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December 01 2018
Ivan Gazidis, il nuovo amministratore delegato del Milan, comincia il suo percorso all'interno della società rossonera. Si insedia il 1° dicembre anche se è in realtà operativo da qualche settimana. E' l'uomo scelto dal fondo Elliott per aiutare il club rilevato nello scorso mese di luglio dal cinese Li ad aumentare sensibilmente i ricavi (fermi da oltre undecennio) e rientrare nella Top10 del calcio europeo. Di origine sudafricana, nato nel 1964, ha alle spalle una carriera da dirigente della Major League Soccer (la lega professionistica statunitense), di cui è stato vice commissario prima di approdare all'Arsenal.
A Londra Gazidis ha iniziato a lavorare nel novembre 2008 come Direttore Esecutivo con l'obiettivo di far crescere i Gunners, storica società della Premier League che nell'ultimo ventennio ha affrontato alcuni cambiamenti fondamentali della sua storia a partire dall'abbandono del vecchio stadio di Highbury per trasferirsi nel 2006 al nuovo Emirates Stadium.
Gazidis è chiamato a portare al Milan, che lo ha a lungo corteggiato prima di riuscire a strapparlo all'Arsenal, tutta la sua esperienza per aumentare in maniera considerevole il fatturato soprattutto alla voce commerciale. I rossoneri sono precipitati per la prima volta nella loro storia recente fuori dalla Top20 dei ricavi (22° posto nel 2016-2017 fonte Deloitte Football Money League) dopo essere stati stabilmente e a lungo nella carrozza di testa.
Quando Gazidis è diventato Direttore Esecutivo dell'Arsenal (carica ricoperta dal 1° gennaio 2009), il club londinese fatturava 263 milioni di euro ed era reduce da un periodo di stagnazione. Era la quinta potenza economica del calcio europeo alle spalle di Real Madrid, Barcellona, Manchester United e Bayern Monaco con una composizione dei ricavi sbilanciata verso il botteghino (117,5 milioni, ovvero il 45% del totale) e limitata nell'area commerciale (56,5, ovvero il 21%).
I Gunners erano preceduti alla voce ricavi da sponsorizzazioni e partner commerciali dalle big three del calcio inglese: Manchester United, Liverpool e Chelsea. A penalizzarli i contratti già stipulati a lungo termine con Nike per l'abbigliamento tecnico e O2 come sponsor principale di maglia.
Nell'ultimo bilancio disponibile (2016-2017) il fatturato complessivo è salito a 487,6 milioni (+85,3%) con numeri stabili per gli introiti da stadio e un boom commerciale da 80 milioni all'anno, dai 56,5 ai 136,5 (+141,5%). L'Arsenal è rimasta nell'elite del calcio europeo (6° posto nella classifica Deloitte) pur avendo quasi smesso di vincere sul campo: nessuna Premier League, l'ultima risale al 2004, solo tre FA Cup e tre Community Shield. Poca roba a confronto con le bacheche delle due Manchester e del Chelsea, dominatori dell'ultimo decennio.
Numeri importanti anche se in linea con l'esplosione del valore commerciale della Premier League. L'Arsenal ha quasi raddoppiato il suo fatturato soprattutto per l'impennata dei diritti tv del torneo inglese: +163% in nove anni con una quota che, unita a quella della Champions League frequentata con continuità fino al 2016, ha consentito ai londinesi di arrivare alla cifra quasi record di oltre 230 milioni di euro. Metà dei ricavi totali.
Però Gazidis ha inciso molto con il suo approccio. L'accordo con la Puma dal 2011 ha proiettato l'Arsenal in un gruppo ristretto di grandi club europei dove le italiane oggi non ci sono. A questo si sono aggiunti i moltiplicatori del naming rights dell'Emirates Stadium, i nuovi contratti per la sponsorizzazione della maglia e le partnership regionali. Il boom è arrivato tra il 2013 e il 2015 con un +66% dopo anni di crescita lenta.
Nello scorso mese di febbraio Emirates ha prolungato fino al 2023/2024 l'accordo di sponsorizzazione della maglia per un totale di 230 milioni di euro (circa 45 a stagione) affiancandolo al legame per il nome dello stadio che scade nel 2028.
La performance dell'Arsenal sotto Gazidis nell'area commerciale e sponsor è stata certamente aiutata dalla crescita complessiva del brand Premier League. Nello stesso arco di tempo il Manchester United ha quasi triplicato il suo fatturato 'commercial' (da 82 a 325 milioni di euro a stagione), mentre Chelsea e Liverpool sono rimaste sopra in termini economici rispettivamente con 162 e 161 milioni ciascuna. Il Manchester City è un caso a parte considerato il ruolo della nuova proprietà.
Cosa significa? CheIvan Gazidis è un top manager del calcio europeoe che il Milan di Elliott si è certamente affidato a uno dei migliori in circolazione. Ma anche cheil sistema italiano continua ad avere delle criticità e delle anomalie che lo rendono non comparabile (purtroppo) con quello inglese. Il Milan non ha stadio di proprietà, per esempio, e il valore complessivo del brand Serie A è nettamente inferiore a quello della Premier League.
Gazidis dovrà far fruttare l'enorme impatto a livello mondiale che ancora conserva il marchio del Milan. Nella classificaBrand Finance 2018compare ancora al 19° posto con una stima di 270 milioni di euro malgrado l'ultimo lustro senza successi di rilievo. Quella classifica fotografa, però, l'abbisso attuale tra Italia e Inghilterra.La Premier League vale complessivamente quasi cinque volte la Serie A(8,7 miliardi di euro contro 1,8) e occupa sei delle prime dieci posizioni.
Vendere l'Arsenal ha significato anche vendere un club appartenente al calcio più ricco e mediaticamente visibile del mondo. Al Milan il contesto è diverso. Gazidis dovrà dimostrare di essere il numero uno anche qui.