Economia
May 21 2024
Nei giorni scorsi sono usciti gli ultimi dati Istat dove emerge un quadro sconcertante dell’Italia: un decimo delle persone sono in una condizione di povertà assoluta, i giovani sono sempre più poveri e la disuguaglianza aumenta sempre di più. Affermazione tutte vere, nonostante possano sembrare classici clichè, che però dovrebbero essere calate all’interno del contesto nazionale.
Partiamo dal fatto che è assolutamente vero che i salari, negli ultimi anni, sono stati erosi dall’inflazione. Nel 2021 la retribuzione è cresciuta dello 0,6% contro l’1,9% dei prezzi, nel 2022 la retribuzione ha visto un +3,2% rispetto ad un +8,1% dei prezzi e nel 2023 gli stipendi sono saliti del 3,2% contro il 5,6% dell’aumento dei prezzi. A fine 2023 il rallentamento dell’inflazione ha però iniziato a riportare il differenziale a favore dei salari e la stessa Bankitalia ha detto che dopo tre anni di erosione il 2024 è l’anno del recupero. Da aggiungere come le previsione di inflazione per l’Italia nel 2024 sono dell’1,6% e del 1,9% nel 2025. Altro problema è che il potere d'acquisto dei salari lordi dei lavoratori dipendenti in Italia è “diminuito negli ultimi 10 anni del 4,5%” mentre nelle altre maggiori economie dell'Ue 27 è cresciuto a tassi compresi tra l'1,1% della Francia e il 5,7% della Germania. In questo caso ci sarebbe da bussare ai sindacati e chiedere dove sono stati negli ultimi 10 anni. Sicuramente il fatto che gli stipendi siano fermi e che l’inflazione sia stata il carico da novanta non ha aiutato le finanze degli italiani, ma da qui a lanciare allarmi sulla povertà ne passa. Anche perché quando si considerano questi dati, le informazioni che si vanno a prendere sono quelle presenti alla luce del sole, come per esempio, le dichiarazioni dei redditi presentate. Peccato che in Italia abbiamo un’evasione (lavoratori autonomi e dipendenti) pari a circa 34 miliardi di euro. Questo significa che si guadagna più di quanto si dichiara e che l’immagine che il Fisco e poi di conseguenza l’Istat ha della popolazione italiana è leggermente distorta. Parlando in termini pratici: quanti casi, a distanza di anni, si sono scoperti di gente che percepiva il Reddito di cittadinanza e poi erano proprietari di Porsche e Ferrari? E’ dal 2021 che la Guardia di finanza smaschera queste persone. Se quindi da una parte è vero che questi ultimi anni di inflazione fuori controllo hanno inevitabilmente impoverito gli italiani, dall’altra lanciare allarmi dipingendo un quadro economico catastrofico non è corretto.
Ci sono però due punti su cui invece ci si dovrebbe soffermare: il primo è che più una persona è giovane e più è probabile che abbia difficoltà a livello lavorativo, e il secondo è l’erosione della classe media, che nulla a che fare con gli allarmisti di qualche giorno fa.
Sul primo tema si dovrebbe riflettere sul fatto che i Millennial, gli attuali trentenni, fanno sempre più fatica a barcamenarsi nel mondo del lavoro e si devono accontentare di salari bassi e contratti poco stabili. Questo però è il frutto di decenni di mancate politiche attive nei confronti di questa classe generazionale e poco senso ha collegarli ad uno specifico anno di riferimento.
Secondo tema, la classe media. Tutti i governi, senza distinzione, hanno attinto ricchezza da questo ceto senza mai pensare a dare agevolazioni fiscali di nessuna natura. La realtà è che adesso la fascia centrale si è nettamente assottigliata e nonostante ciò deve continuare a sobbarcarsi il 50% di tassazione. Questo in realtà è un vero problema su cui poche ricerche si concentrano, visto che molti hanno la distorta idea che avere un reddito di 50.000 euro l’anno significa essere ricchi.
L’attuale governo ha come obiettivo cercare di alleggerire la pressione fiscale su questo ceto, “se si trovano le risorse”. Ora, essendo che la coperta è corta ancora una volta il ceto medio sarà dimenticato.