L'Italia in prima linea per modificare il Green Deal

Non si può aspettare oltre, l’incertezza si paga. In sintesi: il Green Deal va cambiato e l’Italia deve fare la sua parte. È partito così ufficialmente il «piano Urso». Il ministro dell’Industria ha presentato a Confindustria, altre associazioni imprenditoriali e sindacati il progetto che mira ad ammorbidire i vincoli europei sulle auto diesel e benzina con l’obiettivo di ritardare lo stop veicoli a benzina nel 2035 e sostenere il settore auto che chiede aiuto a gran voce.

Solo in Italia il calo della produzione negli ultimi sei mesi è stato del 30%. Sono a rischio 25mila lavoratori. «La religione dell’elettrico ha fatto deragliare gli obiettivi dell’Europa» ha detto Urso, insistendo sull’importanza della realtà (la crisi diffusa) più che dell’ideologia.

Roma si fa dunque portabandiera di una transizione ecologica industrialmente sostenibile. Il Green Deal europeo va rivisto insomma secondo il governo italiano. Solo pochi giorni fa la premier italiana davanti alla platea di Confindustria aveva definito un «approccio autodistruttivo» lo stop del 2035.

E il piano Urso parte da qui, dalla richiesta di anticipare la clausola di revisione che il nuovo regolamento Ue sulla riduzione delle emissioni di CO2 prevede per il 2026. «Non possiamo aspettare altri due anni, perché nell'incertezza nessuno investe», ha dichiarato Urso che ha illustrato al Mimit le linee guide del documento che porterà a Bruxelles.

Entro il 2035 le norme prevedono il taglio del 100% delle emissioni di anidride carbonica per le nuove auto e veicoli commerciali leggeri. La principale proposta italiana, che si annuncia avere un cammino in salita in Europa, è quella di anticipare dal 2026 all’inizio del 2025 il riesame del regolamento Ue, che fissa per il 2035 l’addio al motore a scoppio (endotermico). È previsto infatti che nel 2026 la Commissione Europea faccia una prima valutazione. Ma Roma chiede di accelerare.

Riparlarne a inizio 2025 e non a fine 2026 permetterebbe al governo italiano di spingere per posticipare oltre il 2035 lo stop alle auto termiche, di ricontrattare anche gli obiettivi di breve e medio termine e di rimettere in gioco i biocarburanti. «Se il biocombustibile o altre forme di energia raggiungono lo stesso obiettivo di decarbonizzazione, usiamole», ha detto.

E se proprio lo stop a diesel e benzina resterà, la proposta italiana è di istituire un Fondo Ue per compensare l’aumento dei costi che i produttori dovranno sostenere per affrontare la transizione. «Meglio trovare risorse per spingere la transizione e permettere ai Paesi di sostenere le imprese, produttrici e dell’indotto, e gli incentivi per l’acquisto» ha commentato Urso invocando la neutralità tecnologica. All’Europa secondo il piano Urso servono uno shock di semplificazione e un “Made in Europe”, per sostenere una politica industriale europea.

Prossimi passi? Il 25 settembre un incontro informale dedicato al settore dell’auto e organizzato dalla presidenza del Consiglio europeo ungherese. Il 26 settembre appuntamento al Consiglio Competitività.

Il cammino del piano Urso in Europa è abbastanza in salita. A partire dal fatto che anticipare al primo trimestre del 2025 la revisione della norma con una Commissione europea che si sta insediando ora, non è mossa semplice.

A favore del piano Urso gioca certamente il clima industriale con le Big dell’automotive in crisi trascinate dal tonfo dell’elettrico.

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