Musica
April 08 2022
Jesus Christ Superstar, capolavoro di Andrew Lloyd Webber e di Tim Rice, è uno dei musical più famosi e amati di sempre grazie alla sua precipua capacità di coniugare spiritualità, pacifismo e rock. Non tutti sanno che, prima di diventare un musical teatrale e cinematografico di enorme successo,Jesus Christ Superstar è stata nel 1970 una rock opera discografica cantata da Ian Gillan, leggendario frontman dei Deep Purple. Considerato blasfemo dall'opinione pubblica dei primi anni Settanta, poiché accostava i Vangeli alla cultura hippie del periodo,Jesus Christ Superstarriscosse l’apprezzamento sia dei credenti che dei laici per il suo messaggio universale di speranza, di amore e di fede. L’opera rock, caratterizzata da un singolare connubio tra le istanze pacifiste e la ricerca di spiritualità degli anni Settanta, racconta l’ultima settimana di Gesù principalmente dal punto di vista di Giuda. Le figure di Giuda e di Gesù rappresentano due mondi morali contrapposti, ma sulla figura dell’Iscariota, però, non grava un giudizio definitivo di condanna, in quanto rivela anche una sua tragica dignità, mentre Gesù è presentato spesso nella sua umana debolezza, rendendolo più vicino a noi. Il film di Norman Jewison del 1973 non avrebbe avuto il suo successo planetario senza due protagonisti straordinari come Carl Anderson (Giuda) e Ted Neeley (Gesù).
Proprio quest’ultimo impersona un Gesù ideale vocalmente e scenicamente, sebbene molto più maturo dei 33 anni di Cristo nell'ultima settimana terrena, nella nuova edizione di Jesus Christ Superstar attualmente in scena al Teatro Sistina di Roma fino al giorno di Pasqua: la stessa emozione di vedere dal vivo, ad esempio, John Travolta in un musical di Broadway su La febbre del sabato sera. Jesus Christ Superstar toccherà nei prossimi mesi diverse città: Firenze (Teatro Verdi dal 22 al 24 aprile), Bari (Teatro Team dal 30 aprile al 1 maggio), Bassano del Grappa (Pala Bassano 2, 6 maggio), Genova (Politeama Genovese, dal 13 al 14 maggio), Torino (Teatro Colosseo dal 17 al 19 maggio), Reggio Emilia (Teatro Municipale Valli dal 27 al 29 maggio) e Bologna (Teatro EuropAuditorium dal 31 maggio al 1 giugno). Il regista e produttore Massimo Romeo Piparo, precursore del musical anglosassone in Italia (la sua prima edizione di JCS risale al 1994), è stato l’unico ad aver ottenuto un riconoscimento ufficiale dalla Santa Sede in occasione del Giubileo del 2000, segno che la Chiesa, dopo le iniziali titubanze, ha riconosciuto pienamente il valore spirituale dell’opera. Il pubblico delle grandi occasioni, tra cui attori e personaggi del mondo dello spettacolo, ha affollato la prima del musical, che ha attualizzato il suo messaggio di pace con alcuni significativi riferimenti all'attualità. Lo spettacolo, in lingua originale e con l'orchestra dal vivo diretta dal maestro Emanuele Friello, ha dato spazio alla tragedia della guerra attualmente alle porte dell'Europa, riportando ai giorni nostri il suo messaggio universale di speranza, dialogo e spiritualità. Mentre a Gesù-Ted Neeley, poco prima di morire, venivano inferte 39 frustate, sul maxischermo alle sue spalle scorrevano le immagini di martiri di ieri e di oggi (Olocausto, Torri Gemelle, Hiroshima, Falcone e Borsellino, guerra in Ucraina) come monito di ogni tragedia, antica o contemporanea. Uno dei momenti più applauditi dello spettacolo è stata l'esibizione a due voci della splendida canzone Could We Start Again, Please? (il cui titolo, emblematicamente, significa “Possiamo ricominciare daccapo, per favore?") da parte del mezzo soprano Sofiia Chaika (che in tutta l'opera interpreta Maria Maddalena) e del soprano Anna Koshkina.
