Jennifer Egan, 'Guardami'

"Non ti guardare coi loro occhi. Perché noi siamo ciò che vediamo". È lapidario come un manifesto il consiglio ricevuto dalla giovane Charlotte nel corso di una delle complicate sedute con Moose, il personaggio più enigmatico e ossessivo del romanzo. Charlotte ha intravisto nella propria natura fuori dal coro una misteriosa sintonia con lo zio fulminato e imprevedibile creatore di imbarazzi, la pecora nera che rinunciando a una brillante carriera ha dedicato la vita a studiare la degenerazione della loro città. Rockford, da piccolo centro industriale circondato dai campi, nell'epoca in cui le cose ancora si producevano, è divenuto il rarefatto emblema di ogni provincia del mondo industrializzato: ipermercati, centri commerciali, parcheggi. Dove tutto è in vendita, perfino il passato.

Guardami , straordinario romanzo-Cassandra scritto nel 2001 prima dell'undici settembre, come spiega Jennifer Egan nella postfazione, offre la rappresentazione del passaggio epocale che come un ciclone ha investito i paesaggi e le merci, senza risparmiare le persone. "Abbiamo a che fare con la generazione meglio educata della storia" diceva Timothy Leary. "Ma ha un cervello ben vestito che non sa dove andare".

Attualissimo, incredibilmente Guardami fu concepito e scritto  prima del golpe di Facebook (altrettanto strano è che ci siano voluti  oltre dieci anni prima di leggerlo nell'ottima traduzione di Matteo  Colombo e Martina Testa). La morte del sogno americano prefigura qui un mondo in cui è già avvenuto il rimpiazzo dell'identità con l'immagine, della bellezza con l'idea della bellezza, del pranzo con l'happy meal, della vita con il racconto (o la rappresentazione) della vita.

Il messaggio di Jennifer Egan si incarna in un potente e composito affresco pieno di memorabili personaggi e comparse. Romanzo impossibile da ricondurre a un solo format, tra formazione e spy-story, reportage e mistery, amore e psiche, nonostante l'ampio dispiego del flash back e del cut up ha una struttura forse meno ardita e tentacolare del capolavoro Il tempo è un bastardo , ma anticipa le innovazioni stilistiche che proietteranno la scrittrice di Chicago al Pulitzer e nell'Olimpo dei grandi narratori. Proverbiale il suo modo, a ogni capitolo, di calare il lettore completamente "dentro" la storia a interagire con personaggi complessi. Geniale l'espediente narrativo di svelare le sfaccettature delle personalità-ombra delle varie figure.

Del messaggio sono portatrici in maniera tutt'altro che pedante le due protagoniste in cerca di identità, entrambe di nome Charlotte. La più anziana, la "disincantata che conosce il sistema", è una modella di Manhattan sfigurata da un incidente d'auto e dolorosamente costretta a rifarsi una visibilità. La più giovane e innocente si dibatte fra l'esigenza di acquisire un'immagine accettabile nel gruppo dei pari, la necessità impellente di porre una distanza fra sé e i drammi di un'ordinaria famiglia borghese e una spinta interiore che la porta a ricercare stimoli autentici attraverso persone più mature.

Le loro storie convergeranno nel finale, spietata messa a nudo dell'io gettato nel mondo delle apparenze. Nel mondo delle due Charlotte, il mondo come rappresentazione senza volontà, l'apparenza non è più una mediazione funzionale a rendere meno traumatico il contatto con gli altri, bensì coincide con il significato stesso della vita sociale, sovrapponendosi in toto all'autenticità. L'altra faccia della medaglia è acuminata come una freccia: nella società moderna le esteriorità sociali non solo orientano i gusti, le abitudini, le scelte, ma sono capaci addirittura di creare contenuti sociali, di inventarli, plasmarli.

Cosa vedono gli altri quando ci guardano? Noi o il nostro film? Apparenze scollegate da ogni sostanza reale, noi e il nostro grande fratello siamo ormai la stessa persona. Ciechi, per eccesso di visione.

Jennifer Egan
Guardami
Minimum Fax
560 pp., 18 euro

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