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ANSA/FRANCO SILVI/DRN
Economia

Iva, perché rischia seriamente di aumentare

Le cifre sono già scritte nero su bianco da tempo e non ammettono eccezioni. Sono gli oltre 12 miliardi di euro di tagli di spesa che, se non verranno messi in programma dal governo italiano, porteranno automaticamente all'aumento di oltre due punti dell'iva, l'imposta sul valore aggiunto che colpisce i principali beni di consumo venduti in Italia. 

L'aliquota ordinaria dell'iva salirà infatti nel 2019 dal 22 al 24,2%. L'aliquota intermedia, invece, crescerà a gennaio dal 10 all'11,2%. Per capire il perché si è arrivati a questa situazione, bisogna compiere qualche passo indietro e risalire al 2011.

Impegni con l'Europa 

Negli ultimi 7 anni, infatti, i governi italiani hanno ripetutamente concordato con l'Europa le tanto discusse clausole di salvaguardia. Si tratta di accordi con cui il nostro Paese, in cambio di un po' di flessibilità nelle politiche di bilancio rispetto agli impegni presi con le autorità di Bruxelles, ha fissato per gli anni successivi degli aumenti automatici delle imposte o dei tagli alle agevolazioni fiscali.

Il primo ad adottare le clausole dei salvaguardia è stato 7 anni fa l'ultimo governo Berlusconi , che ha preventivato eventuali incrementi dell'iva fino al 2020, come coperture d'emergenza nel caso di mancati tagli per gli anni successivi. Poi, i governi che si sono succeduti dal 2011 avanti, da quello di Monti a quello di Renzi passando per l'esecutivo guidato da Enrico Letta, si sono trovati a dover gestire ogni anno gli impegni presi con le clausole di salvaguardia e a cercare di sterilizzarli tagliando la spesa proprio per evitare l'aumento dell'iva.

Nel 2012, il governo Monti ha fatto alcuni tagli per evitare che l'iva salisse subito dal 21 al 22%. L'incremento dell'imposta non è stato però eliminato del tutto ma spostato un po' in avanti ed  è scattato automaticamente nell'ottobre del 2013, quando al governo c'era ormai Enrico Letta. Poi è arrivato l'esecutivo di Matteo Renzi che, durante il  suo mandato, ha sterilizzato alcune clausole di slavaguardia ma ne ha concordate anche di nuove, per avere in cambio un po' di flessibilità dall'Europa sulla manovra del 2016.

Aumenti fino al 2020

E così, tra un premier e l'altro, si è arrivati alla situazione odierna, in cui l'Italia deve ancora mettere in programma circa 12 miliardi di euro di tagli alla spesa per il 2019 e altri 19 miliardi per il 2020. Se non farà queste sforbiciate, l'iva aumenterà automaticamente secondo una tabella di marcia già prestabilita. Da gennaio prossimo l'aliquota ordinaria salirà appunto dal 22 al 24,2% mentre quella intermedia dal 10 all'11,2%.

Resterà invariata solo quella agevolata del 4% sui beni di prima necessità come il pane. Dal 2020 è in programma un altro aumento al 24,9% e un altro ancora al 25% nel 2021.

Per evitare questo salasso, che per Confesercenti costerebbe almeno 300 euro all'anno a ogni famiglia e avrebbe effetti recessivi sull'economia, occorre dunque che il governo metta in cantiere 12 miliardi di tagli già con la prossima Legge di Stabilità, la manovra economica per il 2019 che va approvata in autunno. L'impresa non è affatto impossibile se non fosse per un particolare: in Italia  non c'è un governo che gode della fiducia nel nuovo Parlamento, insediatosi dopo le elezioni del 4 marzo scorso.

Senza un governo politico

C'è solo un esecutivo di transizione, guidato da Paolo Gentiloni, che aveva la maggioranza nella precedente legislatura ma non in questa. Dunque il governo Gentiloni non è politicamente in grado di approvare una Legge di Stabilità che contiene dei tagli, tanto più se si andrà a nuove elezioni il prossimo 8 luglio, come vorrebbero la Lega e il Movimento 5 Stelle.

Se la Legge di Stabilità non verrà approvata, ci sarà quello che in gergo tecnico si chiama esercizio provvisorio: il bilancio dello Stato continuerà a funzionare regolarmente, ma con le entrate e le spese già preventivate, senza nuove voci. In tal caso l'aumento dell'iva scatterebbe in automatico come la tagliola,  tranciando probabilmente le gambe alla moderata ripresa economica in atto oggi in Italia.

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