia. Ora i suoi giornalisti non possono più riferire in diretta da Israele e Gaza, anche se possono comunque inviare i contributi via web dall’esterno della sede fino al centro di produzione di Doha, e da lì trasmetterli in tutto il mondo. Ma è certo che per i cittadini israeliani da qualche giorno è più complesso comprendere che cosa accade a Gaza, anche perché le emittenti israeliane non ne parlano con puntualità né in modo capillare, quindi la popolazione sintonizza Cnn, Bbc, Sky News e sempre i canali internazionali di Al Jazeera, i cui profili Facebook e YouTube sono comunque attivi. A parte imporre una limitazione a livello locale, impedendo l’accesso alle notizie all’interno di Gaza, il provvedimento rischia quindi di essere più simbolico che pratico, ma certamente politico nel raccogliere l’assenso della base di destra del Paese. Anche perché dall’inizio dell’operazione, cominciata a fine ottobre 2023, i giornalisti inviati a Gaza sono stati in grado di entrare nella Striscia soltanto integrandosi con le Forze di difesa israeliane, con i reporter e i gruppi per la libertà di stampa che hanno sovente criticato quei viaggi come eccessivamente restrittivi, e con i giornalisti messi in grado di vedere solo ciò che l'esercito vuole far sapere, motivando la scarsa autonomia concessa loro per ovvie ragioni di sicurezza. Sul fronte opposto, i media filopalestinesi sono stati accusati di aver spesso manipolato e diffuso filmati che mostravano a ripetizione le sofferenze di bambini e civili, ma mai quanto rimaneva di armi distrutte o rovine di centri operativi di Hamas, mentre viene denunciato il vuoto creato dalla mancanza di accesso da parte di media indipendenti, così da consentire alla propaganda di prosperare da entrambe le parti. Secondo il Comitato per la protezione dei giornalisti, da ottobre 2023 a oggi, a Gaza avrebbero perso la vita un centinaio di inviati palestinesi. Nel momento in cui scriviamo dalla Striscia di Gaza risultano attive, seppure discontinue, una dozzina di web radio, ma in soccorso sono stati attivati servizi da parte della francese Rfi.fr, mentre dal novembre scorso la britannica Bbc ha avviato un servizio radiofonico d’emergenza per gli ascoltatori di Gaza, i cui notiziari quotidiani sono prodotti a Londra e al Cairo da Bbc News Arabic, il servizio televisivo in lingua araba della società. Dopo la distruzione delle postazioni radio e dei ripetitori, nonché del blocco o della neutralizzazione dei nodi delle connessioni web, il servizio inglese trasmette in onde medie con l'obiettivo di fornire notizie vitali ogni giorno alla popolazione di Gaza, comprese informazioni pratiche su dove trovare riparo, cibo e acqua. Le trasmissioni in onde medie possono essere ascoltate con qualsiasi radiolina AM a batteria, non hanno bisogno di infrastruttura e provengono da emittenti situate in territorio greco (dalle basi di Akrotiri e Dhekelia), quindi orientate su Gaza soltanto in determinati orari del giorno (tipicamente nel tardo pomeriggio). La frequenza è 639 kHz e si ascolta anche dall’Italia.

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