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Economia

Jobs Act, cosa cambia dopo la Direzione del Pd

Un ordine del giorno in quattro punti che fissa altrettanti obiettivi, anche se in maniera un po' generica: allargamento degli ammortizzatori sociali, riduzione del numero di contratti, nuovi servizi per l'impiego e, non da ultima, la riforma dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori che disciplina i licenziamenti. E' questo il risultato della infuocata direzione del Pd di ieri, in cui è andato in scena il tanto atteso duello tra il segretario-premier, Matteo Renzi, e la minoranza del partito che fa capo a Bersani, D'Alema e Fassina.


Jobs Act, cinque cose da sapere


Alla fine, come da copione, a vincere è stata la linea di Renzi, che ha ottenuto 130 voti favorevoli, 20 contrari e 11 astenuti. Il risultato della riunione è l'approvazione di un documento sintetico che fissa l'impegno del partito a sostenere le riforme del Jobs Act, la legge delega sul lavoro che presto verrà votata al Senato. Ecco, di seguito, cosa cambia dopo la votazione di ieri nel Pd.


Articolo 18

La parte più controversa, tra i temi discussi ieri, resta la modifica dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, che regola i licenziamenti individuali nelle aziende con più di 15 addetti. La direzione del Pd si è impegnata a “disciplinare i licenziamenti economici, sostituendo l'incertezza del procedimento giudiziario con l'indennizzo monetario, abolendo la possibilità di reintegro che rimarrà solo per i licenziamenti discriminatori e disciplinari”. Dunque, in futuro, l'obbligo di riassumere il lavoratore lasciato a casa ingiustamente (previsto dall'articolo 18) rimarrà soltanto per i licenziamenti discriminatori, cioè legati a pregiudizi razziali, politici o sessuali nei confronti del dipendente.


Sull'articolo 18 torna lo psicodramma Pd


Per i licenziamenti dovuti a ragioni disciplinari, dovrebbe rimanere in vigore (ma il condizionale è d'obbligo) la riforma Fornero del 2012, che lascia al giudice una certa discrezionalità nel decidere se il lavoratore deve essere reintegrato o meno nell'organico. I cambiamenti più significativi ci saranno invece se un dipendente viene lasciato a casa per ragioni economiche (per esempio dopo una riorganizzazione dell'attività produttiva). In questo caso, se il licenziamento viene dichiarato illegittimo, il lavoratore avrà diritto soltanto a un indennizzo in denaro (con un importo da quantificare) e non a essere reintegrato nell'organico. Oggi, dopo la riforma Fornero del 2012, la riassunzione del dipendente può essere ordinata dal giudice in alcuni casi (seppur limitati), cioè quando la motivazione economica viene dichiarata “manifestamente insussistente” ed è priva di qualsiasi reale fondamento. Anche quest'ultimo vincolo, dunque, dovrebbe scomparire in futuro. La decisione sull'articolo 18 rappresenta indubbiamente una svolta rispetto al testo iniziale del Jobs Act che, in maniera molto generica, ha sempre fatto riferimento alla sospensione dell'obbligo di reintegro per i soli neoassunti e in via temporanea, senza menzionare esplicitamente l'articolo 18. Ora, invece, il Pd si impegna a cambiare in maniera significativa la disciplina dei licenziamenti.


Sussidi ai disoccupati

Nel documento approvato ieri, ci sono poi anche dei punti largamente condivisi nel Partito Democratico. Primo fra tutti l'impegno a estendere gli ammortizzatori sociali e i sussidi alla disoccupazione anche ai lavoratori precari (oggi esclusi), in relazione alla loro anzianità contributiva. I cambiamenti dovrebbero entrare in vigore a partire dal 2015.


Addio collaborazioni a progetto

Tra gli obiettivi fissati ieri, c'è anche la riduzione del numero di contratti di lavoro precari e ultraflessibili, a partire dalle collaborazioni a progetto, che sono un “unicum italiano”. L'obiettivo è favorire l'ingresso nel mondo del lavoro dei giovani con un impiego a tempo indeterminato a tutele crescenti, cioè con garanzie minori garanzie contro i licenziamenti nei primi anni di carriera e con maggiori protezioni man mano che cresce l'anzianità del dipendente.


Servizi per l'impiego

L'ultimo punto fissato ieri dalla direzione del Pd riguarda l'impegno nel sostenere una riforma dei servizi per l'impiego (cioè il collocamento dei disoccupati), che porti a una collaborazione tra gli operatori pubblici, le agenzie di lavoro private e i soggetti del terzo settore (come le associazioni di volontariato e no profit).


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