Calcio
July 01 2024
Come è possibile che un movimento calcistico all'avanguardia nelle competizioni giovanili non giochi un Mondiale dal 2014? E sia uscito con disonore dall'Europeo di Germania rinunciando a difendere il titolo conquistato a Wembley solo tre anni fa? Che non giochi una sfida mondiale ad eliminazione diretta dalla finale di Berlino 2006? Soprattutto: di chi è la colpa della dispersione del talento nel passaggio finale dall'allevamento alla produzione?
Detto che il flop dell'Europeo è stato prima di tutto una questione di errori di chi ha gestito la nazionale nel mese di preparazione e poi in Germania (scarsa condizione fisica, confusione tattica, giocatori come paralizzati da caos e paura), il dibattito è tornato a spostarsi sulla progressiva perdita di competitività del nostro calcio. Nel mirino la Figc di Gabriele Gravina. Sul banco degli accusatori i club di Serie A, non disposti però a farsi additare come responsabili dell'impoverimento italiano.
In mezzo i numeri, che raramente mentono. E che nel caso dell'Italia spiegano perché le nazionali da Marcello Lippi in poi abbiano avuto sempre meno materiale umano a disposizione, fino al paradosso che la Serie A è il campionato tra le leghe top d'Europa in cui i giocatori selezionabili sono in percentuale minore insieme alla Premier League inglese. Come se il filo tra il bacino del talento giovanile che resiste e il calcio dei grandi si spezzasse costantemente, disperdendo un patrimonio di potenzialità che non riescono ad emergere.
SERIE A PIENA DI STRANIERI (MA ALCUNI HANNO MIGLIORATO ANCHE I NOSTRI)
Il campionato italiano non è cosa per... italiani. Nell'ultima stagione solo il 37,6% dei minuti giocati ha visto protagonisti atleti selezionabili per le rappresentative azzurre. Il resto (62,4%) è stato coperto dagli stranieri con una percentuale altissima anche tra le big se è vero che il Milan, per la prima volta nella storia, non ha avuto nessun convocato dall'Italia in una grande manifestazione. C'è stato il blocco italiano dell'Inter, inversione rispetto alla tradizione, qualche segnale dalla Juventus e poco altro. Peggio di noi in Europa ha fatto solo la Premier League con il 36,9% di minutaggio inglese. In Liga la proporzione è stata invertita: 60,9%.
Il sindacato dei calciatori ha condotto una battaglia contro il Decreto Crescita (sgravi fiscali per chi veniva dall'estero) e alla fine il Governo lo ha tolto, nonostante le proteste della Lega Serie A. Una guerra soprattutto ideologica. Va ricordato, infatti, che il Decreto Crescita c'era già nel 2021 quando Mancini ci faceva vincere l'Europeo e che, oltre a qualche giocatore scarso, sono arrivati in Italia anche campioni che hanno consentito nelle ultime tre stagioni di tornare a primeggiare nelle coppe: vittoria dell'Europa League dell'Atalanta nel 2024 e della Conference League della Roma 2022, finali Champions League Inter (2023), Europa League Roma (2023), Conference League Fiorentina (2023 e 2024), tre semifinaliste nelle varie coppe e il secondo best ranking Uefa.
Invece di difendere interessi di bottega, stipendi e posti di lavoro di italiani di scarso valore, sarebbe stato più intelligente mantenere gli sgravi alzando il tetto così da incentivare solo i migliori; la Figc ci ha provato, ma il vento tirava al contrario.
GIOVANI POCO UTILIZZATI
Secondo tasto dolente: i giovani giocano poco. Anzi, pochissimo. I dati del CIES dicono che nessun azzurrabile è presente nella classifica dei primi venti Under 20 per utilizzo nell'ultima stagione. Scorrendo la graduatoria compare Kayode della Fiorentina con i suoi 2.586 minuti ben distante dai top (Joao Neves del Benfica 4.905') seguito, per quanto riguarda la Serie A, dall'argentino del Bologna Santiago Castro (1.913') e dal turco della Juventus Kenan Yildiz (1.873'). Tre su 100: un'ammissione di colpa per chi ha portato avanti queste scelte, non per chi ci si è dovuto misurare ereditandole dal proprio campionato di riferimento.
La Serie A investe nei vivai, ma poi ne abbandona i frutti. Solo il 5,5% del minutaggio complessivo è stato garantito dai cosiddetti 'Club trained', prodotti dei settori giovanili dei club, contro il 19,6% della Spagna e il 18,3% della Svizzera. Meno di noi solo Grecia e Turchia. Sul livello degli altri, invece, anche Francia (14,9%) e Belgio (14,8%).
TANTI STRANIERI ANCHE NEI CAMPIONATI MINORI
Chi pensa che il problema sia solo la Serie A, sbaglia. Nell'ultima stagione di Serie B gli stranieri hanno toccato il 33,2% delle rose: 265 su 798. Difficilmente di livello così alto da giustificarne l'impiego. Nel 2023 erano di più, ma il trend è in crescita costante da qualche anno. E la Lega Serie B si sta battendo furiosamente per chiedere alla Figc di liberalizzare il tesseramento del primo extracomunitario per ogni squadra; il tutto mentre è pronta ad andare in Tribunale contro le squadre B che sono la piccola/grande riforma che sta prendendo finalmente piede: dopo la Juventus c'è stata l'Atalanta e ora il Milan. Bisognerebbe spingere, invece ci si arrocca sulle proprie posizioni di rendita e il sistema soffre.
Di calciatori non selezionabili dalle nazionali azzurre sono piene anche le Primavera. Non come viene raccontato in giro (il Lecce campione d'Italia 2023 senza italiani è un'eccezione), ma comunque con una progressione impressionante: dal 29,2% del 2021 si è arrivati al 32,4% del 2024 per la Primavera 1 che il top di categoria.
GLI AZZURRI ALL'EUROPEO SENZA ESPERIENZA
Risultato: la Serie A ha mandato all'Europeo 68 calciatori che non sono pochi. Anzi. Significa che non è vero che gli stranieri che vengono da noi sono scarsi: spesso sono un arricchimento. Il problema è che l'Italia di Spalletti è stata, dopo l'Inghilterra, la rosa che meno di tutte ha pescato da altri tornei (12%) che significa aver avuto come bacino di riferimento solo i selezionabili della Serie A che, come dimostrato prima, sono troppo pochi. La Spagna (27%) e la Francia (68%) indicano che la strada giusta è un'altra.
Quindi abbiamo schierato una nazionale giovane (solo due under 30), inesperta con le sue 21 presenze medie per calciatore contro le 35 della Germania, le 34 della Francia, le 43 della Svizzera fino al record delle 45 della Croazia. Moltiplicato per 26 convocati significa un gap di oltre 600 caps da gettare in campo con tutto il peso dell'esperienza necessario per navigare i mari tempestosi di una grande manifestazione. Lo stesso divario alla voce minuti disputati in Champions League nell'intera carriera: 24.808 per gli italiani, 82.797 i tedeschi, 73.139 i portoghesi, 59.314 i francesi e giù a scendere. Un confronto imbarazzante figlio delle scelte, legittime, delle società.
Dunque, si torna alla domanda iniziale. Di chi è colpa della dispersione del talento (poco o tanto) che c'è in Italia a livello giovanile? Chi deve battersi il petto facendo il mea culpa e chi, almeno, evitare di lucrare su posizioni di vantaggio presunto dopo il flop dell'Europeo, provando a pensare e lavorare di sistema invece che spingere per la resa dei conti?