L'Italia all'Europeo 2024: entrare nelle prime otto il vero obiettivo

Nel bagaglio salito sull'aereo che porta la nazionale italiana in Germania, da sabato 15 via all'avventura azzurra nell'Europeo 2024, ci sono molti dubbi e qualche certezza. Quella più solida è che non siamo favoriti, anche se formalmente detentori del trofeo strappato a casa degli inglesi in quel meraviglioso luglio 2021 che ha riacceso le speranze del calcio italiano. Non siamo favoriti e non solo perché lo certificano le quote dei mitologici bookie che raramente sbagliano: ci mettono dietro la triade Inghilterra-Francia-Germania e di rincorsa anche rispetto a Spagna e Portogallo. Fosse una gara di auto, significherebbe doversi fare largo sgomitando dalla terza o quarta fila. Non è detto sia un male, scarica la pressione sugli altri, certamente è la fotografia reale di quanto valga oggi l’Italia nel panorama delle nazionali europee. Non dobbiamo dimenticarsi che, dopo l’ubriacatura di Wembley, siamo passati anche da un’altra cocente mancata qualificazione al Mondiale e che da lì ripartiamo con l’aggravante di un ct imbarcato a forza nemmeno un anno fa e al quale adesso chiediamo di fare un miracolo.

Non siamo i più forti e nemmeno i più talentuosi. Non abbiamo Mbappé, Bellingham, i giovani spagnoli che già innervano Real Madrid e Barcellona. Non abbiamo niente di quanto serva per considerarci da corsa, eppure se ci guardiamo indietro di tre anni scopriamo che nemmeno nel 2021 potevamo dire di esserlo. Lo abbiamo scoperto strada facendo, diventando i più bravi per un mese a valorizzare il materiale umano a disposizione.

Si riparte da qui. Spalletti ha trovato lungo la strada un centravanti che potrebbe colmare la storica lacuna degli ultimi vent’anni, sperando che Scamacca confermi anche in azzurro la crescita travolgente degli ultimi mesi vissuti con l’Atalanta. Il ct ha anche un blocco (Inter) e non è mai una cattiva notizia anche se la defezione di Acerbi – leader della difesa tutta italiana dei nerazzurri – è un guaio forse sottovalutato non essendoci il tempo di assimilare troppe informazioni prima del debutto.

Le due amichevoli giocate prima del decollo per la Germania hanno confermato pregi e limiti di questa nazionale. Nulla di sorprendente o preoccupante in termini assoluti, semmai deve essere chiaro a tutti che la sfida inaugurale contro l’Albania rappresenta già il cancello del nostro Europeo. Guai ad illudersi di poter godere senza problemi dell’eventuale paracadute delle terze ripescate, che saranno 4 su 6 totali: con Spagna, Croazia e Albania il girone dell’Italia è equilibrato e minaccia di essere un gruppo “a basso punteggio”. Dunque, bisogna andare avanti con le proprie forze e si può fare soltanto vincendo all’esordio. Altrimenti sarà un inferno.

Dove si può arrivare? Con grande onestà bisogna pensare che un posto nelle semifinali equivarrebbe alla vittoria del 2021 a Wembley. Sarebbe una sorta di miracolo azzurro, compiuto da una squadra che rischia di trovarsi già un ostacolo alto negli ottavi in caso di passaggio del turno non da prima; circostanza auspicabile ma non pronosticabile vista la qualità delle avversarie della prima fase. Insomma, entrare nei quarti di finale può essere il benchmark della spedizione in terra di Germania, il livello che consente di tornare a casa soddisfatti e costruire perché la partecipazione al Mondiale del 2026 diventi l’occasione per il definitivo riscatto di un movimento umiliato dai ko contro Svezia e Macedonia del Nord.

Questo dobbiamo e possiamo chiedere a Spalletti che si affida ai pochi veterani e uomini di talento. Donnarumma, Barella e Chiesa. Forse Scamacca. Da valutare Pellegrini cui è stato messo sulle spalle il “10” tanto evocativo. Altri? Tutti comprimari, ma sarebbe sufficiente si dimostrassero funzionali per costruire non la squadra più forte ma quella più brava a spremere tutto il possibile nel mese dell’Europeo.


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