Economia
October 03 2023
Non è passata nemmeno una settimana dall’approvazione della Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza, da parte del Cdm, che già iniziano le speculazioni su un possibile declassamento dell’affidabilità dell’Italia da parte delle varie agenzie di rating. Tra ottobre e novembre arriveranno infatti i giudizi da parte di S&P (20 ottobre), Fitch (10 novembre) e Moody’s (17 novembre) e molti giornaloni stanno già puntando su un possibile passaggio da “investment grade” a “speculative grade” dell’Italia. Il giudizio delle agenzie di rating ha sicuramente il suo peso ma il governo non ha approvato una Nadef così audace da rendere più che plausibile un downgrade da parte di qualche agenzia di rating. Lo spread tra Btp e Bund tedeschi, oggi, non mostra un particolare movimento fissandosi a 189 punti. L’anno scorso, il 5 ottobre, questo era pari a ben 242 punti. Se poi si guarda il trend annuale si può osservare come a distanza di un anno lo spread tra il Btp e il Bund tedesco sia oscillato tra i 132 e i 253 punti. Dati che dunque mostrano come, da dopo l’approvazione di settimana scorsa della Nadef, non ci sono stati movimenti particolarmente bruschi o degni di nota da registrare. Lo stesso ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, durante la conferenza stampa della Nadef ha sottolineato come il documento approvato non creerà alcun conflitto né con la Commissione europea né con i mercati "perché è improntato al principio della responsabilità e della prudenza con interventi indispensabili e necessari per assicurare la coesione sociale”. Giorgetti ha anche aggiunto che i "numeri rassicureranno mercati e agenzie”.
Il giudizio delle agenzie continua ad essere ancora importante, nonostante non sempre si sia rivelato essere infallibile, anzi molto spesso i rating decisi sono stati totalmente sbagliati, rispetto all’andamento dei mercati. Ma non solo, non sono nemmeno pochi i richiami che le diverse autorità hanno fatto alle agenzie di rating in termini di regolamentazione. Sollecitazioni che sono arrivate dagli Usa, dopo che si è scoperto come alcuni giudizi, emessi da parte delle agenzie, hanno contribuito a causare crisi, come quella del credito nel 2007 e 2008, secondo uno studio portato alla luce da una commissione del Senato negli Usa. Richiami anche dall’Australia, quando un giudice nazionale ha stabilito che S&P ha ingannato gli investitori assegnando i rating più alti a titoli il cui valore è crollato durante la crisi finanziaria globale. E dalla Financial services agency giapponese che ordinò all'unità giapponese di S&P di migliorare il proprio sistema di verifica e aggiornamento dei rating.
Sulla poca affidabilità del giudizio delle agenzie anni fa Bloomberg realizzò anche un’analisi accurata dove mostrava come nel 53% dei 32 casi esaminati nel 2012, promozioni, bocciature e cambiamenti vari, decisi dalle varie agenzie di rating, in termini credit outlook, siano stati poi smentiti dal mercato. Nel dettaglio, il mercato ha ignorato Moody's nel 56% dei casi e S&P nel 50%. E come dimenticare quanto nel 2011 S&P declassò, per la prima volta, il debito Usa, scatenando il panico per un possibile nuovo collasso dei mercati finanziari. Calcolo che si dimostrò essere totalmente sbagliato, tanto che la stessa agenzia di rating successivamente si scusò per l’errore fatto, senza però modificare la decisione presa.
Errori rilevanti se si pensa che dal 2008, anno in cui è scoppiata la crisi finanziaria, il mondo ha iniziato a dipendere sempre più dai giudizi delle varie agenzie di rating che hanno il “potere” di far crollare istituzioni finanziari e mercati, considerati più che solidi fino al minuto prima dell’uscita del loro giudizio. Oltre che a far sviluppare una costante ansia da declassamento del debito da parte dei vari governi nazionali.