Un'ucraina e una russa, insieme in un'emozionante performance condivisa, ognuna avvolta nella bandiera del proprio Paese, eppure unite da un comune sentimento di perdono. A dimostrazione della caratura internazionale della produzione, tutte le canzoni sono cantate in inglese (e non adattate in italiano, come accade troppo spesso nei nostri teatri), con ampie citazioni del Vangelo sul maxischermo nelle scene clou. A Feisal Bonciani, fiorentino classe 1990 trapiantato da anni a Londra, è affidato l’arduo compito di non far rimpiangere Carl Anderson, l’indimenticabile Giuda nero del film. É suo, dopo l'Ouverture, il primo brano da solista, l’intensa Heaven on their minds, dove Giuda esprime la sua preoccupazione per la crescente popolarità di Gesù, temendo che la fama terrena possa allontanarlo dalla sua missione. Bonciani mostra di avere una forte personalità, oltre alla fisicità richiesta dal ruolo e a un’invidiabile estensione vocale, ricca di soul, raccogliendo grandi applausi. Un momento di grande suggestione è l’improvvisa entrata in scena da una botola di Ted Neeley, accompagnato dall’inconfondibile riff di trombe di Superstar, che scatena un autentico boato in sala. Nella trascinante e corale What’s the buzz?, fa il suo ingresso Maria Maddalena, interpretata con misura e sensualità da Sofiia Chaika, che mostra la sua eccellente estensione vocale inEverything's alright e ancor più, successivamente, nell'iconica I don't kow how to love him . Giorgio Adamo, un Simone energico e battagliero, entusiasma il pubblico in Poor Jerusalem, dimostrando quanto anche un piccolo ruolo, interpretato felicemente, possa contribuire alla riuscita dello spettacolo. Pilate’s dream è il brano con il quale si presenta Andrea Di Persio, che ha la giusta autorevolezza scenica e il combattimento emotivo di Ponzio Pilato. Non sono da meno Francesco Mastroianni e Mattia Braghero nei ruoli dei cattivi sacerdoti Caifa e Hannas, che alleggeriscono i loro personaggi con la giusta dose di ironia. Il cast, composto da una ventina tra acrobati, trampolieri, mangiafuoco e ballerini nelle coreografie di Roberto Croce, vivacizza e movimenta i cambi di scena dello spettacolo. Un brivido attraversa la schiena degli spettatori del Sistina fin dalle prime note di Gethsemane, cavallo di battaglia di Ted Neeley, dove rivela tutte le sue doti di raffinato interprete, fino al celebre acuto che strappa gli applausi scroscianti del pubblico. Il momento più divertente dello spettacolo è sicuramente quello di cui è protagonista Frankie Hi-Nrg Mc nei panni di re Erode, reso ancora più kitsch e surreale rispetto al film grazie ai caratteristici abiti da rapper anni Ottanta, con grandi occhiali da sole, cappello Kangol, catene d'oro, pelliccia fino ai piedi e le sneakers bianche che indossavano i Run DMC (oggi, invece, i trapper fanno i modelli per le maggiori case di moda mondiali, soprattutto italiane e francesi).
Frankie rappa e canta con grande estro nella divertentissima King Herod’s song, attorniato dalle ballerine, e si fa beffe di Gesù, affermando di essere lui la vera star di quel periodo storico. La sua esibizione strappa convinti applausi e tante risate. Il divertimento lascia poi spazio al dolore straziante di Gesù, tradito da Giuda e portato via a forza dai soldati romani, fino alle terribili 39 frustate e alla crocifissione. Se qualcuno poteva nutrire dei dubbi sulla scelta del regista di far interpretare Gesù a un artista di 78 anni, quelle perplessità sono state fugate dalla maiuscola interpretazione di Ted Neeley, in grado di restituire ogni singola sfumatura della umana sofferenza di Cristo, che, nonostante i dolori atroci e la possibilità di salvarsi offerta all'ultimo da Pilato, va incontro coraggiosamente al suo destino.
La tensione si stempera con la trascinante Superstar, tema principale del musical, durante la quale Neeley, Bonciani e alcune ballerine passano accanto agli entusiasti spettatori della platea, prima di risalire sul palco. Dopo il finale del musical, nel quale la compagnia teatrale lascia il deserto dove aveva rappresentato uno spettacolo sugli ultimi giorni di Gesù, una lunga standing ovation del Sistina porta a due bis, con Could We Start Again, Please? da parte delle due Maddalene russo-ucraine e una porzione dell'iconica Superstar, il brano ideale per chiudere la serata. «Non è facile, in un momento così delicato della nostra storia, affrontare temi che sembravano tramontati per sempre come quello della guerra», ha dichiarato il regista e direttore artistico del Sistina Massimo Romeo Piparo. «L’unico modo che abbiamo in questo momento per testimoniare fortemente la forza dell’arte, della musica, del teatro, della cultura è quello di lanciare messaggi e segnali che inequivocabilmente diano l’impronta di ciò che la cultura dovrebbe fare sempre: unire».