Economia
February 24 2016
Questo è uno di quei temi per i quali uno si fa amare oppure odiare, perché dice le cose come stanno. Sta di fatto che l'economia non si legge coi parametri dell'ottimismo o del pessimismo, ma con i dati oggettivi. E i dati sono cinque. Cinque verità che sanno tutti gli addetti ai lavori. Se non ci fosse stato papà Draghi e mamma BCE, se non si fosse truccato artificialmente lo spread tra BTP e Bund, l'Italia sarebbe tecnicamente fallita. Le notizie recenti del giudizio sull'Italia della Commissione UE, nel “Country Report", pur non affermandolo, fanno chiaramente intendere che il nostro Paese è il sorvegliato speciale dell'Europa, essendo la terza economia. Sfogliando, ecco elencati i 5 motivi per cui l'Italia può essere definita "malata".
Mentre il Governo Renzi sostiene che la pressione nominale sulle PMI è il 42%, quella reale invece è al 68% (fonte elaborazione Price Whaterouse Coopers) ossia, la più alta a livello Europeo. In un tale scenario, nel periodo gennaio-novembre 2015 le entrate tributarie sono cresciute del 9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (fonte Ministero italiano). Si deduce che se le entrate crescono del 9% mentre il PIL cresce meno dell’1%, allora è cresciuta ancora la pressione fiscale.
Il debito pubblico italiano è il terzo al mondo, dietro solo alla Grecia e al Giappone (fonte OECD). Solo che il Paese del Sol Levante non è paragonabile all'Italia perché, mentre il primo ha il controllo della moneta, lo stato italiano ha le mani legate dall’Euro. Inoltre, la Grecia è sull’orlo di una guerra civile, di cui non si deve parlare. Il debito italiano è cresciuto ancora nel 2015, nonostante il costo minimale del debito grazie al governatore Draghi e la congiuntura favorevole del Quantitative Easing.
Il PIL reale ha avuto, per il nostro Paese, il recupero più basso a livello mondiale nel periodo successivo a quella che è stata definita “crisi", cioè dal 2008 (fonte OCSE). Ma la verità è che la produttività italiana è in continuo calo dal 1999 ad oggi ed è inferiore alla media dei Paesi Europei (fonte Commission Services, UE).
I dati parlono chiaro. Oggi quasi un quarto della popolazione italiana ha oltre 65 anni (fonte Istat). Tra trentacinque gli over 65 raggiungeranno quasi il 60% a cui va sommato un già triste primato in Europa in cui l'Italia si posiziona davanti a tutti gli altri paesi con la più alta percentuale di giovani che non lavorano, non studiano, non si formano.
Al di là delle rassicurazioni d’obbligo governativo, nel sistema bancario italiano si hanno 201 miliardi di crediti in sofferenza (fonte Mediobanca) e altri 150 miliardi di crediti incagliati. C'è chi sostiene che sia un problema dato dalla polverizzazione delle piccole imprese italiane, che sono andate in default. È una favola. I piccoli, tendenzialmente pagano. Sono i grandi debitori che hanno fatto il buco. Il 2,6% dei debitori ha creato il 70% delle insolvenze, e ci sono 579 individui in Italia che, su una popolazione di quasi 60 milioni di anime, hanno creato oltre 25 miliardi di credito malato (fonte centro Studi Unimpresa). Le sofferenze erano 104 miliardi nel 2011 e sono salite a 201 miliardi nel 2015 con un incremento del 93%. Non male, per un sistema bancario che il Governo definisce sano.
In questi giorni si legge sui giornali che l’Italia debole può contagiare la UE. La stessa UE, ci sprona a continuare sulla via del rigore, dell’aumento delle tasse, del taglio di spesa pubblica. Insomma, la solita ricetta neo liberista di rigore che da molti anni ci ha portato i brillanti risultati sopra indicati. Io sono stanco di farmi indicare una strada sbagliata da quattro burocrati europei che nessuno ha eletto.