Musica
November 27 2022
«Jimi Hendrix ha reinventato la chitarra elettrica, ha saputo trasportare il blues in una condizione moderna, in un'accezione di novità come mai era capitato prima. Nella musica di Hendrix c’è la storia futura: uno come lui ha dato più in questi cinquant’anni che nei tre in cui è stato sulla breccia. Allora non tutti si erano accorti del suo valore». Parola di Pat Metheny, tra i massimi virtuosi contemporanei della sei corde, a proposito dell'importanza che ancora oggi ha Jimi Hendrix, il chitarrista più influente nella storia del rock per feeling e inventiva, tanto che si parla di un prima e un dopo Hendrix nel rapportarsi all’uso della chitarra elettrica.
Nato a Seattle il 27 novembre del 1942 e morto a Londra il 18 settembre del 1970, Hendrix, che oggi avrebbe compiuto 80 anni, ha inaugurato di fatto il "Club dei 27", i grandi e sfortunati artisti rock che ci hanno lasciato ben prima di compiere trent'anni. L'uso innovativo del feedback, delle distorsioni e del wah wah, oltre all'utilizzo della chitarra da mancino con le corde montate da destro, invertendo il lato di utilizzo della sei corde, spiegano solo in parte la sua unicità. Jimi aveva un rapporto carnale con la sua Fender Stratocaster, era quasi un'estensione del suo corpo, la amava e ci faceva l'amore. Hendix ha preso uno strumento in bianco e nero e l'ha reso a colori, trovando un suono unico e inimitabile che, partendo dal blues, ha contaminato il rock con il funk e la psichedelia. Una morte tragica e al tempo stesso assurda ha interrotto precocemente la sua vita e la sua carriera, privandoci di chissà quanti altri capolavori, oltre ai quattro album ufficiali pubblicati. Le ultime ore di vita del grande chitarrista sono ancora oggi avvolte nel mistero: se la causa della morte è chiara, ovvero soffocamento causato dal proprio vomito in seguito a una dose eccessiva di barbiturici (nove compresse di Vesparax), non è chiaro il motivo dell'assunzione in quella quantità spropositata di farmaci sedativi e, soprattutto, se essi furono presi spontaneamente da Hendrix o se fu qualcun altro a convincerlo ad assumerli, magari attraverso l'inganno. Proviamo a fare un po' di chiarezza e a tornare a quel periodo della sua vita. Dopo essersi esibito in un concerto leggendario all’Isola di Wight il 30 agosto 1970, l' ultima esibizione di Hendrix risale al 6 settembre al Festival di Fehmarn in Germania.
Il musicista torna per qualche giorno a Londra, dove lo aspetta la sua ultima fiamma Monika Dannemann, una giovane e avvenente pattinatrice artistica e pittrice tedesca: pur avendo una camera a suo nome presso l’elegante Cumberland Hotel di Kensington, il chitarrista trascorre la maggior parte del tempo nell' appartamento della ragazza, presso il Samarkand Hotel di Notting Hill. Jimi è stanco per i continui viaggi, per le pressioni sempre maggiori da parte delle persone che lo circondano (in particolare dal controverso manager Mike Jeffery) e per le aspettative che il pubblico nutriva su di lui, in un periodo in cui aveva iniziato a sperimentare nuove sonorità. Un anno prima, durante una vacanza in Marocco, il chitarrista si fece leggere la mano da una chiaroveggente che predisse la sua morte prima dei trent'anni. Un trauma emotivo che Hendrix si portò dietro fino alla sua morte: ad agosto del 1970 Jimi raccontò ad alcuni amici di aver sognato di aver fatto l'amore con la regina Cleopatra d’Egitto, per poi morire affogato nel vino. Una tragica premonizione di quello che sarebbe realmente accaduto quel maledetto 18 settembre. Dopo un tranquillo pomeriggio di shopping con Monika Dannemann per le vie di Londra, tra il Kensington Market e il Chelsea Antique Market, e un thè a casa dell'amico Phillip Harvey, dove si ferma anche per cena, Hendrix non era certo consapevole che quelle sarebbero state le sue ultime ore di vita.
Jimi si reca al party di Peter Cameron in seconda serata, dove si diverte, beve molto vino rosso e assume anfetamine (Durophet), per poi fare ritorno in tarda notte nell'appartamento presso il Samarkand Hotel di Notting Hill, dove l'aspettava Monika. Secondo la versione della donna, lei e Hendrix avrebbero chiacchierato fino all'alba, prima di addormentarsi ciascuno nel suo letto. Verso le 11 del mattino la pattinatrice va a fare visita al chitarrista, trovandolo svenuto sul letto in una pozza di vomito. La Dannemann si fa prendere dal panico e aspetta qualche minuto di troppo prima di chiamare l'ambulanza. Sembra che i paramedici accorsi nell'appartamento, vedendo un nero in stato comatoso e ricoperto dal suo vomito, senza riconoscere l'artista, abbiano sottovalutato la situazione, derubricandola a mera intossicazione da alcool.
Hendrix arriva al pronto soccorso dell’ospedale St. Mary Abbot’s di Kensington ormai privo di conoscenza: alle 12.45 del 18 settembre 1970 il dottor John Bannister dichiara morto Jimi Hendrix. Dieci giorni dopo, il coroner Gavin Thurston, dopo aver effettuato l'autopsia, stabilì che l'asfissia causata dal proprio vomito era stata la causa della morte. Negli anni seguenti si sono succedute le ipotesi più disparate sugli eventuali mandanti della morte del chitarrista. Secondo alcuni, Hendrix era da tempo nel mirino dell'FBI di J.Edgar Hoover dopo aver finanziato le Black Panther e dopo essere diventato inconsapevolmente un modello di integrazione a livello planetario, lui, nero con sangue Cherokee, amatissimo dal pubblico bianco del rock. Secondo questa ricostruzione, Monika Dannemann sarebbe stata l'esecutrice scelta dall'FBI per convincere Jimi ad assumere tutte quelle pasticche di barbiturici, poi rivelatesi fatali. Secondo un'altra versione di un suo storico fan, tale James “Tappy” Wright, sarebbe stato il suo manager Michael Jeffery ad avvelenarlo con vino e barbiturici perché Hendrix stava cercando un nuovo manager dopo la fine del suo contratto ed era intenzionato a fare causa per avergli sottratto la maggior parte dei suoi guadagni. Purtroppo non sapremo mai perché Hendrix, che soffriva spesso di insonnia, abbia ingerito quella mattina ben 9 pasticche di Vesparax, una dose diciotto volte superiore a quella raccomandata dai medici. «La luce che brilla il doppio, dura la metà», affermava Hendrix in uno dei suoi più celebri aforismi. Una luce che ancora oggi emerge, accecante, dai solchi dei suoi vinili e che continuerà ad illuminare ancora per tanti anni gli amanti del rock-blues.